Cgil su piede di guerra: ‘Sciopero generale’

ROMA – Attenzione e misura. Per valutare una riforma che non è “solo l’articolo 18” e che necessariamente deve comportare dei sacrifici per tutti, visto che “le risorse sono e saranno limitate”. Nel giorno in cui si infiamma la polemica politica e i sindacati riuniscono i propri vertici sulla proposta del governo per la riforma del lavoro, dal Presidente della Repubblica arriva un richiamo alla moderazione, e un invito a tutti, governo in primis, a prendersi le proprie responsabilità. Invito che non spegne però la ‘rabbia’ della Cgil che, fa sapere, considera la partita tutt’altro che chiusa. Il sindacato di Corso d’Italia annuncia lo sciopero generale perché “il governo scarica sui lavoratori e pensionati tutti i veri costi delle operazioni che vengono fatte: il risanamento, il peso della crisi. Ma nemmeno in casa Uil sono soddisfatti dell’esito di una “trattativa anomala”, come l’ha definita il segretario generale Luigi Angeletti, che avrà bisogno ancora di modifiche per ottenere un giudizio positivo.

E lo stesso leader della Cisl Raffaele Bonanni, più ‘conciliante’ rispetto alla posizione del governo, ammette che sui licenziamenti si è arrivati sì a una “mediazione ragionevole” ma che la soluzione è un “compromesso” che “può essere migliorato”. Mentre dall’Ugl – come ribadisce il segretario Giovanni Centrella – arriva un “sì sofferto”. L’appello di Napolitano rimbalza ovviamente anche in Parlamento, che dovrà dire l’ultima parola sulla riforma, come ha detto il premier Mario Monti. Dalle ‘opposizioni’, dalle quali nessuno certo si aspettava sostegno all’esecutivo, arriva una bocciatura della riforma, con Bossi che chiarisce che “ogni cosa che fa il governo Monti è sbagliata” e l’Idv che si spinge già a minacciare “il Vietnam parlamentare”. Ma anche dallo stesso Pd, pur diviso, dopo lo sfogo di Bersani (questo “non si può chiamare accordo”), arrivano prima l’avviso di Rosy Bindi (“il governo va avanti se rispetta la maggioranza”) e poi, un po’ a sorpresa, anche il monito di Massimo D’Alema, che bolla il testo sui licenziamenti come “pericoloso e confuso”.

A meno di 24 ore dal tavolo “decisivo” per la scrittura del ‘verbale’ stilato nella lunga riunione di ieri sera a Palazzo Chigi, insomma, il clima è tutt’altro che sereno. E a complicare ulteriormente il quadro arriva inizialmente anche una valutazione della Funzione Pubblica che, pur chiarendo che bisognerà attendere “l’esito della definizione del testo” per vedere “gli effetti” che la riforma potrebbe avere “sugli statali”, ha prospettato però l’ipotesi che le nuove norme sui licenziamenti si applichino anche per la Pubblica Amministrazione, visto che anche ai lavoratori pubblici si applica lo Statuto dei lavoratori. Un’ipotesi, bocciata dai sindacati e chiarita in serata dal ministero che spiegato che le modifiche all’art.18 contenute nella riforma del mercato del lavoro “non riguarderanno gli statali”. Intanto il governo, oggi in silenzio seppur chiamato in causa da Napolitano che invita l’esecutivo a scegliere il tipo di provvedimento con cui presentarsi alle Camere, incassa il sostegno pieno dell’Ue. Per il commissario all’Occupazione Lazlo Andor, infatti, il progetto di riforma, con un Governo che “ha investito anche tempo ‘extra’ nel dialogo con le parti sociali”, mostra “un’ambizione notevole” e risponde all’obiettivo di “dinamizzare il mercato del lavoro” e di “superare la segmentazione” italiana.

