Falde acqua: composti pericolosi in Veneto

Quando si parla di inquinamento, si pensa ormai a cose ovvie e mai concretamente affrontate. Esempio le falde. Adesso salta fuori che tra le province di Padova, Vicenza e Verona ci sono oltre trecento cinquanta mila le persone potenzialmente a rischio (in un’area critica di circa 150 km/q) per l’inquinamento nell’ ambiente e la conseguente contaminazione delle falde di acqua potabile dovuta alla produzione di composti chimici pericolosi, i cosiddetti PFC (poli e per-fluorurati). Arriva un rapporto da parte di Greenpeace, che identifica quattro aree del mondo. Le situazioni esaminate sono in Italia, Ohio-West Virginia (Usa), Olanda e l’immancabile Cina. L’inquinamento da PFC è estremamente insidioso in quanto, a livello chimico, la repellenza ad acqua e sostanze oleose si somma alla elevata stabilità termica e chimica. Queste sostanze vengono impiegate in numerosi processi industriali e beni di consumo, tra cui alcuni trattamenti idrorepellenti e antimacchia utilizzati per la produzione di capi di abbigliamento “da esterno”. Una volta rilasciati in natura, alcuni di questi PFC impiegano molto tempo per deteriorarsi, restando così nell’ ambiente per molti anni e tendono a diffondersi nelle acque superficiali (fiumi e laghi), potabili e di falda, ma anche nell’ aria e nella polvere domestica. Vi sarebbero quindi prove evidenti dell’inquinamento, anche passato, generato da aziende chimiche che producono PFC inclusi quelli utilizzati nella produzione del politetrafluoroetilene (più semplicemente conosciuto come Teflon). L’allarme per il Veneto si riferisce anche studio pubblicato dal Ministero dell’Ambiente nel 2013, che aveva infatti parlato di presenza di PFC nelle acque superficiali e potabili in una vasta area della regione. Queste sostanze si trovano non solo nell’acqua, ma anche nel sangue delle persone secondo Greenpeace. Lo scorso anno la Regione, insieme all’Istituto Superiore di Sanità, aveva annunciato il lancio di un programma di monitoraggio biologico su oltre 600 persone residenti in 14 comuni, con l’obiettivo di valutarne il grado di esposizione a PFC (analizzando campioni di sangue). I primi risultati hanno mostratoacqua-di-rubinetto-contaminata concentrazioni fino a venti volte più alte rispetto a quelle relative ai cittadini che non si trovano nelle zone contaminate. Greenpeace sta chiedendo alle aziende dell’abbigliamento outdoor, uno dei settori che impiega queste sostanze, di eliminarle dalla produzione entro il 2020. Alcuni marchi lo stanno già facendo, secondo Greenpeace, perché sostanze da usare in alternativa sono già disponibili sul mercato.