Breve storia del banco scolastico

Oggi come oggi il banco scolastico si è innalzato agli onori della cronaca per i problemi che anche la scuola si trova ad affrontare per rispettare quel distanziamento sociale teso ad arginare la diffusione del virus covid 19. I nuovi banchi monoposto previsti per essere usati nelle nostre scuole sono quindi destinati a scrivere un altro capitolo della storia plurisecolare del banco scolastico.

La storia ha inizio nel XVI secolo, quando nel tentativo di arginare il protestantesimo i Vescovi si videro costretti a cercare di difendere il loro credo dall’alto del loro trono, “Kathedra” in greco, con i discepoli seduti sulle panche e disponibili a trasformarsi in alunni, tornando in chiesa per approfondire i temi trattati.

Queste lezioni videro con il passare del tempo una partecipazione in veste di alunni da parte della popolazione più giovane, seduti in panche da sei-otto posti davanti alla Kathedra o di fronte ad un leggio. Gli alunni per lo più ascoltavano le lezioni senza necessità di avere uno scrittoio.

I primi banchi veri e propri come oggi li intendiamo si diffusero nel Seicento sempre con una stretta connessione tra Chiesa e scuola, l’insegnamento non era obbligatorio e riguardava soltanto le classi più privilegiate, normalmente comunque l’istruzione da parte di chi se lo poteva permettere era affidata ad un precettore privato.

Soltanto con i Gesuiti si giunse ad un tipo di istruzione più diffusa, le classi degli alunni, di età e livelli di istruzione differenti, sedevano su panche senza schienale da sei otto posti con uno scrittoio collegato al pavimento o alla seduta stessa.

Nella metà del XIX secolo sulla scia delle idee progressiste in campo pedagogico e del positivismo si giunse finalmente ad un tipo di istruzione collettiva con classi formate da alunni della stessa età. In questo periodo vennero costruiti dei banchi che garantissero ai bambini una postura corretta; allo scopo vennero utilizzati anche nuovi strumenti come l’antropometro dell’ispettore scolastico Francesco Innocenti Ghini.

Alla fine del XIX secolo crescendo l’attenzione sull’insegnamento collettivo nacquero i banchi a due posti obbligatori nelle elementari e negli asili per garantire la comodità ma anche la distanza legata a motivi di igiene.

Gli studi sulle postazioni scolastiche si moltiplicarono e fu così che vennero progettati i banchi a distanza negativa mobile, cioè con il tavolo che sporgeva sopra il sedile per facilitare l’alunno nella scrittura.

In Italia, per lungo tempo, i banchi rimasero in legno, per due alunni, con un ripiano piatto e leggermente inclinato, uno spazio per il calamaio e un altro per la penna. La seduta era collegata a tutto il resto, con il risultato di una struttura pesante da spostare.

Le cose cambiarono negli Anni ’60, quando nel nostro Paese accanto al ferro e al legno si diffuse l’acciaio, perché più durevole. Continuarono a essere costruiti banchi a due posti ma si cominciarono a produrre anche banchi singoli. Avevano la sedia staccata, gambe metalliche, uno scrittoio sotto cui si trovava una mensola per riporre libri e quaderni. Alcuni erano anche dotati di un gancio laterale, dove appendere la cartella. Un’ulteriore svolta si ebbe negli Anni ’70 con l’introduzione di rivestimenti plastici (la fòrmica, per esempio), che resero i banchi più ergonomici e leggeri.