Frattini richiama ambasciatore a Brasilia

ROMA – Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha deciso il richiamo temporaneo a Roma, per consultazioni, dell’Ambasciatore a Brasilia Gherardo La Francesca, dopo la decisione del Tribunale Supremo Federale brasiliano che ha negato l’estradizione in Italia di Cesare Battisti, consentendone la scarcerazione. Lo rende noto la Farnesina. Il richiamo, si legge nella nota, è stato deciso “per approfondire, insieme alle altre istanze competenti, gli aspetti tecnico-giuridici relativi all’applicazione degli accordi bilaterali esistenti, in vista delle iniziative e dei ricorsi da esperire in merito nelle sedi giurisdizionali internazionali”.

LULA, NON COMMENTO DECISIONI DELL’ALTA CORTE – “Non commento le decisioni del Supremo Tribunal Federal”: è la prima reazione dell’ex presidente Lula, dopo la liberazione di Cesare Battisti a seguito della sentenza con la quale l’Alta Corte brasiliana ha ieri ordinato il rilascio dell’ex terrorista rosso. Durante una cerimonia nella città di Curitiba in cui ha ricevuto l’omaggio delle associazioni per il riciclaggio della carta del Brasile, Lula non ha voluto fare altri commenti sulla vicenda, nonostante il pressing dei cronisti locali. Lo scorso 31 dicembre, nell’ultimo giorno della sua presidenza, Lula ha respinto l’estradizione di Battisti richiesta dell’Italia, decisione poi ribadita dal suo successore, l’attuale presidente Dilma Rousseff.

D’ALEMA, BRASILE CI HA FERITO, VICENDA MOLTO GRAVE – “Quella di Battisti è una vicenda molto grave. Io sono amico del Brasile, ma questa decisione non gli fa onore. Apre una ferita, perché i terroristi vanno puniti dalla legge e non messi in libertà”. Lo sostiene ai microfoni di Sky Tg 24 Massimo D’Alema. L’esponente del Pd aggiunge anche una critica al governo osservando che sulla vicenda “poteva essere più efficace”.

PRIMO GIORNO DI LIBERTA’ E SUBITO SCOMPARE
di Oliviero Pluviano e Dario Pignotti
Poche ore di libertà, una notte in un albergo nel centro di Brasilia e Cesare Battisti è già uccel di bosco, almeno per i tanti giornalisti che lo stanno cercando. Probabilmente già a Rio de Janeiro o a san Paolo, a poche ore dalla sua scarcerazione, avvenuta nel cuore della notte, poche ore dopo che il Supremo Tribunale Federale (Stf) ha decretato l’insussistenza della richiesta italiana per la sua estradizione. Dopo aver rivisto con la sua ragazza carioca, una mulatta chiamata Joice, ha fatto perdere le proprie tracce evitando accuratamente la stampa: nessuno sa dove sia andato ora, ma fonti del gruppo che lo ha appoggiato in questi quattro anni di reclusione in Brasile, hanno rivelato che ha lasciato sicuramente la capitale. Joice Lima è stata una delle prime ad accogliere l’ex terrorista rosso che a mezzanotte è sfrecciato con un’auto nera condotta da uno dei suoi legali fuori dai cancelli del carcere della Papuda a Brasilia. Un saluto con la mano, uno sguardo felice ma molto stanco, una camicia bianca. Questo è tutto quello che i giornalisti e i fotografi hanno potuto fermare dell’ex terrorista rossa che da decenni riesce ad evitare le prigioni italiane. “E’ un uomo traumatizzato”, ha detto di lui il suo avvocato Luis Roberto Barroso. Dopo una manovra diversiva che ha fatto credere a tutti i media che avrebbe passato la notte in un condominio vicino al penitenziario, Battisti si è in realtà diretto con Joice all’Hotel Manhattan Plaza, nella zona alberghiera della città di Oscar Niemeyer. “Ha trascorso qui tre o quattro ore, poi ha chiuso il conto: ha pagato quasi 200 euro. Poi se ne è andato che era ancora buio”, ha detto un funzionario della reception dell’hotel. Joice, sui trent’anni, capelli lunghissimi aveva animato ieri sera – anche ballando il samba – la manifestazione di una cinquantina di simpatizzanti di Battisti sul prato della Piazza dei Tre Poteri di fronte alla Corte Suprema. Probabilmente l’ex militante dei Pac (Proletari Armati per il Comunismo) ha raggiunto con un piccolo jet affittato dal suo avvocato, Luis Eduardo Greenhalg, la residenza del legale a San Paolo. Lui infatti non può viaggiare in Brasile su un aereo di linea perché, essendo stato liberato questa notte di fretta e furia dal presidente del Stf, Cezar Peluso, non ha ancora un passaporto, una carta d’identità né un permesso di lavoro. Fonti della sua difesa affermano però di avere già presentato ai ministeri della giustizia e del lavoro tutti i documenti necessari per regolarizzare il suo status migratorio visto che l’asilo politico gli è già stato negato due anni fa dalla Corte Suprema. Il fatto che non abbia rilasciato dichiarazione e che si sia nascosto alla stampa confermano il low profile che Battisti ha assunto dai primi tempi della sua detenzione, dopo l’arresto avvenuto a Rio l 18 marzo 2007. Ha sempre rifiutato interviste con i mass media preferendo dedicarsi in solitudine alla scrittura dei suoi libri gialli.

