Bossi contro Berlusconi: ‘Cosi’ siamo una colonia’

Umberto Bossi è contrario alla decisione del governo di partecipare ai bombardamenti in Libia e annuncia battaglia in Consiglio dei Ministri, smentendo le parole del premier che aveva liquidato i contrasti con l’alleato con uno sbrigativo “é tutto a posto”. Ieri sera il leader leghista ha rincarato la dose affidando una dichiarazione a ‘La Padania’ dove tira fuori tutta la rabbia verso il presidente del Consiglio. “Siamo
diventati una colonia francese- afferma -. E l’aver ceduto alle richieste di Parigi avrà “conseguenze gravissime”, a partire dall’arrivo massiccio di profughi. Poi la stoccata finale: “Non é dicendo sempre sì che si acquisisce peso internazionale”.

LA RUSSA,LEGA? CI PENSERA’ PREMIER, SPERO NO FRATTURA – Le ripercussioni sulla tenuta del Governo conseguenti alla contrarietà della Lega ai bombardamenti italiani in Libia sono “un problema che affronterà il presidente del Consiglio, il Consiglio dei ministri, ma non bisogna drammatizzare”. Lo dice a Mattino Cinque il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che aggiunge: “una frattura credo non ci sarà, anzi lo spero”. Secondo La Russa “non bisogna drammatizzare” perché “La Lega non ha fatto mai mancare un voto. A differenza del Governo Prodi, il nostro Governo non ha mai avuto un contrasto in termini di voti su un problema di politica internazionale. Se poi non è neanche consentito aprire un dibattito e discutere, avere una diversa sensibilità, mi sembra eccessivo. Certo anch’io – ha aggiunto La Russa – avrei preferito che non ci fosse questa diversità di opinioni, ma quello che conterà alla fine sarà la capacità del Governo di rimanere unito e coeso. L’opposizione non potendo dire niente sulla linea della maggioranza, sta puntando su una eventuale frattura che credo non ci sarà, anzi spero non potrà esserci”.
I caccia italiani impiegheranno il proprio armamento in Libia “solo contro obiettivi chiaramente identificabili come militari, altrimenti non potremmo utilizzare i nostri assetti”. Ha detto il ministro della Difesa rispondendo ad una domanda sul rischio di vittime civili in seguito ai bombardamenti. “Un rischio – ha comunque precisato il ministro – che c’era già” perché finora gli aerei italiani hanno fornito copertura a quelli degli altri Paesi che effettuavano i bombardamenti e “non è che partecipare ad una missione con il ruolo di coprire quelli che utilizzavano i missili fosse eticamente diverso da quello che facciamo adesso. E’ come chi gioca a centrocampo e un altro a centravanti, ma la squadra è tutta una e il centravanti può fare gol solo se c’é il centrocampo che gli fornisce l’assist. Noi cambiamo ruolo ma continuiamo a giocare nella stessa squadra”. Il fatto, poi, “che fino adesso non abbiamo messo a disposizione assetti di questo genere, non è dipeso – ha ribadito La Russa – da un fatto etico. Io, come ministro della Difesa, avevo concordato di mettere a disposizione certi assetti e fintanto che non ce n’é stata la necessità e non ce l’hanno chiesto insistentemente tutto è andato tranquillamente: avevamo un altro compito, in accordo con gli alleati. Nel momento in cui però ce lo chiedono, se l’Italia vuole continuare a svolgere il suo ruolo nella missione, non potevamo tirarci indietro”. In questo senso, ha precisato, “non abbiamo voluto, né potuto, dire di no”.

BERSANI, VERIFICARE MAGGIORANZA IN PARLAMENTO – “Davanti a contingenze così rilevanti non abbiamo una maggioranza né un governo che tiene la barra; e pertanto bisognerà verificare in Parlamento lo stato delle cose”. Lo dice il segretario del Pd Pierluigi Bersani intervistato da Sky tg24 sulle divisioni nella maggioranza sulla Libia.

