Delitto Garlasco, Stasi assolto anche in appello

MILANO – Alberto Stasi incassa il bis. A due anni di distanza dal verdetto di primo grado è di nuovo stato assolto: anche per la Corte d’Assise d’Appello di Milano non è stato lui ad uccidere Chiara Poggi, la sua fidanzata massacrata a Garlasco il 13 agosto di quattro anni fa. Quattro anni in cui nessuno è riuscito a dare un nome e un volto all’assassino che quella mattina d’estate ha infierito sulla giovane donna colpendola con un’arma, mai trovata, con una violenza tale da fracassarle il cranio. La sentenza del processo che si è celebrato con rito abbreviato è arrivata a pomeriggio inoltrato, dopo circa cinque ore di camera di consiglio e cinque udienze. In un aula gremita di fotografi e giornalisti, non appena i giudici, presieduti da Anna Conforti, hanno decretato la sua innocenza, confermando il provvedimento del gup di Vigevano Stefano Vitelli, Alberto Stasi si è sciolto in un abbraccio con i suoi legali.

Prima un sorriso incredulo, poi un pianto ‘liberatorio’ per la tensione accumulata e una frase sussurrata: “E’ giusto così”. Distrutti invece i genitori di Chiara da sempre alla ricerca della verità. Una ricerca che per loro è un “dovere” nei confronti della figlia e che ancora oggi pomeriggio ha fatto dire a mamma Rita: “Non mi arrendo, ho ancora fiducia nella giustizia”. Una frase pronunciata a voce bassa e con il volto rigato dalle lacrime ma che testimonia il suo coraggio, sebbene il dolore e lo sconforto siano immensi. Dolore e sconforto che nemmeno papà Giuseppe ha saputo celare. Raggiunto al telefono, alla domanda se avessero intenzione di andare avanti, ha solo risposto. “Non lo so, è talmente fresca”. Non si sa dunque se la sentenza verrà impugnata o meno anche perché ora bisognerà attendere le motivazioni (saranno pronte in 90 giorni) per capire le ragioni per cui la Corte, oltre a respingere l’istanza di riapertura del caso con nuove perizie, non ha creduto alla ricostruzione del sostituto procuratore generale Laura Barbaini che ha chiesto trent’anni di carcere per Stasi, additandolo come il responsabile dell’omicidio. Il pg nella sua requisitoria e nelle sue repliche di questa mattina ha sostenuto non solo che il giovane ha “mentito” e si è “creato l’alibi” (con l’uso del telefono e del pc su cui ha elaborato la tesi di laurea), ma ha individuato per la prima volta il movente: le presunte “deviazioni sessuali” del giovane come “elemento scatenante” di quel terribile assassinio. Difficile anche per il Prof. Angelo Giarda, che insieme a Giuseppe Colli, difende l’ex studente bocconiano, non nascondere la commozione e l’emozione.

Davanti a una schiera di cronisti, in un Palazzo di Giustizia ormai deserto, ha accettato di concedersi ai taccuini e alle telecamere: “Non ho mai sottovalutato l’appello, ma sono sempre stato convinto dell’innocenza di Alberto”. E ricordando il provvedimento con cui nel settembre di quattro anni fa il gip Giulia Pravon, respingendo il fermo, scarcerò Stasi e la sentenza di assoluzione in primo grado, ha aggiunto: “Tutti gli elementi portano ad escludere la sua responsabilità, per mancanza di prove” . E a chi gli ha fatto notare che il colpevole è ancora a piede libero e gli ha chiesto se si fosse fatto un’idea di chi sia stato ad uccidere, il legale ha replicato: “io difendo Alberto Stasi e non tocca a me dirlo. Chi deve fare le indagini sa cosa fare. Le indagini investigative – ha continuato con tono seccato – non sono affari nostri. Noi non ci sostituiamo alla Procura della Repubblica. Forse, come abbiamo ripetuto più volte, non bisognava fare accertamenti unilaterali. Adesso è però arrivato il momento di mettere fine allo slogan ‘se non lui chi?”. Uno slogan che ha pesato sulla vita di Alberto Stasi che dal giorno dell’omicidio, ha vissuto ” malamente – ha aggiunto l’avvocato – come chi sa di essere innocente è si è visto bersagliato da affermazioni improprie e inadeguate, come assassino, quando l’intero processo ha dimostrato che il colpevole non è lui”. Dunque il ‘Giallo di Garlasco’ rimane aperto: Stasi è stato assolto e il colpevole non ha ancora un volto e un nome.