Dieci anni fa ‘l’inferno’ sotto gli occhi del mondo

GENOVA – Il 18 luglio 2001, l’anti G8 inizia in una Genova, divenuta sede della riunione degli Otto Grandi della terra, che è più bella di sempre, ironica con le mutande stese al vento, la risposta al ‘decoro’ che voleva il premier Silvio Berlusconi. Si balla: in 20 mila fanno festa con Manu Chao. Poche ore ancora e Genova assomiglierà all’inferno. Il 19 luglio sfila, pacificamente, il primo corteo degli anti global e dei migranti: 50 mila persone, una festa. Ma il 20 luglio tutto cambia. E’ venerdì: Berlusconi riceve a Palazzo Ducale i leader del G8. In contemporanea iniziano gli incidenti.

L’Italia comincerà da qui a conoscere gli Schwarzer Block, un movimento anarchico nato in Germania agli inizi degli anni ’80 poi ‘duplicatò in Usa e Europa con il nome di Black bloc. A Genova si muovono ai margini del movimento pacifista con l’unico obbiettivo di creare disordini. Non sono moltissimi, ma riescono nell’intento. Dentro la cittadella blindata i Grandi parlano di economia mentre fuori é il caos. I militanti del Gsf marciano verso la zona rossa lungo strade devastate dal passaggio dei Black bloc. La tensione é alta, la situazione fuori controllo. La polizia carica con durezza. In periferia i black bloc sfasciano tutto quello che trovano, assaltano il carcere di Marassi.

Il vicepresidente del Consiglio, Gianfranco Fini, si trova nella caserma dei carabinieri di San Giuliano mentre i Black bloc continuano l’opera di distruzione. Alcuni manifestanti tentano di fermarli ma la polizia resta a distanza. Via Tolemaide. Carabinieri e polizia attaccano il fronte del corteo. I ragazzi rispondono lanciando sassi e facendo piccole barricate con i bidoni per la raccolta differenziata. Tra loro c’é Carlo Giuliani. Ha una canottiera bianca, un rotolo di scotch da pacchi al braccio. Sul fianco della strada si apre piazza Alimonda. Un drappello di una ventina di carabinieri appoggiato da 2 jeep si posiziona in una di queste due stradine. Partono i lacrimogeni. I manifestanti reagiscono. I militari indietreggiano verso via Caffa, attraverso piazza Alimonda. Un gruppo di manifestanti li insegue. Un defender si ferma contro un cassonetto di rifiuti mezzo vuoto. Alcuni manifestanti lo raggiungono. In questo momento attorno alla jeep ci sono 4 fotografi e 5 manifestanti. Carlo Giuliani solleva un estintore sopra la testa. Sono le 17.27 quando parte il primo sparo. Carlo Giuliani cade a terra in avanti, trascinato dall’estintore che sta lanciando, e rotola sul fianco verso la jeep che parte e passa due volte sul suo corpo.

Carlo Giuliani, 23 anni, figlio di un ex sindacalista Cgil è stato colpito da un colpo di pistola, una Beretta in uso al carabiniere Mario Placanica che si trovava dentro la jeep. E’ la morte di Carlo l’inizio della fine. Il 21 torna la guerriglia. Nella notte la polizia fa irruzione nella scuola Diaz dove dormono alcuni manifestanti. Il blitz trasforma la scuola in una ‘macelleria messicana’. Un massacro, un pestaggio indiscriminato. Molti ragazzi sottoposti a fermo saranno portati alla caserma di Bolzaneto, dove è istituito un centro di prima detenzione e dove si verificheranno episodi di vera e propria tortura psicologica e fisica.