Birmania: abolita censura su media

(di Alessandro Ursic) – Mezzo secolo di censura preventiva si è concluso oggi con un semplice annuncio: nella “nuova Birmania” post-dittatura militare i media saranno liberi di pubblicare ciò che vogliono. E’ l’ennesima riforma, e potenzialmente tra quelle più significative, introdotta dal governo civile dell’ex generale Thein Sein nell’ultimo anno. Ma nonostante il passo avanti, le autorità dispongono di potenti mezzi – da leggi speciali fino a un’autocensura frutto dell’abitudine – per tenere in riga la stampa nazionale. “Qualsiasi pubblicazione nel Paese non dovrà più ottenere da noi un’autorizzazione precedente la pubblicazione, con effetto immediato”, ha detto Tint Swe, responsabile della commissione per la censura presso il ministero dell’Informazione, dopo aver illustrato le nuove norme a editori e direttori nell’ex capitale Rangoon. La decisione era attesa da mesi, ma per motivi non precisati era stata più volte rimandata.

La legislazione sulla censura era stata progressivamente allentata dall’estate scorsa: se una volta un’autorizzazione era necessaria anche per libri e canzoni, nell’ultimo anno l’obbligo rimaneva in vigore solo per le riviste di tema politico e religioso, alle quali veniva comunque garantita maggiore libertà di azione rispetto al passato. Le fotografie o le menzioni della neo-deputata Aung San Suu Kyi, tabù quando il premio Nobel per la Pace era ancora agli arresti domiciliari, non costituivano più un problema. E anche le restrizioni a internet sono state rimosse. Tali aperture hanno contribuito al fiorire di decine di giornali che hanno testato con maggiore vigore i limiti della libertà di stampa. Limiti non scritti, ma ben presenti nelle redazioni: la corruzione nel governo, la repressione della “rivoluzione di zafferano” del 2007 o gli abusi dell’esercito nella guerra alle milizie etniche costituiscono tuttora esempi di temi “non pubblicabili”, pena conseguenze.

Solo tre settimane fa, due riviste sono state sospese per 15 giorni – una misura revocata in seguito a proteste di piazza dei reporter – per i loro retroscena su un rimpasto di governo. E’ probabile che tali argomenti continueranno a rimanere estremamente sensibili, anche perché la commissione per la censura continuerà ad esistere, mantenendo il potere di comminare sospensioni o revocare licenze in caso di contenuti non graditi. Rimangono ancora in vigore (dal golpe del 1962) norme a tutela della sicurezza nazionale, ampiamente interpretabili in senso restrittivo alla divulgazione di informazioni. Così come non è stata ancora toccata una legge che impedisce l’esistenza di quotidiani non statali, costringendo gli organi di stampa privati a una pubblicazione almeno settimanale.

Il settore della stampa dovrebbe comunque essere riformato con una nuova legge quadro, attesa nei prossimi mesi. La strada da fare verso una completa libertà di espressione è comunque lunga: nell’apposita graduatoria compilata da “Reporters sans Friontières”, la Birmania rimane al 169esimo posto. Dopo decenni di stagnazione e un isolamento auto-imposto, almeno, nell’ultimo anno ha bruciato le tappe. Un’apertura di cui sta iniziando a beneficiare anche l’economia, di cui gli esperti si attendono una crescita annuale di almeno il 6 per cento per i prossimi anni.