ART.18: CAMUSSO, PARTITA NON CHIUSA, SCIOPERO GENERALE – Dieci anni fa (il 23 marzo del 2002) la Cgil di Sergio Cofferati riempiva il Circo Massimo in difesa dell’articolo 18. Oggi la Cgil di Susanna Camusso si prepara a scendere di nuovo in piazza perché, dice, “per noi l’articolo 18 è uno strumento fondamentale per la difesa dei lavoratori”. Assicura battaglia, ma si appella anche al Parlamento perché “intervenga” per modificare la riforma sul mercato del lavoro, a partire proprio dall’articolo 18. “Il governo sostiene che la partita è chiusa – dice Camusso riferendosi alle parole del premier Mario Monti – ma deve essere chiaro che per noi la partita non è chiusa”. Proprio all’indomani dell’ultimo tavolo a Palazzo Chigi, la Cgil riunisce per l’intera giornata il direttivo per fare una valutazione delle norme proposte dal governo e proclama un pacchetto di 16 ore di sciopero, di cui 8 ore per assemblee nei luoghi di lavoro e 8 ore per lo sciopero generale con manifestazioni territoriali. La data non è ancora decisa. “La individueremo quando conosceremo l’iter parlamentare”, spiega Camusso nel corso di una conferenza stampa indetta durante una pausa dei lavori del parlamentino di Corso d’Italia, conclusosi con l’approvazione del documento con 95 voti a favore, 2 contrari e 13 astenuti (che rispecchia la minoranza interna).

La Cgil promette una mobilitazione che sarà “dura e articolata” che punta a “portare a casa dei risultati” durante il dibattito parlamentare “prima che si avvii un biennio di espulsioni di massa nelle aziende”, afferma il segretario confederale Fulvio Fammoni, aprendo la riunione del direttivo questa mattina. Dura la Fiom. Il segretario generale delle tute blu della Cgil, Maurizio Landini, parla di “una follia, che cancella l’articolo 18”. In una riforma del mercato del lavoro che “non riduce la precarietà, non estende gli ammortizzatori ma rende solo più facili i licenziamenti. La contrasteremo con ogni mezzo, con ogni forma di protesta democratica, nelle fabbriche e nel Paese”, assicura. Molte aziende metalmeccaniche – riferisce il sindacato – si sono già fermate oggi per le due ore di sciopero già proclamate dalla Fiom in difesa dell’articolo 18.

Il leader della Cgil precisa che un “giudizio più articolato e preciso” sull’intera riforma “lo daremo quando, prima o poi, saremo in possesso di tutti i testi”. Ma, intanto, sostiene che “siamo di fronte ad un governo che scarica sui lavoratori e pensionati tutti i veri costi delle operazioni che vengono fatte”. E “non ha attenzione alla coesione sociale”. Domani pomeriggio (alle 16 nella sede del ministero a Via Flavia) ci sarà l’incontro conclusivo per la stesura dei testi e per verbalizzare le varie posizioni. Appuntamento al quale si ritroveranno nuovamente tutte le nove sigle delle organizzazioni sindacali e datoriali, con i rispetti leader, a confronto con il ministro del Lavoro, Elsa Fornero. Appuntamento a cui arriverà il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, già con il nome del suo successore che verrà designato in mattinata.

BERSANI, ART.18 ALLA TEDESCA NON ALL’AMERICANA – “Non condivido la modifica dell’art.18 perché è all’americana e non alla tedesca”. Così Pier Luigi Bersani, parlando a ‘Porta a Porta’, contesta le nuove regole sull’articolo 18 aggiungendo che questa norma “va corretta”.

“E’ una questione di diritti dei cittadini: il lavoratore non può essere messo in condizioni di debolezza, questa cosa va corretta. C’éil Parlamento e si corregge e il Pd si prende la briga e l’impegno di trovare le strade per correggere”.Lo afferma Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, ospite di Porta a Porta.

“Io non penso che Monti possa dire al Pd prendere o lasciare. Non mi aspetto che Monti lo faccia, é chiaro che noi votiamo quando convinti, bisogna ragionare con noi”. Così Pier Luigi Bersani, a Porta a Porta, sulla possibilità che il Pd possa votare no sulla riforma del lavoro.

“La Cgil è una delle posizioni in campo ma c’é anche lei. Voglio dire che non è vero che la Cgil é stata ferma su tutto”. Così Pier Luigi Bersani, a Porta a Porta, difende le ragioni della Cgil sulla riforma del lavoro.

“Io credo che non possa esistere in natura” Lo afferma il Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, ospite di Porta a Porta spiegando che la strada potrebbe essere quella delle legge delega.