Libia: Si combatte a Zawiya

Combattimenti violenti sono in corso nella città libica di al-Zawiya, 40 km. a ovest di Tripoli, dove le forze fedeli al rais Muammar Gheddafi con carri armati hanno sfondato le linee dei ribelli: lo dice l’emittente araba Al Jazira, che ha sentito in diretta alcuni testimoni. Ieri la tv ufficiale libica aveva annunciato che le forze governative avevano ripreso il controllo della città.
Un testimone, un residente ad al-Zawiya, contattato al telefono da Al Jazira, racconta con tono concitato che “ci sono pesanti bombardamenti sulla città con carri armati, armi pesanti e mortai mentre i ribelli stanno cercando di resistere con mezzi di fortuna. Loro (le forze fedeli al regime) non hanno pietà e sono estremamente brutali. Cioé un gran numero di feriti e un sacco di gente ammazzata nelle strade”. Il testimone dice che “non c’é pietà nei confronti dei civili”. L’inviato di Al Jazira International ad al-Zawiya, Tony Birtley, scrive sul live blog dell’emittente qatariota che la città “é nelle mani delle forze di Gheddafi, ma, apprendiamo, i combattimenti continuano”. Un blogger riferisce di almeno sei carri armati che trasportavano quelli che vengono descritti come “mercenari” di Gheddafi sono stati dati alle fiamme.

Un’inviata di Sky a al-Zawiya, Alex Crawford, ha detto che alcuni minuti fa i ribelli hanno annunciato di aver respinto l’attacco delle forze governative e che ora festeggiano nelle strade la vittoria. La giornalista scrive che 25-30 carri armati stamani hanno attaccato all’alba da est la città, che si trova a una quarantina di chilometri a ovest di Tripoli, e che la battaglia é durata circa due ore e mezzo. “Ma alla fine i ribelli hanno vinto. La gente sta ora festeggiando nella piazza principale, cantando e sparando in aria”. La giornalista dice anche di vedere “una dozzina di cadaveri di combattenti pro-Gheddafi in terra” e almeno “tre carri armati distrutti” dai ribelli. Un blogger da al-Zawiya dice che in città sono tuttavia presenti dei cecchini.

RAS LANOUF, ALMENO OTTO MORTI IN COMBATTIMENTI IERI – Almeno otto persone sono morte e altre 21 sono rimaste ferite nella città libica di Ras Lanouf, strategica cittadina petrolifera sul mare nell’est della Libia, dove ieri si sono verificati violenti combattimenti fra ribelli e forze fedeli a Muammar Gheddafi. Lo dicono fonti ospedaliere dalla vicina Ajdabiya. Sulla sorte di Ras Lanouf ieri le notizie erano contraddittorie: ieri gli insorti hanno proclamato di aver conquistato la cittadina, smentiti però subito dal viceministro degli esteri, Khaled Kaaim, secondo il quale le forze governative ne mantenevano saldamente il controllo.

La Libia ha chiesto al Consiglio di sicurezza dell’Onu la revoca delle sanzioni imposte contro il regime di Muammar Gheddafi il 27 febbraio scorso per la repressioni delle proteste messe in atto dai suoi oppositori. In una lettera indirizzata al Consiglio, si sottolinea che il ricorso alla forza contro i manifestanti è stato “minimo” e che il governo è rimasto “stupefatto” per le misure varate sabato scorso. La lettera reca la data del 2 marzo ed è stata firmata da Musa Mohammed Kousa, il responsabile del Comitato popolare per le relazioni esterne (ministero degli esteri). Nella missiva, Tripoli chiede che l’interdizione all’espatrio e il congelamento dei beni di Gheddafi e del suo ‘entourage’ vengano “sospesi fino a quando la verità non verrà accertata”.

La lettera è la prima comunicazione diretta tra Libia e Consiglio di sicurezza dopo il varo delle sanzioni. In un’intervista rilasciata alla Tv serba ‘Pink’ poche ore dopo, Muammar Gheddafi aveva affermato che la risoluzione “non ha alcun valore”. In una seconda intervista concessa il giorno successivo a Tripoli alla Abc, alla Bbc e al Sunday Times, Gheddafi aveva invitato l’Onu ed altre organizzazioni internazionali ad effettuare una missione in Libia per chiarire la situazione. La risoluzione 1970, approvata all’unanimità dai Quindici, prevede tra l’altro il blocco dei beni di Muammar Gheddafi e di alcuni suoi familiari e dignitari del regime, un embargo sulle forniture di armi, oltre a un deferimento alla Corte penale internazionale dell’Aja (Cpi).

