Bimbo gettato nel Tevere, 30 anni al padre

ROMA – Condannato a 30 anni di reclusione Patrizio Franceschelli, il padre del bimbo di 16 mesi gettato nel Tevere lo scorso 4 febbraio dal Ponte Mazzini a Roma. Nei suoi confronti l’accusa era di omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela. L’uomo è stato giudicato con un procedimento con rito abbreviato dal gup Adele Rando. Il Tribunale nella scorsa udienza non aveva riconosciuto all’imputato le aggravanti dei futili motivi e dell’efferatezza. Il corpo del bimbo e’ riaffiorato dal fiume a fine marzo, a Fiumicino, dopo essere stato avvistato da due giovani.

Lo ha deciso il Gup del Tribunale di Roma, Adele Rando, al termine di un processo svolto con rito abbreviato. Il pm Attilio Pisani aveva chiesto per l’uomo la stessa pena. Nei suoi confronti l’accusa è di omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela. La decisione è stata accolta con un applauso dai familiari e dall’associazione ‘Gli amici di Claudio’ che attendevano la sentenza all’esterno dell’aula del gup. Il Tribunale nella scorsa udienza non aveva riconosciuto all’imputato le aggravanti dei futili motivi e dell’efferatezza. Il corpo del bimbo è riaffiorato dal fiume a fine marzo, a Fiumicino, dopo essere stato avvistato da due giovani. Franceschelli, che non era in aula al momento della sentenza, dopo il drammatico gesto era stato arrestato dai carabinieri.

“E’ stata una grande vittoria. Il giudice ha riconosciuto che l’imputato ha agito per motivi abietti e futili e per crudeltà”. E’ il commento che Germano Paolini, legale della mamma del piccolo Claudio. “Sono state accolte le richieste del pm Attilio Pisani – ha spiegato il penalista – e sono state rigettate le richieste di ulteriori perizie psichiatriche”.