ITALIA NON MOLLA, BERLUSCONI: ANDREMO ALL’AJA
di Marco Galdi
Non finisce qui. L’Italia ha preso “un pugno nello stomaco” come quello provato dai figli delle vittime di Cesare Battisti, ma non si arrende. Ricorrerà al Tribunale internazionale dell’Aja contro la decisione della Corte suprema di Brasilia che ha negato l’estradizione dell’ex terrorista condannato a quattro ergastoli e lo ha rimesso subito in libertà. Il ricorso alla corte dell’Onu lo ha annunciato il ministro degli Esteri, Franco Frattini. La proposta del capo della diplomazia è arrivata mentre Battisti passava la notte brasiliana in un albergo con la fidanzata e l’Italia si svegliava unita in uno sdegno bipartisan. Napolitano ha dato subito il “pieno appoggio” all’iniziativa del capo della Farnesina. Indignato, il capo dello Stato ha parlato di decisione che “lede gli accordi e l’amicizia”. Poi è sceso in pista il presidente del consiglio Silvio Berlusconi. “E’ stato ferito il nostro senso della giustizia e coloro che hanno subito quella vicenda” ha detto, confermando che l’Italia percorrerà anche l’ultima strada per far scontare a Battisti la sua pena. Il Brasile “resta un paese amico”, ha osservato il premier, calmando gli animi di quanti volevano arrivare a mettere in discussione le relazioni commerciali. “Non possiamo fare la guerra”. Di qui la decisione: “Ricorreremo al tribunale dell’Aja”. L’Italia lo farà, ha detto Berlusconi, perche “siamo convinti delle nostre buone ragioni ed abbiamo fatto tutto quello che era nelle nostre possibilità”. Dall’Aja, sede del Tribunale internazionale di giustizia dell’Onu, noto anche come Corte mondiale ed istituito nel 1945 con la Carta delle Nazioni Unite quale massimo organo di giustizia con due missioni (dirimere le controversie fra Stati sull’applicazione del diritto internazionale e dare pareri giuridici consultivi agli organi dell’Onu), hanno fatto sapere di essere pronti a valutare l’istanza “se ci sarà una richiesta”. Come primo atto preliminare, per portare le proprie ragioni, l’Italia dovrà inviare all’Aja una “richiesta introduttiva di istanza”, sulla base della quale la Corte sarà chiamata a valutare se il ricorso è ricevibile. Il Brasile però potrebbe a sua volta presentare un ricorso per contestare la competenza della Corte dell’Aja. I tempi, per quella che comunque sarà una questione di applicazione del diritto internazionale e non certo un ricorso contro la decisione della Corte Suprema di scarcerare Battisti, saranno in ogni caso lunghissimi. “Per dirimere una controversia sulla competenza, in genere servono mesi”, ha avvertito il capo del dipartimento di informazione della Corte, Andrey Postakukhin. “Il giudizio sul merito poi può prendere anche anni”. Ma l’Italia ha deciso di provarci lo stesso come ultimo tentativo, dovuto ai parenti delle vittime e alla sua stessa dignità nazionale.