ARRIVATO AL CAIRO C130 ITALIANO CON 90 EGIZIANI – Poco prima delle 2 (ora locale, l’1 ora italiana) un C130 della 46/a aerobrigata dell’Aeronautica Militare di Pisa proveniente da Djerba, in Tunisia, è atterrato all’aeroporto del Cairo con a bordo 90 profughi egiziani. Subito dopo è anche arrivato un aereo civile, della Air Italy, con 200 profughi, sempre proveniente da Djerba, e poco prima uno dell’operatore turistico britannico Thomas Cook. Ad accogliere in aeroporto il velivolo militare era il comandante della Marina Militare Maurizio di Giovanni, capo dell’ufficio militare italiano presso l’Ambasciata del Cairo. I profughi dovrebbero anche entrare in contatto con le autorità egiziane. “Sono stanchi e provati, alcuni di loro hanno anche atteso giorni prima di riuscire a partire – ha detto all’ANSA di Giovanni – ma sembrano tutti in buone condizioni di salute”. Alcuni sono avvolti in coperte colorate, altri indossano tute azzurre della nazionale di calcio italiana e portano con sé ingombranti pacchi e bagagli nei quali hanno cercato di portar via tutto quello che potevano dei loro beni. Il C 130 italiano è stato inviato da Roma su richiesta del governo egiziano per aiutare a rimpatriare centinaia di migliaia di cittadini egiziani che vivevano in Libia (secondo dati non controllati si parla di un milione e mezzo di egiziani) e dei quali il rientro è in corso da giorni con aerei dell’Egyptair, ma anche velivoli e navi egiziani e di altri paesi e dell’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’Onu (Unhcr), che guida le operazioni. Una missione tecnica con funzionari dei ministeri degli esteri, dell’interno, della difesa e rappresentanti della Croce Rossa e della protezione civile era arrivata ieri a Djerba da Roma ed aveva compiuto subito un sopralluogo nel campo di raccolta profughi dell’Unhcr di Ras Jedir, punto di raccolta per tutti coloro che stanno fuggendo dalla Libia.

Intanto e’ stato un venerdi’ di guerra in Libia dove l’esercito ha lanciato una controffensiva in Cirenaica, bombardando un deposito di armi a Bengasi, Brega, la vicina Ras Lanuf e Ajdabiya, e in Tripolitania, dove la tv di Stato ha annunciato di aver riconquistato Zawiya, citta’ a soli 40 km da Tripoli di enorme importanza strategica perche’ sede della piu’ importante raffineria del Paese nordafricano ma dove l’esito della battaglia non sarebbe ancora certo. Nella capitale e’ invece esplosa nuovamente la rabbia anti-Gheddafi davanti ad alcune moschee al termine della preghiera del venerdi’.

Per la seconda settimana consecutiva, sulla scalinata della moschea di piazza Algeria, nel quartiere italiano, un centinaio di persone che intonavano cori contro il leader libico sono state disperse a raffiche di kalashnikov in aria, mentre nel quartiere periferico di Tajoura la polizia ha sparato lacrimogeni contro i manifestanti usciti dalla moschea. Le notizie che giungono da Zawiya sono contraddittorie e drammatiche: la tv libica ha annunciato che l’esercito ha ucciso ”il capo dei terroristi”, Hussein Darbuk, e ripreso i 19 carri armati sottratti venerdi’ scorso dagli insorti dalla locale caserma dell’esercito. ”Abbiamo spazzato via i terroristi da Zawiya”, ha annunciato l’emittente.

Testimoni citati da Al Jazira parlano di oltre 50 morti e 300 feriti, altri contattati dall’agenzia Reuters di una trentina di vittime. Il governo libico ha poi precisato che spera di riprendere il controllo totale della citta’ ”possibilmente in serata”, mentre i ribelli confermano che Zawiya e’ martellata dall’artiglieria e che il loro comandante e’ stato ucciso. Fonti ospedaliere riferiscono poi di numerose vittime anche nell’est. A Bengasi e’ stato bombardato un deposito di munizioni a sud della citta’ e fonti mediche parlano di 17 morti e oltre 20 feriti. Si e’ combattuto anche a Brega, la cui sorte resta incerta, e nel vicino centro petrolifero di Ras Lanuf. Gli insorti affermano di averlo preso ma da Tripoli le autorita’ hanno smentito. Un inviato della Cnn, Ben Weteman, in un messaggio su Twitter rilanciato dalla BBC ha confermato che la cittadina sarebbe controllata dagli anti-governativi. L’esercito di Gheddafi ha anche bombardato Ajdabiya, dove gli insorti custodiscono il proprio arsenale.

