Fiscal cliff: Obama firma la legge. Fmi: ancora non basta

Il presidente americano Barack Obama ha promulgato la legge sul fiscal cliff. Lo ha annunciato la Casa Bianca. Obama, attualmente in vacanza alle Hawaii, ha firmato il testo con la tecnica dell’ ‘autopen’, la penna automatica alla quale ha già fatto ricorso in passato per promulgare norme ‘a distanza’, ha precisato un comunicato della presidenza.

EVITATO BARATRO: MA FMI AVVERTE,NON BASTA – “Ho mantenuto le promesse fatte in campagna elettorale: più tasse sui ricchi e difesa della classe media”: il presidente americano Barack Obama può cantare vittoria. Ha vinto un braccio di ferro che da mesi e mesi porta avanti con i repubblicani. La Camera dei Rappresentanti, all’ultimo istante utile, ha varato in via definitiva l’accordo per evitare il ‘fiscal cliff’, l’aumento automatico e indiscriminato delle tasse e dei tagli alla spesa pubblica che sarebbe scattato dal 2 gennaio. E la reazione di Wall Street è stata più che positiva, anche se il Fondo monetario frena gli entusiasmi giudicando insufficiente l’intesa. Gli indici di Borsa comunque sono saliti ai massimi livelli da tre mesi a questa parte (Dow Jones +2,35%, Nasdaq +3,07%, S&P500 +2,39%). I mercati, insomma, almeno per il momento tirano un sospiro di sollievo Il ‘fiscal cliff’ sarebbe stato un vero e proprio disastro economico, che avrebbe quasi certamente trascinato gli Stati Uniti verso una nuova recessione. L’intesa, invece, colpisce i Paperoni d’America, anche se non nella misura in cui l’inquilino della Casa Bianca avrebbe voluto, e conferma tutti gli sgravi fiscali per le famiglie della middle class. Certo, si tratta di un accordo parziale, che non affronta assolutamente il nodo dei tagli alla spesa pubblica, che sarà oggetto di un nuovo negoziato da qui alla fine di febbraio. Ma da risolvere c’é soprattutto il problema del debito pubblico, che ha sforato il limite legale dei 16.400 miliardi di dollari e per il quale ora bisognerà fissare un nuovo tetto entro febbraio, se gli Stati Uniti non vogliono rischiare il default. Le misure straordinarie varate dal Tesoro americano per far fronte alla situazione, infatti, avranno un effetto per non più di due mesi. Con lo spettro di un nuovo downgrade che torna ad aleggiare sugli Stati Uniti: a minacciarlo è Moody’s. Ma per gli analisti anche Fitch è pronta a tagliare. “Quello di oggi è solo un primo passo nella lotta al deficit che resta troppo elevato”, ha ammesso Obama, lanciando un appello perché ora ci si metta al lavoro col nuovo Congresso – quello uscito dal voto dello scorso 6 novembre – per realizzare un piano equilibrato che permetta alle finanze pubbliche americane di consolidarsi e all’economia Usa di proseguire più velocemente sulla strada della ripresa. Così come chiede il Fmi, per il quale l’intesa raggiunta è positiva ma non basta: “Resta molto da fare – avverte – per mettere le finanze pubbliche americane su una traiettoria sostenibile, senza danneggiare la fragile ripresa”. Il sì della Camera al testo che era stato già approvato dal Senato è arrivato in tardissima serata, dopo l’ennesima maratona negoziale tra democratici e repubblicani, con questi ultimi divisi tra chi voleva chiudere la partita e chi invece insisteva sulla necessità di un emendamento per introdurre alcuni tagli di spesa. Un clima che ha reso fino all’ultimo incerto l’esito della votazione. Alla fine, con 257 sì e 167 no la Camera, a maggioranza repubblicana, ha dato il sospirato via libera. Con il Grand Old Party che – dopo la batosta elettorale – si ritrova oggi piu spaccato che mai. L’aumento delle tasse sui ricchi è la norma che più sta a cuore ad Obama, che per tutta la campagna elettorale ne aveva fatto una vera e propria bandiera. In realtà il presidente avrebbe voluto ‘colpire’ tutti quelli che guadagnano oltre i 250.000 dollari l’anno. Poi ha dovuto cedere, limitando la platea ai ‘super ricchi’: le persone con entrate superiori ai 400.000 dollari l’anno e le famiglie con più di 450.000 dollari. Ma è il segnale dato quello che conta: l’aver compiuto un primo passo verso quello che nei mesi scorsi la Casa Bianca aveva indicato come l’obiettivo di un sistema fiscale più equo. Un sistema che ha il dovere di salvaguardare le famiglie della classe media, che si vedono infatti riconfermati tutti gli sgravi fiscali. Il testo approvato prevede poi una proroga di cinque anni del credito di imposta per le famiglie con figli e per gli studenti alle prese con le rette del college, oltre un’estensione fino al 2013 delle agevolazioni per i disoccupati di lungo periodo. Sgravi anche per le imprese che innovano e che investono nelle energie rinnovabili. E ancora, un aumento della tassa di successione dal 35% al 40% sulle proprietà che superano il valore di 10 milioni di dollari e un innalzamento dell’aliquota fiscale al 20% per i dividendi e i capital gains delle persone sopra i 400.000 dollari l’anno e le famiglie sopra i 400.000 dollari. Per i tagli alla spesa pubblica tutto è invece rinviato di due mesi. Due mesi in cui ci si gioca tutto, visto che secondo il Congressional Budget Office, l’ufficio parlamentare che si occupa di valutare l’impatto finanziario dei vari provvedimenti, l’accordo sul ‘fiscal cliff’ causerà un ulteriore aumento del deficit federale di circa 4.000 miliardi di dollari in dieci anni.