Il “migrante del sud” malato: spostarsi per essere curato

Molti italiani, ogni anno, sono costretti a spostarsi per ricevere cure migliori. Si parla di circa ottocento mila persone. Che il modo di curarsi in italia sia diverso non è difficile immaginarselo. Parliamo, ad esempio, della cure tumorali. Da anni le associazioni di pazienti e oncologi denunciano ritardi nell’ottenimento dei nuovi farmaci specifici: fino a tre anni di passaggi burocratici con discriminazioni verso pazienti che si trovano penalizzati nella loro regione di residenza. Alcune associazioni denunciano la pesante entità delle migrazioni sanitarie interne alla penisola, con una situazione significativamente grave in Calabria dove quasi quattro pazienti su dieci decidono di andare a farsi operare in un’altra regione. I “migranti del sud”, appunto. Una di queste associazioni, l’ Aiom, evidenzia che ogni anno quasi ottocento mila connazionali (colpiti da tumori) sono costretti a cambiare regione per curarsi. Le partenze avvengono soprattutto dal Sud verso il Nord ed in particolare verso Milano. Il flusso “migratorio” è poi sezionabile con partenze dalla Campania (55 mila) dalla Calabria (52mila) dalla Sicilia (33mila) dall’Abruzzo (12 mila) e Sardegna (10 mila). Molti disagi per malati e familiari. Il problema è di non poco conto anche per il bilancio del Servizio Sanitario Nazionale, visto che il complessivo aspetto economico annuo di queste migrazioni sanitarie è pari a due miliardi di euro. A preoccupare, in particolare, la situazione in Calabria, dove il 62% dei cittadini con tumore del polmone e il 42% di quelli con tumore al seno si recano fuori regione per eseguire l’intervento chirurgico. Complessivamente, considerando la chirurgia per le malattie più importanti (seno, polmone, colon retto, vescica, prostata e tumori ginecologici), la migrazione sanitaria in Calabria raggiunge il 37 per cento dei malati, con praticamente 2000 ospedalizzazioni nel 2012 fuori dai confini regionali. A queste si aggiungono 1.941 ricoveri per chemioterapia extra regione, che rappresenta il 10 per cento circa del totale dei trattamenti medici.
Questi dati sono allarmanti e richiederebbero interventi urgenti, a partire dalla realizzazione della Rete oncologica della Calabria e dei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali. Il divario nella qualità dell’assistenza rispetto alle altre regioni riflette la scarsa fiducia dei cittadini calabresi nei servizi locali. In Calabria nel 2016 sono stimati 10.400 nuovi casi di tumore. Le migrazioni conducono i pazienti verso le strutture della Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna ma anche verso territori vicini, come Basilicata, Sicilia e Puglia. L’ Associazione Aiom evidenzia che l’attuale dotazione di strutture risulta non adeguata rispetto alle esigenze assistenziali della regione. Il provvedimento del commissario attuale stabilisce di privilegiare ricoveri giornalieri e soprattutto prestazioni terapeutiche ambulatoriali con riduzione dell’uso del ricovero ordinario. La rimodulazione della quantità e qualità dell’offerta implica soprattutto l’incremento del numero di interventi di chirurgia oncologica. Circa l’ ottanta per cento degli ospedali italiani ha volumi di attività chirurgica oncologica troppo bassi, mentre dove si fa un numero maggiore di interventi (e quindi più esperienza) si hanno esiti migliori e la mortalità sensibilmente inferiore. La sfiducia nei servizi regionali è causa di un’offerta mal proporzionata alle esigenze della popolazione, con organici totalmente inadeguati in alcune realtà. Non va sottovalutata anche la complessità del territorio che obbliga a portare i servizi oncologici in zone spesso disperse e poco popolate. È urgente intervenire quanto prima, ripetono dall’Associazione Aiom,  con la costituzione di un’autorità centrale regionale con funzioni di coordinamento della rete già deliberata, in grado di governare i collegamenti tra le diverse strutture e di pianificare l’uso delle risorse, realizzando (con tempistiche certe) tutti i vari step che devono portare alla disponibilità e massima fruizione, da parte della popolazione, della rete in ambito oncologico.malattia-tumore-malati-dal-sud