L’eco dei combattimenti e’ arrivato anche nella capitale Tripoli, saldamente sotto il controllo delle forze governative, dove si sono ripetute manifestazioni di protesta davanti ad alcune moschee dopo la preghiera del venerdi’. Davanti alla moschea di piazza Algeria, che sorge nell’edificio che ospitava l’ex cattedrale cattolica, in pieno quartiere italiano, si sono radunati oggi un centinaio di sostenitori del Colonnello giunti a piedi e in macchina sventolando bandiere verdi della Jamahiriya e innalzando foto del leader libico. Al termine della cerimonia religiosa e’ salita la tensione. Dopo i primi accenni di protesta, un miliziano in borghese ha esploso una raffica di kalashnikov in aria. Il miliziano e’ stato prontamente disarmato da un agente di polizia, ma i fedelissimi di Gheddafi, alcuni armati di bastone, hanno aggredito due dimostranti. Fonti ufficiali riferiscono che uno dei due aggrediti aveva una pistola. I due sono stati sottratti a stento al linciaggio della folla da una decina di poliziotti in tenuta anti-sommossa e caricati a forza su un Suv che e’ partito sgommando. Da dietro la moschea si levava intanto una colonna di fumo nero mentre una decina di dimostranti preferiva barricarsi all’interno del luogo di culto per sottrarsi alla rabbia dei sostenitori di Gheddafi che inveivano contro gli insorti, l’Occidente e la stampa internazionale. Due cameramen, un americano e un venezuelano sono stati spintonati dalla folla e c’e’ voluto l’intervento della polizia per evitare che la situazione degenerasse. Sulla piazza e’ comparso anche uno striscione in inglese su cui c’era scritto: ”all’inferno chi interviene negli affari interni degli altri Paesi”.

Testimoni riferiscono di scontri anche a Tajoura, gia’ teatro nelle due settimane di rivolta di numerosi episodi di violenza. All’uscita dalla moschea dopo la preghiera, circa 300 persone hanno intonato slogan contro il regime. La polizia ha sigillato il quartiere, impedendo l’accesso anche ai libici. Fonti ufficiali riferiscono che le forze di sicurezza sono intervenute usando gas lacrimogeni, mentre secondo alcuni abitanti del quartiere ci sarebbero stati anche spari da parte dei governativi. Nessuna protesta invece in altri due quartieri di Tripoli, Suk Juma e Fashlum, dove venerdi’ scorso si erano affrontati oppositori al regime e forze di sicurezza. Fonti dell’opposizione che non possono essere verificate direttamente sostengono che nei giorni scorsi molti oppositori sono stati identificati e arrestati anche grazie ai filmati trasmessi dalle tv straniere. Il vescovo cattolico di Tripoli, Giovanni Martinelli, conferma gli scontri di oggi a Tajoura: ”Ho sentito che ci sono stati violenti incidenti ma nessuna vittima, per quello che mi risulta”, dice al telefono.

GHEDDAFI ‘WANTED’, AVVISO ARANCIO INTERPOL – Muammar Gheddafi a mezzobusto con il suo tipico copricapo appare sul ‘Security Alert’ diffuso oggi da Interpol alle 188 polizie degli stati membri dell’Organizzazione internazionale della polizia criminale, con base a Lione, in Francia. Un’allerta ”arancio”, non per arrestare il rais e i 15 fedelissimi indicati nell’avviso, ma per mettere in guardia gli stati sui pericoli legati ai movimenti del leader libico e del suo entourage, ma anche dei loro beni.

ONU: CALA ESODO IN TUNISIA, ARRIVI IN ALGERIA E NIGER – E’ in netto calo il numero di civili che giunge in Tunisia dalla Libia: la frontiera sul lato libico risulta ora controllata da uomini delle forze filogovernative pesantemente armati e si cominciano a registrare alcuni arrivi piu’ a sud, in Algeria e in Niger. Lo hanno riferito a Ginevra le agenzie umanitarie dell’ Onu . ”L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) teme che ai civili sia impedito di fuggire dalla Libia” in Tunisia, ha detto la portavoce dell’Unhcr Melissa Fleming. Il numero di civili in fuga dalla violenza in Libia e’ sceso sensibilmente, da mercoledi’ pomeriggio.

