Francia: silicone killer in protesi al seno, 30mila donne devono rimuoverle

ROMA – Il rischio è quello di poter sviluppare tumori. Per questo, in Francia 30.000 donne che hanno avuto impiantata una protesi al seno di tipo Pip sono state richiamate dalle autorità sanitarie per rimuovere le protesi incriminate che, benché fuori dal mercato da circa due anni, fanno paura pure in Italia. Sarebbero infatti circa 4-5 mila le donne che nel nostro Paese hanno una protesi di questo tipo. E se in Francia l’allarme cresce – le donne interessate dovranno rimuovere le protesi prima del fine settimana – il ministro della Salute Renato Balduzzi, alla luce dei fatti, ha convocato d’urgenza il Consiglio superiore di sanità per un parere. La riunione si terrà giovedì prossimo 22 dicembre.

La stima in base alla quale sarebbero circa 5.000 le donne italiane portatrici di una protesi di tipo Pip è “una stima la cui attendibilità valuteremo. Per ora non c’è assolutamente ragione di creare allarme”. Lo ha detto il ministro della Salute, Renato Balduzzi. Il ministro ha ricordato come già nel 2010 il Ministero della Salute abbia diramato una circolare con la quale si invitata a non utilizzare le protesi Pip. Quanto alle eventuali iniziative da prendere, “aspetteremo – ha detto Balduzzi – che le autorità francesi definiscano un piano di azione, e alla luce del parere del Consiglio Superiore di Sanità e del piano francese valuteremo le azioni da prendere”. Allo stato, ha ribadito Balduzzi, “non esiste alcuna evidenza scientifica che possa creare panico”.

Le protesi, fabbricate dal 2001 dall’azienda francese Poly implant prothese (Pip) ed oggi fuori dal mercato, sono finite sotto accusa poiché fabbricate con silicone diverso da quello dichiarato alle autorità sanitarie e destinato invece ad usi industriali. Possono perciò lacerarsi provocando infiammazioni, ma anche, secondo vari esperti, forme tumorali. “Secondo una stima generale – spiega il chirurgo plastico Giulio Basoccu, dell’Università La Sapienza di Roma – le protesi Pip arrivate e utilizzate in Italia sono all’incirca il 10-15% di quelle prodotte e utilizzate in Francia. Dunque, si stima che le Pip impiantate a donne in Italia siano circa 4-5.000”. Il problema, avverte l’esperto, è che molte pazienti italiane “potrebbero non essere a conoscenza del tipo di protesi che è stata loro impiantata, e dunque potrebbero non sapere di avere un impianto Pip”. Questo perché, spiega Basoccu, “queste protesi, dal costo contenuto, é probabile siano state utilizzate specie in strutture non altamente qualificate o ambulatori chirurgici che non rilasciavano cartelle cliniche. La difficoltà oggi potrebbe dunque essere quella di riuscire a risalire a tutte le donne che hanno avuto tali impianti”.

Da qui il consiglio dell’esperto: “Tutte le donne con protesi al seno che non conoscono quale tipo di protesi sia stata loro impiantata o che hanno il sospetto che sia stata utilizzata una protesi di bassa qualità, è bene che si rivolgano al chirurgo che ha eseguito l’impianto chiedendo informazioni o, se ciò non é possibile, che facciano delle indagini di controllo”. L’allarme per le protesi a rischio era scattato lo scorso anno e già nell’aprile 2010, con una circolare, il ministero italiano invitava gli operatori sanitari a non usare tali dispositivi, dopo che il 30 marzo 2010 l’Autorità francese ne aveva comunicato il ritiro. Nella circolare, il ministero della salute invitava inoltre a “mettere in quarantena” le protesi Pip e a “segnalare eventuali incidenti”. Contemporaneamente, era stato chiesto al Comando dei Carabinieri per la Tutela della Salute (Nas) di verificare la presenza sul territorio nazionale del prodotto e di operare affinchè non potesse essere più distribuito.