Brucia vivo patrigno, poi confessa

309468_0_1E’ piantonato da due poliziotti in una camera della divisione di Medicina dell’ospedale Regina Margherita di Comiso, Mirko Bottari, il giovane disoccupato di 21 anni che ieri pomeriggio ha bruciato vivo il patrigno Vincenzo Arcidiacono, al termine di una furiosa lite, perché non gli assicurava una rimessa costante di denaro. Sino a tarda sera il giovane, che presenta ustioni di primo e secondo grado alle mani e alle gambe, è stato interrogato dal sostituto procuratore della Repubblica di Ragusa, Federica Messina, delegata a seguire il delitto di Comiso. “Il giovane durante l’interrogatorio – ha ricostruito il magistrato – ha confermato di aver agito perché il padre si era rifiutato di dargli dei soldi il giorno prima. E’ un caso molto complesso che presenta diverse sfaccettature e il delitto è maturato nell’ambito di una situazione familiare molto difficile, aggravata dalla disoccupazione del giovane e dalla sua continua richiesta di denaro”. Il fermo di Bottari, per omicidio, sarà al vaglio del gip di Ragusa, che dopo l’interrogatorio di garanzia dovrà decidere sulla convalida del provvedimento restrittivo.

Bottari due mesi fa era stato cacciato da casa dal padre cieco: era l’epilogo di una catena infinita di contrasti di interesse, litigi, diverbi. Quell’esistenza avvelenata ha scatenato la tragedia. “Non ne potevo più” sono state le prime parole che ha detto al commissario Roberta Siracusano. Un’ammissione che ha trovato conferma subito dopo quando gli agenti e i vigili del fuoco sono arrivati in via generale Girlando a Comiso (Rg), nella zona delle cosiddette “case minime”, alloggi popolari di proprietà del comune.

Un appartamento era stato a suo tempo assegnato a Vincenzo Arcidiacono, 63 anni, non vedente e operatore telefonico dell’ospedale “Regina Margherita” di Comiso. Nella camera da letto l’uomo era ormai morto: bruciato dalla benzina che il figlio gli aveva versato addosso dopo averlo aggredito. Tutto si sarebbe svolto in pochi attimi ma gli investigatori non escludono che Mirko abbia progettato e preparato da tempo l’aggressione. E’ quello che, tra le altre cose, dovrà accertare l’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Federica Messina. Il rogo che ha ucciso Arcidiacono, domato poi dai vigili del fuoco, ha avvolto anche il figlio che però ha riportato solo lievi ustioni alle gambe e per questo è stato portato in ospedale dove è stato poi interrogato. Dal suo racconto prende forma uno scenario familiare molto agitato. Soprattutto negli ultimi tempi quando il giovane ha cominciato a chiedere continuamente denaro. Le indagini cercheranno di capire se quei soldi gli servissero per procurarsi la droga. Fatto sta che il clima familiare era diventato ormai insostenibile. Tanto che alla fine Arcidiacono aveva cacciato il figlio da casa. Da due mesi il giovane era ospitato a turno dagli amici. L’uomo avrebbe perfino minacciato di fermare la procedura per il riconoscimento di paternità: Mirko infatti portava il cognome della madre, che aveva avuto una relazione con la vittima, e solo da alcuni anni era stato accolto in casa dal padre. Ma la convivenza è stata agitata dai litigi. I vicini riferiscono che negli ultimi mesi i contrasti si erano fatti più frequenti e più furiosi. E qualcuno temeva che, prima o poi, avrebbero scatenato una tragedia. Come poi è accaduto.