E’ toto-Papa, caccia al candidato

Mentre sempre più si infiamma il toto-Papa, in un crescendo di nomi che si inseguono e si ripetono, si allarga, all’indomani delle dimissioni di Benedetto XVI, anche la cerchia di chi pensa che lo stesso Ratzinger abbia un suo “candidato preferito” per la successione. Le prese di posizione ufficiali sono naturalmente di segno contrario: il Papa uscente – dicono in Vaticano – non avrà nessuna influenza sulle decisioni del Conclave, che potrebbe entrare nel vivo per metà marzo. Tuttavia, che lui lo esprima o no, sono in tanti a pensare che papa Benedetto abbia in mente, se non il suo possibile successore, almeno una “rosa” di figure adatte al difficile ruolo del governo della Chiesa. Intanto, cresce anche la febbre dei bookmaker, che puntano molto su scelte inedite come quella di un “Papa nero”, vedi i nomi degli africani Francis Arinze e Peter Turkson, dati come “papabili”. Ma l’argomento non convince un osservatore vicinissimo al Papa uscente, il fratello Georg Ratzinger, secondo cui per la Chiesa non è ancora il momento di un Pontefice di colore. “Potrebbe arrivare più in là: non ritengo che questo avverrà adesso, in questo momento”, ha detto l’anziano sacerdote in un’intervista all’ANSA. “Ritengo possibile che arrivi un Papa italiano. Ci sono personalità capaci nelle fila dei cardinali italiani”, ha aggiunto, accreditando un’ipotesi che contrasta invece con quanti vedono i cardinali italiani sfavoriti dal recente scandalo Vatileaks, visto da molti come un “intrigo” tutto italiano. Le ipotesi di mons. Georg Ratzinger, apparentemente, fanno anche salire le quotazione del cardinale Angelo Scola, che al momento della sua nomina ad arcivescovo di Milano, proveniente da Venezia, fu visto come una delle personalità in cui Benedetto XVI più si rispecchiava. Un altro fronte che potrebbe compattarsi è quello dei nordamericani, e in particolare degli statunitensi, che godono di un certo peso anche in Curia. Nel penultimo Concistoro, quello del febbraio 2012, si era molto messo in luce il cardinale di New York, Timothy Dolan, un “conservatore” sul piano delle scelte etiche – cosa peraltro che non dovrebbe svantaggiarlo – e anche una forte personalità mediatica, dotata di grande carisma. Crescono d’altra parte, anche le quotazioni del canadese Marc Ouellet, prefetto della Congregazione dei Vescovi, come quelle dell’argentino Leonardo Sandri, prefetto delle Chiese Orientali ed ex sostituto in Segreteria di Stato nel difficile periodo della malattia e della morte di Giovanni Paolo II. Procedendo per aree geografiche, in ascesa è sicuramente il fronte dei latino-americani, come lo stesso Sandri: qui i capofila sono considerati in particolare il brasiliano Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di Sao Paulo, l’honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa e presidente di Caritas Internationalis. Nella dinamica Chiesa asiatica, infine, l’astro nascente è sicuramente il giovane cardinale di Manila, Luis Antonio Tagle, uomo di grande preparazione ma dal tratto umano molto semplice e dall’immediata comunicatività. Il criterio geografico non è però sicuramente l’unico in base al quale possono attivarsi le cordate capaci di risultare decisive nel Conclave. Conteranno sicuramente altri aspetti, come l’atteggiamento rispetto alle ventate innovatrici presenti all’interno della Chiesa, l’autorevolezza teologica e pastorale, la capacità di governo, e, non ultimo, il criterio anagrafico e della salute fisica. I cardinali Christoph Schoenborn e Gianfranco Ravasi, ad esempio, entrambi figure di grande prestigio, sembrano aderire a gran parte di questi requisiti. Resta ancora da capire quanti voti saranno capaci di coalizzare, considerando che per essere eletti serviranno i due terzi dei consensi.