Conclave aperto non prima di meta’ marzo

“L’inizio del Conclave deve essere stabilito tra i 15 e i 20 giorni dall’inizio della sede vacante. Se tutto si svolge senza problemi si può pensare che inizierà daL 15 marzo in poi”. Lo ha detto padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, spiegando che la decisione della data “spetta ai cardinali riuniti nelle congregazioni generali”. Nella costituzione apostolica, infatti, si dice che da quando inizia la sede vacante hanno inizio queste congregazioni in preparazione del conclave, che hanno adempimenti giuridici e una “funzione importante di conversazione e di scambio sui problemi e la situazione della chiesa in modo da maturare criteri in funzione dell’elezione”. In modo, ha aggiunto padre Lombardi, da “arrivare ai giorni chiave del conclave con una preparazione”.

(di Fausto Gasparroni) – Gli equilibri sono ancora lontani, e i primi coaguli di tendenze e cordate si vedranno al momento delle congregazioni generali dei cardinali, a partire dal primo marzo. Ma nel Conclave per l’elezione del successore di Benedetto XVI, che si svolgerà a partire dalla metà di marzo, ai canonici da 15 a venti giorni dall’inizio della “sede vacante”, peseranno anche le divisioni geografiche, in rapporto al peso che potranno esercitare sia le Chiese di antica tradizione sia quelle giovani ed emergenti, oggi vero “motore” per il futuro del cattolicesimo mondiale. Nel prossimo Conclave, in cui si riuniranno 117 cardinali elettori, a livello di continenti il gruppo più nutrito è quello degli europei (61), seguito dai latino-americani (19), dai nordamericani (14), dagli africani e dagli asiatici ex-aequo (11 rispettivamente), mentre un solo porporato viene dalla lontana Oceania. A livello di nazioni primeggia il drappello degli italiani (28), di gran lunga rispetto agli 11 statunitensi e ai sei tedeschi. Seguono i cinque cardinali rispettivamente di Spagna, Brasile e India, i quattro rispettivamente di Francia e Polonia, quindi i tre del Messico e del Canada.

Due cardinali vengono rispettivamente da Argentina, Portogallo e Nigeria, mentre da un solo porporato sono formate le rappresentanze di Svizzera, Gran Bretagna, Irlanda, Ungheria, Repubblica Ceca, Belgio, Paesi Bassi, Austria, Bosnia-Erzegovina, Lituania, Croazia, Slovenia, Colombia, Cile, Venezuela, Honduras, Repubblica Dominicana, Cuba, Perù, Bolivia, Ecuador, Ghana, Tanzania, Sudafrica, Sudan, Senegal, Kenya, Egitto, Guinea, Repubblica Democratica del Congo, Australia, Filippine, Cina, Libano, Vietnam, Indonesia e Sri Lanka. In tutto sono 50 le nazioni rappresentate. Per quanto riguarda gli italiani, da una parte c’é chi li dà sfavoriti dal recente scandalo Vatileaks – visto da molti come un “intrigo” tutto italiano -, dall’altra c’é chi dice che dopo due Papi stranieri sia di nuovo l’ora di un italiano. E sotto questo profilo, brilla sempre più la stella di Angelo Scola, attuale cardinale di Milano ed ex patriarca di Venezia, personalità sicuramente molto apprezzata dallo stesso Ratzinger, che a tutti i costi l’ha voluto a capo della più grande diocesi d’Europa. Tra l’altro, Scola incontrerà il Papa in Vaticano sabato prossimo, 16 dicembre, facendo parte di un gruppo di una decina di vescovi lombardi in visita Ad Limina, proprio l’ultimo gruppo ricevuto prima della fine del pontificato, fissata dallo stesso Ratzinger per il 28 febbraio. Altro italiano in vista, il card. Gianfranco Ravasi, che tra l’altro la prossima settimana sarà il predicatore degli esercizi spirituali di quaresima davanti al pontefice e alla curia. Occorrerà vedere comunque quanto la squadra degli italiani, al cui interno Scola gode sicuramente di ampio credito, riuscirà a coalizzare i voti dall’esterno, considerando che per essere eletti occorre la maggioranza dei due terzi, pari quindi a 78 cardinali. L’altro gruppo forte è quello che vede insieme spagnoli e latino-americani, formato in tutto da 24 cardinali.

E qui contano sicuramente l’argentino Leonardo Sandri e il brasiliano Odilo Pedro Scherer, con la “forza” che potrà esercitare anche l’altro argentino Jorge Mario Bergoglio, già dato come “papabile” nel Conclave del 2005 che invece elesse Ratzinger. L’honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga, che molti consensi potrebbe riscuotere, ha invece già fatto sapere di non sentirsi adatto al ruolo di pastore supremo della Chiesa. Tra i nordamericani, godono di altissime quotazioni il canadese Marc Ouellet, lo statunitense Timothy Dolan, mentre grande influenza avrà l’altro cardinale “yankee” Raymond Leo Burke, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, un “conservatore” che predilige, ad esempio, la messa in latino. Per quanto, poi, l’ipotesi di un “Papa nero” sia considerata suggestiva, appaiono ancora non del tutto realistiche le alte quotazioni attribuite al ghanese Peter Turkson, mentre come capofila della rappresentanza asiatica riscuote molti consensi il filippino Luis Antonio Tagle. Questi ultimi hanno dalla loro parte il fatto di rappresentare Chiese oggi estremamente dinamiche, in grande crescita, al contrario di quanto la crisi del cattolicesimo si faccia sentire nei Paesi di antica evangelizzazione. Tra gli europei, comunque, andrà considerata la capacità di traino di nomi come l’austriaco Christoph Schoenborn, l’ungherese Peter Erdo, presidente dei vescovi europei, di cui Angelo Bagnasco è vice presidente, del francese Jean-Louis Tauran, non in buone condizioni di salute ma di grandissima autorevolezza. Al momento, ad un mese dall’apertura del Conclave, mentre le possibili cordate sono ben al di là dal coalizzarsi, e senza contare le dinamiche tra “conservatori” e “progressisti”, si iniziano comunque ad affinare i criteri. Da una parte può esserci la scelta di un”uomo forte”, per sostituire l’anziano Ratzinger cui sarebbe mancato il “polso” per governare la Chiesa. Dall’altra c’e l’idea di un “uomo di squadra”, necessario – dicono in Vaticano – a far girare il sistema: non solo la Curia, ma la Chiesa nel suo complesso, quindi le Conferenze episcopali, le diocesi, le Chiese locali.