Berlusconi chiede fiducia ‘Crisi, da irresponsabili’

“Berlusconi è orientato a recarsi oggi alla Camera; immagino che ci andrà nel pomeriggio e su queste dichiarazioni si metterà la fiducia. Non credo che debba fare un ampio discorso. Prevedo un voto di fiducia domani”: Lo ha detto il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, a Omnibus, su La7.

BERLUSCONI: CRISI ORA DA IRRESPONSABILI
di Federico Garimberti
Silvio Berlusconi andrà in Aula, forse giovedì o addirittura oggi, per chiedere che il Parlamento rinnovi la fiducia al governo su una “comunicazione politica” in cui, in buona sostanza, sosterrà che mandare all’aria l’Esecutivo nel bel mezzo di una crisi economica mondiale è da veri “irresponsabili”. E’ questo la soluzione escogitata nel corso del vertice di maggioranza, convocato in tutta fretta dal presidente del Consiglio a palazzo Grazioli, per risolvere la grave battuta d’arresto sul rendiconto generale dello Stato. Un modo per dare immediata risposta ai dubbi di quanti, dalle opposizioni fino al Quirinale, dubitano che il Cavaliere disponga ancora di una maggioranza parlamentare.

“A fronte di interpretazioni del tutto erronee e forzate delle opposizioni sulle implicazioni del voto negativo all’art. 1 della legge sul rendiconto, il governo e la maggioranza reputano necessario richiedere la fiducia al Parlamento. Ciò avverrà sulla base delle comunicazioni politiche che il presidente del consiglio intende rendere in Aula”, ha spiegato Paolo Bonaiuti al termine del vertice. “Indipendentemente da queste comunicazioni prosegue – ha aggiunto il portavoce del premier -, sul merito del provvedimento relativo al rendiconto generale dell’amministrazione dello stato, si è convinti che il voto negativo all’art. 1 non sia ostativo all’approvazione di tutti gli altri articoli del provvedimento stesso”. Parole che non chiariscono del tutto come, tecnicamente, l’Esecutivo intenda procedere sul fronte del provvedimento, anche se sembrano indicare che la strada scelta sia quella modificare l’articolo bocciato dall’Aula e votare gli altri mancanti. Una soluzione che tuttavia potrebbe scontrarsi con i regolamenti, per questo si ipotizza anche la presentazione di un nuovo testo, varato dal Consiglio dei ministri, che ricalchi quello di oggi. Il dato politico, tuttavia, è evidente e poggia sulla volontà di Berlusconi di sfidare le opposizioni – ma anche i tanti malpancisti della maggioranza – con un voto in Aula dal quale però dipenderà la sopravvivenza del governo. Una strada che tuttavia appare anche obbligata visto che a palazzo Grazioli più di qualcuno ha sottolineato come si debba dare una risposta anche al Colle, visto che il Quirinale difficilmente potrà far finta di nulla davanti a quanto avvenuto a Montecitorio.

Facile prevedere quello che Berlusconi dira alla Camera: “Andare alle elezioni nel bel mezzo di questa crisi economica mondiale – ha sottolineato davanti ai vertici del Pdl e della Lega – è da veri irresponsabili”. L’Italia, ha aggiunto, ha bisogno di un governo che vari il decreto per lo sviluppo e faccia le riforme necessarie. Questo il succo, almeno nella sua prima formulazione abbozzata stasera a via del Plebiscito, del suo intervento. Un piano che rischia però di scontrarsi con Gianfranco Fini, visto che in molti temono un atteggiamento “ostruzionistico” del presidente della Camera. A cominciare dai tempi della “comunicazione politica”: per Silvano Moffa, infatti, Berlusconi potrebbe andare in Aula già oggi o al più tardi giovedì. Ma Fabrizio Cicchitto ricorda che i tempi dovranno essere stabiliti proprio con Fini. Sul fronte politico, invece, il Cavaliere è sicuro che una nuova fiducia risolverebbe parte dei suoi problemi: di fronte ad un nuovo voto, ha argomentato il premier, nessuno, né le opposizioni, né il Qurinale, potranno dire che non ho i numeri per governare.

DOPO VOTO CAMERA OPPOSIZIONI COMPATTE, PREMIER VADA VIA
di Cristina Ferrulli
Le tensioni nella maggioranza hanno fatto la parte del leone ma questa volta il tranello del Pd, che ha lasciato fuori un drappello di deputati fino ad un secondo prima del voto, è riuscito. E la conclusione dei leader dell’opposizione Bersani, Casini e Fini è univoca: “La bocciatura del rendiconto è un fatto senza precedenti, ora Berlusconi non può che salire al Quirinale a dimettersi”, chiedono pronti a dare domani battaglia nella giunta del regolamento per dimostrare, codici di diritto alla mano, che il voto di oggi equivale ad una sfiducia al governo. Da giorni nel centrosinistra c’era la sensazione che sulla nota di variazione del Def il governo poteva andare sotto, ostaggio dei maldipancia incrociati. Per questo, quando sul primo voto in Aula la maggioranza ce l’ha fatta per due voti, il Pd ha fatto uscire alcuni deputati ingannando visivamente il governo sui numeri. E la vittoria parlamentare ha un valore doppio perché è avvenuto su un provvedimento fondamentale che, sostiene il Pd, non è emendabile e fa decadere l’intero impianto della legge. “Oggi è certificato che la maggioranza non c’é più. Ora mi aspetto che Berlusconi vada al Quirinale e si dimetta”, attacca uscendo dall’aula Pier Luigi Bersani. Richiesta che Dario Franceschini ribadisce nella riunione dei capigruppo, durante la quale il presidente della Camera Gianfranco Fini evidenzia come si tratti di “un fatto senza precedenti” convocando la giunta per il Regolamento per decidere se, dopo la bocciatura dell’articolo 1, sia possibile andare avanti. Domanda, questa, a cui lo stesso Fini sembra aver risposto direttamente in Aula, appena letto il risultato della votazione, dicendo che la bocciatura “ha evidenti implicazioni di carattere politico”. La gravità del voto di oggi su un provvedimento essenziale per l’assestamento di bilancio dello Stato dà fiato all’opposizione per sostenere che il vulnus non è sanabile con un voto di fiducia richiamando, pur senza tirare la giacca, l’attenzione del Quirinale. “L’enciclopedia del diritto – cita Franceschini – e anche il costituzionalista Pitruzzella sostengono che il voto contrario sul rendiconto assume il significato di una sfiducia al governo”. Su questo l’opposizione darà battaglia in giunta per incalzare il governo a salire al Colle per dimettersi. “Molti pensano – sostiene il leader Udc Pier Ferdinando Casini – che sia un’ossessione dell’opposizione chiedere le dimissioni di Berlusconi ma questo governo è paralizzato: non riesce a nominare il governatore della Banca d’Italia, non fa il decreto-sviluppo e oggi non ha avuto i voti in aula su un provvedimento importante in materia economico-finanziaria”. Il premier, rincara Bersani, ha perso “il polso dei suoi”. “Berlusconi raramente è presente alla Camera, di solito è presente quando i numeri gli danno ragione, ma evidentemente fa fatica a contare le sue pecorelle. Oggi hanno preso una bella scoppola mentre noi siamo stati bravi”, si compiace il leader Pd che plaude alla squadra democratica anche per allentare la morsa delle tensioni interne.