Casini: ‘Rinuncio a benefit per ex presidenti Camera’ – Violante: sono fiere dell’ipocrisia

(di Serenella Mattera) ROMA – Pier Ferdinando Casini rinuncia. Da oggi niente più benefit da ex presidente della Camera. Il leader dell’Udc non usufruirà più dell’apposito staff di segreteria, dell’auto di servizio, dell’ufficio con vista mozzafiato all’ultimo piano di Montecitorio, a sua disposizione dal 2006. Il leader dell’Udc spiazza così tutti e scavalca le polemiche per le nuove norme che gli riserverebbero i benefit fino al 2023. Faranno lo stesso anche gli altri ex presidenti? “Non intendo compiere esibizionismi”, dice tranchant Luciano Violante. Mentre Fausto Bertinotti fa sapere che si atterrà alle regole. Ma ora c’é chi quelle regole vorrebbe riscriverle.

La polemica segue la decisione dell’Ufficio di presidenza della Camera di conservare fino al 2023 i benefit agli ex presidenti (Bertinotti, Violante, Casini e naturalmente Fini) che siano stati deputati nelle ultime due legislature. Mentre con la regola adottata dal Senato (stop a 10 anni dalla fine dell’incarico), Violante avrebbe dovuto lasciare subito l’ufficio di Montecitorio, Casini nel 2016, Bertinotti nel 2018. Ma Casini decide di non prestare il fianco a critiche e, con una lettera a Gianfranco Fini, rinuncia “con effetto immediato ad ogni attribuzione”. Con una scelta cui plaude l’Idv che chiede anche agli altri ex presidenti, incluso Fini (che però é ancora in carica), di fare lo stesso. Mentre la Lega con Giacomo Stucchi rinfaccia a Casini di mantenere comunque i benefit di capogruppo Udc: “E allora sai che rinuncia…”. Intanto protesta Irene Pivetti, unica ex presidente cui le norme tolgono da subito il beneficio, insieme a Pietro Ingrao (amaro regalo per i 97 anni compiuti oggi). Pivetti definisce “ingiusta” la “forca”, non per sé, ma per le persone assunte nel suo staff, che perdono il lavoro. E accusa: “Hanno colpito me e Ingrao perché non siamo più membri della casta”. Di certo, l’accusa di esser ‘casta’ e la mossa di Casini non piacciono però a Violante. Che verga una nota di fuoco: “Non ho mai partecipato – afferma – a fiere dell’ipocrisia. Né intendo compiere esibizionismi”.

Dunque per ora l’esponente del Pd non rinuncia ai benefit: a fine legislatura deciderà. E Fausto Bertinotti? Dal suo entourage fa trapelare l’intenzione di “attenersi rispettosamente” alle regole. Punto. La novità è che inizia a farsi largo l’idea di cambiarle (e irrigidirle), quelle regole. “Casini solleva un problema politico”, dice il questore Antonio Mazzocchi. E rinvia la palla a Fini: “Sta a lui decidere”. Ma dalla presidenza della Camera fanno sapere che le norme sono state votate dall’Ufficio di presidenza e spetta ad esso eventualmente cambiarle. Nella prossima riunione se ne potrà ridiscutere, se verrà sollevata la questione. Ma Fini manterrà la sua posizione terza. Intanto, di fronte allo stupore generale nell’apprendere che ogni deputato ha diritto tra l’altro a 1,5 kg di colla l’anno, Mazzocchi assicura che i questori daranno una sforbiciata alla dotazione di cancelleria già nella riunione del 4 aprile. A suo modo antipolitica, irrompe poi la dichiarazione del deputato Massimo Calearo: “Fino a fine legislatura non andrò più alla Camera”, annuncia. Definisce “usurante premere un pulsante”. E confessa che lui, imprenditore, con lo stipendio da parlamentare paga un “mutuo di 12mila euro” (la Porsche no, quella l’ha comprata in Slovacchia per scaricarla dalle tasse). Lucio Malan (Pdl) intima: “Calearo lavori alla Camera o si dimetta”. Mentre, di fronte anche a certe parole sui gay (“due uomini che si baciano mi fanno schifo”), Giancarlo Lehner (Pt) si augura il collega sia vittima di “un grappino di troppo”.