Al Qaida minaccia: colpite altre ambasciate Usa

NEW YORK – Gli Stati Uniti evacuano le ambasciate di Tunisi e Khartoum, ordinando alle famiglie e al personale non essenziale di abbandonarle. E ai cittadini americani chiedono di lasciare la Tunisia su voli di linea e comunque sconsigliano di viaggiare in quel Paese e in Sudan.
L’allarme del Dipartimento di Stato arriva in una giornata di calma relativa nei paesi della primavera araba dopo le proteste violente dei giorni scorsi nei confronti del film anti-islam. Agitazioni che metteranno alla prova la diplomazia americana e il presidente Barack Obama.
L’amministrazione – secondo indiscrezioni riportate dalla stampa – ritiene che “le proteste violente nei paesi musulmani possano presagire a una crisi prolungata con conseguenze diplomatiche e politiche imprevedibili”. La tensione si evince dall’allerta del Dipartimento di Stato. “Tutto il personale non di emergenza del governo americano in Tunisia deve partire in seguito agli attacchi all’ambasciata di Tunisi” si legge in una nota.
Famiglie e personale non essenziale devono lasciare anche Khartoum. Agli americani, in via generale, è sconsigliato di viaggiare in Tunisia e in Sudan. Per Obama le proteste sono la più seria crisi di politica estera della stagione elettorale e secondo gli analisti alimenteranno le domande sui suoi principi politici in Medio Oriente, agitando dubbi sulla gestione della primavera araba e sull’adeguatezza della risposta dell’amministrazione ai timori sulla sicurezza. Secondo alcuni osservatori Obama non è riuscito a trovare il giusto equilibrio fra appoggiare la democrazia nel mondo musulmano e salvaguardare gli interessi americani in una regione strategica, il Medio oriente, dove i governi autoritari sono stati sostituiti da partiti pro-Islam, alcuni dei quali nemici degli Stati Uniti. L’amministrazione respinge le critiche, mettendo in evidenza come Obama sia riuscito a migliorare la posizione americana nel mondo musulmano. “Abbiamo compiuto molta strada nel dimostrare che gli Stati Uniti non sono in guerra con l’Islam” afferma Benjamin Rhodes, consigliere per la sicurezza nazionale. “E’ chiaro che restano sfide in parte del mondo arabo”.

STUDENTI IN PIAZZA A KABUL – Circa 1.500 studenti sono scesi in piazza oggi a Kabul per protestare contro il film anti-Islam, dopo che ieri manifestazioni pacifiche si erano svolte nell’est dell’Afghanistan. Lo riferisce la polizia. I dimostranti si sono radunati per un’ora presso l’università di Kabul, gridando slogan come “Morte all’America”. La protesta si è conclusa senza incidenti.

AL QAIDA URLA,UCCIDETE DIPLOMATICI USA
di Rossella Benevenia

“Continuate le proteste, attaccate e incendiate le ambasciate americane, uccidete i diplomatici Usa”: il giorno dopo il ‘venerdi’ della rabbia islamicà che ha riempito le piazze di gran parte delle capitali musulmane dal Nord Africa al Sud Est Asiatico, al Qaida nella Penisola arabica (Aqap) si fa portavoce dell’organizzazione terroristica creata da Osama bin Laden. E scaglia nuovi rabbiosi incitamenti alla violenza, “giusta reazione” all’offensivo film su Maometto messo su Youtube una settimana fa e definito “ennesimo capitolo” della “guerra dei crociati” contro l’islam.

“Chiunque si avvicini ad ambasciatori o emissari dell’America deve seguire l’esempio dei discendenti (libici) di Omar al Mukhtar, che hanno ammazzato (a Bengasi) l’ambasciatore americano”, afferma il comunicato di Al Qaida nella Penisola Arabica. E aggiunge che l’eliminazione delle ambasciate e dei consolati deve “essere un passo verso la liberazione dei Paesi musulmani dall’egemonia e dall’arroganza americane”. Il citato Omar al Mukhtar (1861-1931), libico, soprannominato ‘il leone del deserto’, religioso e guerrigliero, guidò la resistenza anticoloniale contro l’Italia ed è per la Libia un eroe nazionale.

L’allarme resta dunque altissimo, anche se oggi non è stata segnalata alcuna protesta islamica di rilievo nelle capitali arabe. Manifestazioni con centinaia di persone nelle strade in Indonesia, il Paese musulmano più popolato al mondo, e in Australia si sono svolte nella calma. Per contro la protesta islamica anti-Usa oggi è scesa in piazza a Parigi e Anversa: sia la polizia francese che quella belga, a seguito di scontri, hanno fermato un centinaio di persone. Oltre ad Al-Qaida nella Penisola Arabica, anche gli integralisti islamici somali e i talebani pachistani oggi hanno diffuso appelli che incitano ad attaccare edifici e installazioni americane nel mondo.

Già la notte scorsa i talebani afghani hanno attaccato la base dove da qualche giorno tra i soldati britannici è in servizio il principe Harry. Il rampollo della casa reale è rimasto illeso ma sono stati uccisi due soldati Usa. La volontà sempre più chiaramente espressa sembra essere quella di ‘mondializzare’ il più possibile la “guerra ai crociati”, trasformando in pretesto ogni più o meno discutibile evento. Aqap ha messo in rete oggi anche un altro comunicato: il sanguinoso assalto al consolato statunitense a Bengasi, afferma, non è solo la conseguenza del film blasfemo girato negli Stati Uniti, ma anche della morte del numero 2 della rete terroristica, Abu Yahya al-Libi, ucciso in giugno da un drone americano in Pakistan.

Ipotesi plausibile, secondo gli osservatori, se si crede – come ha dichiarato oggi il presidente dell’Assemblea nazionale libica Mohamed al-Megaryef – al fatto che il mortale attacco di martedì notte a Bengasi era stato “pianificato” da tempo ed é stato portato a termine meticolosamente. La doppia uscita su Internet di Al Qaida nella Penisola Arabica, organizzazione che ha la sua base nello Yemen, sembra peraltro aver sortito nell’immediato più un effetto a livello di governi che di piazza. Sia il Parlamento yemenita che il governo del Sudan hanno infatti respinto la richiesta, fatta da Washington, di inviare altri marines a Sanaa e a Khartoum per proteggere le sue sedi diplomatiche da eventuali altri attacchi.

“Diciamo no a qualunque forma di presenza straniera” nello Yemen, ha comunicato in serata il Parlamento, precisando che sono le autorità locali a dover garantire la protezione alle ambasciate straniere. Il Sudan ha seguito a ruota. Khartoum “é in grado di proteggere le missioni diplomatiche e i suoi ospiti del corpo diplomatico”, ha dichiarato il ministro degli Esteri Ali Ahmed Karti. Due ‘no’ con i quali gli Usa saranno costretti, dopo aver inviato senza problemi marines e droni in Libia, a fare i conti.