I ribelli Pdl salgono a quota 20 il governo senza maggioranza

ROMA – I ribelli, finora, hanno viaggiato in ordine sparso. Adesso vogliono offrire la prova di forza finale contro Berlusconi: un gruppo parlamentare da costituire tra domani e dopodomani. Venti deputati che si uniscono sotto la stessa sigla per chiedere al premier di lasciare mandando in frantumi la maggioranza. Si potrebbe chiamare, fantasticando, “PI”: il gruppo del “passo indietro”. Giustina Destro, che si è sfilata dal Pdl qualche giorno fa, lo annuncia senza esitazioni: “Siamo pronti”. Nomi e cognomi sono nel taccuino di chi sta organizzando il dissenso. Alcuni già noti, ma non sufficienti per avere un proprio spazio autonomo alla Camera. Quelli tenuti coperti però fanno schizzare all’insù le adesioni e gettano nel panico Denis Verdini e gli altri reclutatori del Pdl.

I firmatari della lettera che ha messo in mora il premier mercoledì scorso costituiscono il nucleo chiave del gruppo. Sono Roberto Antonione, Fabio Gava, la Destro, Isabella Bertolini, Giorgio Stracquadanio e Giancarlo Pittelli. Nessuno di loro si è mosso, nessuno ha ceduto ai ripensamenti. A questa pattuglia bisogna aggiungere Giuliano Cazzola e Giancarlo Mazzuca. Bolognesi, il primo ex sindacalista il secondo ex direttore del Resto del Carlino. Sono in sofferenza e non lo nascondono.

Credono a un nuovo governo Pdl-Lega ma senza Berlusconi. Sponsorizzano l’ipotesi Letta. Aspettano, trepidano. Potrebbero votare il Rendiconto e poi salutare la baracca governativa. Vacilla un fedelissimo della maggioranza come Pippo Gianni. Il suo partito, il Pid, è stato il più premiato dopo il 14 dicembre con l’assegnazione di un ministero a Saverio Romano nonostante i guai giudiziari. Eppure Gianni non si nasconde e mette nero su bianco il suo disagio. Siamo a quota 9, lontani dalla meta.

I riflettori adesso sono puntati sulla improvvisa defezione di tre responsabili. Giovedì hanno lasciato Popolo e Territorio, il gruppo di Silvano Moffa, Arturo Iannacone, Elio Belcastro e Americo Porfidia. Sono passati al gruppo Misto garantendo la fiducia all’esecutivo. Ma la loro può essere solo una tappa di avvicinamento alla sfiducia. Si era parlato di dissidi con il capogruppo, cosucce personali da risolvere con una bella chiacchierata. Non è così. Giustina Destro conteggia anche i tre. Ieri i ribelli consideravano conquistata alla causa anche l’ex olimpionica Manuela Di Centa. Lei smentisce con decisione: “Farò quello che mi dice di fare Berlusconi”. Eppure il nome compare nel taccuino di Antonione, friulano come lei.

Manca lo sprint decisivo. Michele Pisacane e Antonio Milo hanno già tenuto Berlusconi con il fiato sospeso durante il voto di fiducia del 14 ottobre. Pisacane creò ad arte un po’ di suspence entrando per ultimo nell’aula di Montecitorio. Il loro disagio però è sempre presente. E può portare il gruppo del dissenso a 15 deputati. Ma Cicchitto, Verdini e Alfano sanno che sono molti di più i parlamentari pronti alla fuga. E l’approdo in un gruppo autonomo è sicuramente più appetibile di una frammentazione nei gruppuscoli del maldipancia che si sono formati in queste ultime settimane.

Questi movimenti nella maggioranza vengono seguiti e spinti dai sostenitori dell’esecutivo di emergenza. Gianfranco Fini manda un messaggio al premier: “Se lascia può scegliere lui il successore”. E Pier Ferdinando Casini garantisce un futuro a chi pensa al dopo Silvio: “In questo momento serve un armistizio tra tutte le forze politiche, non le elezioni anticipate”.

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