In cerca di buone notizie, anche oggi sfogliamo i quotidiani, faccaimo zapping distrattamente per far passare il tempo.
Ma siamo ancora qui, tutti in casa barricati contro il nemico.
C’è chi lotta in prima fila al fronte, a volte vincendo e a volte soccombendo.
Ad amplificare la tristezza ci si mette anche il meteo, la primavera che tarda e l’inverno che si riaffaccia alle nostre finestre.
Strade sempre più deserte, uffici chiusi e negozi serrati.
Ci siamo resi conto, in maniera molto violenta, di quanto fragile sia il nostro equilibrio.
La globalizzazione, vanto del nostro secolo e simbolo del progresso moderno ci hanno reso forti e allo stesso tempo così vulnerabili.
Spostiamo merci e capitali e adesso spostiamo da un capo all’altro del mondo materiale sanitario e uomini e donne coraggiosi che vanno in aiuto di chi è più in affanno.
Una poesia in questi giorni fa il giro del web, non si sa bene chi l’abbia scritta e in effetti girano molte voci vere o presunte sull’autore e soprattutto sul tempo a cui risale.
A me piace e così la condivido:
E la gente rimase a casa
e lesse libri e ascoltò
e si riposò e fece esercizi
e fece arte e giocò
e imparò nuovi modi di essere
e si fermò
e ascoltò più in profondità
qualcuno meditava
qualcuno pregava
qualcuno ballava
qualcuno incontrò la propria ombra
e la gente cominciò a pensare in modo differente
e la gente guarì.
E nell’assenza di gente che viveva
in modi ignoranti
pericolosi
senza senso e senza cuore,
anche la terra cominciò a guarire
e quando il pericolo finì
e la gente si ritrovò
si addolorarono per i morti
e fecero nuove scelte
e sognarono nuove visioni
e crearono nuovi modi di vivere
e guarirono completamente la terra
così come erano guariti loro.