NAPOLITANO: GHEDDAFI STA SFIDANDO IL MONDO, SI FERMI – In Libia la situazione si e’ complicata, ormai ”siamo di fronte a un atteggiamento di aperta sfida del colonnello Gheddafi alla comunita’ internazionale, ad una provocazione nei confronti dei protagonisti della vita internazionale che hanno detto basta ai bombardamenti, basta alla repressione. Gheddafi deve fermare ogni azione militare diretta contro il suo popolo”, ha detto Giorgio Napolitano al consiglio per i diritti umani di Ginevra. L’Italia, ha aggiunto, sosterra’ ”qualunque sforzo” affinche’ la Libia rispetti i diritti umani e condivide la proposta di una inchiesta internazionale indipendente.

BERLUSCONI: SI’A CAMBIAMENTO,PRUDENZA SU QUOTE – Grande prudenza del presidente del Consiglio sul delicatissimo tema del congelamento dei beni libici in Italia, o meglio delle partecipazioni di Tripoli in importanti societa’ italiane come Unicredit, Finmeccanica o Eni. ”Occorre distinguere bene sulle partecipazioni della Libia in quanto popolo libico e le partecipazioni che invece sono attinenti ad una famiglia: quindi staremo molto attenti ad una distinzione”, ha spiegato in serata Silvio Berlusconi da Helsinki dove ha passato alcune ore per partecipare ad un vertice del Partito Popolare Europeo. Con queste parole il premier ha confermato l’attenzione con cui il Governo guarda alla possibilita’ che si possano congelare non solo i beni della famiglia Gheddafi o del suo entourage (come chiede la direttiva europea) ma anche le partecipazioni dei fondi sovrani e della banca di Libia. Berlusconi ha comunque confermato che serve un cambiamento ”come quelli avvenuti in Tunisia e in Egitto verso una democrazia che consenta di mantenere la relazione di preminenza per la nostra economia”’, e ha rilanciato l’idea di un piano Marshall per ”tutti i Paesi che stanno compiendo questo cambiamento”. Infatti, secondo il Governo, il sostegno alla crescita della sponda sud del Mediterraneo è l’unica strada da ‘battere’: “non possiamo dettare l’agenda”, ma aiutare “generosamente e senza tanti formalismi” i processi di transizione, aveva detto anche il ministro degli Esteri Franco Frattini annunciando che l’Italia potrebbe mettere sul tavolo fino a 1 miliardo di euro: convertendo i 600 milioni di crediti vantati da quei Paesi protagonisti delle rivolte di queste settimane in investimenti per le infrastrutture e offrendo altri 300 milioni di crediti e aiuti.

TREMONTI : ALLO STUDIO SANZIONI PIU’ AMPIE ALLA LIBIA – Sulle sanzioni alla Libia l’Italia sta ”applicando esattamente quanto si conviene nelle sedi internazionali”, ma a livello europeo e’ in discussione la possibilita’ di allargare le sanzioni alla Libia. Lo ha detto il ministro dell’Economia Giulio Tremonti , che a Istanbul, dove l’Aspen tiene un convegno sulle sfide poste dal Maghreb e Medio Oriente, ha evocato fra i rischi delle rivolte in Medio Oriente la possibilita’ che in futuro qualche Stato o Emirato possa decidere di smantellare i propri fondi sovrani che investono ingenti somme nelle economie occidentali. ”Abbiamo applicato la delibera dell’Onu e stiamo discutendo in sede europea sugli altri investimenti”, ha spiegato Tremonti durante una conferenza stampa a fianco del ministro dell’Economia turco (e vice-premier) Ali Babacan. A livello europeo e’ in discussione la possibilita’ di allargare le sanzioni alla Libia – per ora limitate alle operazioni direttamente riconducibili Gheddafi – al complesso degli investimenti libici all’estero. Da Bruxelles filtra, intanto, che non si esclude che il congelamento dei beni scattato per il colonnello Gheddafi e il suo regime possa essere esteso anche alle entita’ pubbliche e private controllate dall’entourage del rais e che detengono quote di partecipazione in molti gruppi societari europei.