BOSSI, INGINOCCHIATI A PARIGI; BERLUSCONI, NON E’ VERO – Il suo no ai bombardamenti italiani in Libia l’ha espresso già ieri, a caldo, attraverso il ministro Roberto Calderoli. E le telefonate di Silvio Berlusconi di oggi (ieri, ndr) non l’hanno fatto arretrare di un passo: Umberto Bossi era e resta contrario alla decisione di Palazzo Chigi. “Non sono d’accordo”, dice senza mezzi termini il Senatur annunciando battaglia in Consiglio dei Ministri e smentendo le parole del premier che, nel pomeriggio, aveva liquidato i contrasti con l’alleato con uno sbrigativo “é tutto a posto”. In serata il leader leghista rincara la dose affidando una dichiarazione a ‘La Padania’ dove tira fuori tutta la rabbia verso il presidente del Consiglio arricchendo con nuove considerazioni il suo ragionamento: “Siamo diventati una colonia francese- afferma -. E l’aver ceduto alle richieste di Parigi avrà “conseguenze gravissime”, a partire dall’arrivo massiccio di profughi.

Poi la stoccata finale: “Non è dicendo sempre sì che si acquisisce peso internazionale”. Il riferimento, come si spiega nella dichiarazione, sarebbe anche all’esame delle richieste di Nicolas Sarkozy su Edison e Parmalat. e La Padania titola a tutta pagina: “Berlusconi si inginocchia davanti a Parigi”. Proprio oggi (ieri, ndr) la francese Lactalis, mentre era in corso il vertice Italo-francese, ha lanciato un’opa verso l’azienda agro-alimetare italiana che poi è stata definita non ostile dal Cavaliere. Una operazione che comunque non sarebbe stata gradita dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti che tanto si era battuto contro l’ipotesi di scalate di questo genere – si ragiona in ambienti della maggioranza – al punto da presentare un decreto ad hoc. Da qui l’ipotesi, avanzata nei medesimi ambienti, che l’avallo del premier a questa operazione, contrastata dal ministro dell’Economia, possa aver scatenato una serie di reazioni fino alla durissima presa di posizione del leader Lega. Una presa di posizione al quale il cavaliere – si apprende ancora in ambienti della maggioranza – avrebbe replicato, nel corso di una telefonata con il Senatur – respingendo con fermezza l’accusa di essersi inginocchiato davanti a Parigi. E spiegando come tutte le considerazioni da lui fatte su questo fronte siano nel pieno rispetto di criteri puramente di mercato. Dunque, quella che sembrava essere all’inizio una normale dialettica tra alleati si è via via trasformata in un vero e proprio scontro che porterà ad un vertice tra i due leader. Una distanza quella tra Bossi e Berlusconi che è anche lessicale. “Guerra”, la chiama esplicitamente il leader del Carroccio riferendosi ancora alla Libia; mentre il Cavaliere preferisce parlare di “intervento su obiettivi militari”. “Le guerre non si fanno e comunque non si annunciano così”, aveva detto Bossi nel pomeriggio contestando al premier anche un errore di metodo e rivelando tutto il suo malumore verso la scelta di Palazzo Chigi di affidare a un comunicato l’annuncio della decisione di bombardare che, si legge tra le righe, evidentemente il Senatur ha appreso a cose fatte. Una sorta di appunto alla mancanza di collegialità che dovrebbe sottendere passi politici importanti che ricorda le critiche di esponenti del Pdl alla “gestione personalistica” di Tremonti. E, nonostante Berlusconi sia tornato a ripetere di avere parlato con i vertici della Lega, compreso Bossi, e abbia annunciato ai suoi un incontro imminente col il leader del Carroccio (un vertice che potrebbe tenersi anche domani (oggi, ndr)), di “difetto di comunicazione” parlano anche alcuni esponenti del Pdl che non nascondono, però, l’irritazione del premier verso l’atteggiamento del Senatur teso, in prossimità della tornata elettorale, a prendere le distanze dall’alleato.

VERSO SLITTAMENTO CDM, FORSE PROSSIMA SETTIMANA – Salvo sorprese dell’ultima ora questa settimana non ci sarà il Consiglio dei ministri. La riunione potrebbe tenersi, a quanto si apprende da fonti di governo, i primi giorni della prossima settimana. Questa mattina si è riunito il pre-consiglio dove però non è stata formalizzata nessuna data di convocazione. Stando alle indiscrezioni circolate ieri il Consiglio dei ministri doveva tenersi venerdì. Sul tavolo c’é sicuramente la questione Libia e le tensioni con la Lega Nord contraria ai bombardamenti. Oltre ai malumori del Carroccio, Berlusconi avrebbe dovuto fare i conti con i mal di pancia di alcuni ministri del PdL che avrebbero colto l’occasione per porre il problema di una maggiore collegialità nelle decisioni.