Fede, ultima giornata da direttore ‘ma non e’ un addio’

(di Marisa Alagia) Mancano più o meno 60 minuti al suo Tg delle 19, quello che ha condotto per anni senza saltare una sera, con piglio e decisione, quando si affaccia nell’atrio per parlare con i giornalisti, in attesa dalla mattina. “Non ci crederete – esordisce Emilio Fede con il volto sorridente e disteso – ma è la prima volta che esco dalla redazione a quest’ora, non ho mai messo fuori il naso neppure per andare a prendermi un caffé”. Giornata di saluti, ma non un addio, per uno dei volti più noti del giornalismo italiano, 81 anni, da 60 al lavoro, prima in Rai, poi a Mediaset, inviato, direttore.

Da oggi non firma piu il Tg4, la sua creatura. Il nuovo direttore già dall’edizione della sera è Giovanni Toti che però lascia spazio a Fede per un commosso editoriale di addio. Una comunicazione data ieri sera con una nota ufficiale Mediaset. E confermata e chiarita in serata dallo stesso Fede, dopo ore un po’ convulse, di cui all’esterno del Palazzo dei Cigni, sede dei Tg Mediaset, a Milano 2, davanti al laghetto, è arrivata solo un’eco. Per quasi tutta la giornata Fede è rimasto come asserragliato nel suo ufficio.

“Son qui come tutti giorni – dice infatti di prima mattina al giornalista che lo raggiunge telefonicamente – non so ancora se oggi devo preparare il tg o no”. I suoi collaboratori non sanno che fare, come rispondere ai cronisti. Qualcuno esce e si lascia andare a qualche battuta. “Non se ne vuole proprio andare”, dice divertito. Gira voce che c’é chi stia brindando. “I miei occhi si sono posati altrove..” risponde, senza nascondere il suo dispiacere per l’addio di Fede, Marina Dalcerri, entrata al Tg4 con lui. Durante tutto il giorno è un susseguirsi di incontri, con il cdr, con la sua redazione, ma soprattutto con il capo del personale e i legali. Per ore sembra non voler parlare con i giornalisti. Ma la tenda del finestrone del suo ufficio al piano terra è spalancata e lui si lascia fotografare seduto alla sua scrivania, alle spalle le immagini incorniciate che lo ritraggono con i tanti personaggi famosi che ha intervistato.

Sorride da dietro il vetro, si sistema i capelli quando scattano le fotografie, mostra i Tapiri su uno scaffale, e alle insistenze dei giornalisti perché esca scarabocchia con un pennarello in stampatello su due fogli un paio di frasi (‘Non posso parlaré e ‘Vi voglio bene ma..’) e le mostra. Poi nel tardo pomeriggio esce dalla redazione. “Oggi ho firmato le dimissioni e ora si riparlerà di quei nuovi programmi e del mio ruolo nell’azienda di cui si discute da tempo – racconta tranquillo in serata – Io sono stato, testardo, l’azienda aveva ragione ma ora ci siamo capiti”. Da stasera è comunque in vacanza (‘non ne facevo da mesì), starà via qualche giorno, poi tornerà a Mediaset. Troverà ancora il suo ufficio? gli chiedono. “Questa è una azienda che non ha mai licenziato nessuno – risponde – vi pare che avrebbe fatto una cosa del genere proprio con me?” “Da mesi c’erano in ballo le mie dimissioni da direttore- spiegherà poi più tardi – ma io sono stato un capoccione, ho continuato a rinviare perché volevo tirare fine anno, avevo anche pensato di chiedere a Berlusconi di farmi candidare alle prossime elezioni ma l’azienda ha i suoi tempi e a un certo punto non ha più potuto aspettare e ha deciso di mettere in atto quello di cui si parlava da tempo, cioé il mio licenziamento e la nomina del nuovo direttore”. E’ contento e disteso quando parla con i giornalisti prima del suo commosso addio al pubblico del Tg alle 19: “Dopo tanti anni c’é emozione nel fare un intervento che é un saluto e non un addio. E’ solo un arrivederci”. Fa capire che presto lo si rivedrà in video, nei due programmi di approfondimento, ma anche come direttore editoriale. “Mi mancherete – rivolto al suo pubblico -, sono 23 anni che conduco e dirigo questo tg nel massimo della libertà con un’azienda che mi ha amato e resterà amata”.

Una risposta a “Fede, ultima giornata da direttore ‘ma non e’ un addio’”

  1. Era l’ora che che questo vecchio bavoso, puttaniere nonché pedofilo, si levasse dalle palle. E’ una vergogna per il giornalismo e per i colleghi. Il giornalismo non dovrebbe piangerlo, ma gioire del fatto che una mela marcia sia stata gettata nella pattumiera.

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