Maro’: Ambasciatore italiano sotto pressione

NEW DELHI – L’ambasciatore d’Italia Daniele Mancini “non può lasciare l’India senza l’autorizzazione della Corte Suprema prima dell’udienza fissata dalla stessa per il 19 marzo”. Lo ha detto all’ANSA l’avvocato Dilijeet Titus, responsabile dello studio legale che assiste i marò.
“La Corte – ha proseguito il legale – ha emesso un’ordinanza, firmata dal suo presidente, Altamas Kabir, in cui si chiede all’ambasciatore Mancini di restare in India e di inviare una comunicazione entro il 18 marzo, in vista di un’ udienza che si terrà il 19 marzo”.

INDIA MINACCIA GRAVI CONSEGUENZE,’AMB.SOTTO TIRO’
di Maurizio Salvi
Un’altra giornata di muro contro muro sulla vicenda dei marò ha agitato oggi le relazioni italo-indiane a New Delhi. Il premier Manmohan Singh ha minacciato l’adozione di seri provvedimenti, l’ambasciatore d’Italia Daniele Mancini ha escluso l’ipotesi di abbandonare il suo incarico mentre il difensore di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone in Corte Suprema, Haris Salve, ha abbandonato l’incarico. In serata invece le parole del ministro degli Esteri Terzi che, da Israele, ha assicurato che l’Italia ha “molti motivi giuridicamente solidi per procedere nella direzione intrapresa”, riproponendo la soluzione dell’arbitrato internazionale. Sotto una pioggia di critiche provenienti dall’opposizione di centro-destra per l’annunciato non ritorno di Latorre e Girone, l’ottantenne premier Singh si è presentato alla Camera con una dichiarazione di pochi paragrafi che ha però ottenuto l’effetto di placare tutto l’arco politico. Il mio governo, ha proclamato, “ha chiarito che le azioni del governo dell’Italia non sono accettabili. Esse violano tutte le regole del comportamento diplomatico e rimettono in questione impegni solenni garantiti da rappresentanti accreditati di un governo sovrano alla nostra Corte Suprema”. Se l’Italia “non manterrà la parola data e non fa ritornare i marò a New Delhi – ha assicurato – vi saranno conseguenze nelle nostre relazioni” bilaterali. Quali siano esse il governo non ha precisato, preferendo aspettare formalmente la scadenza tecnica (il 23 marzo) delle quattro settimane concesse ai due per il loro secondo permesso in Patria prima di pronunciarsi. Ma la stampa, e soprattutto le tv ‘all news’, hanno martellato per tutta la giornata i telespettatori, sottolineando gli “aspetti gravissimi” della vicenda, l’ “oltraggio” alla Corte e “la trasgressione della parola data” di cui si è reso colpevole l’ambasciatore Daniele Mancini firmando una dichiarazione giurata, non onorata, a nome della Repubblica italiana, che potrebbe spingere il governo a chiederne il ritiro. Assediato dai giornalisti indiani, Mancini ha dichiarato che “negli ultimi 13 mesi abbiamo cercato di trovare una soluzione che passi attraverso la supremazia del diritto internazionale e il riconoscimento del fatto che si trattava di militari su un vascello italiano impegnati in una missione Onu a cui aderiscono Italia e India”. Pressato sull’ipotesi, da nessuno però ufficialmente formulata, di una sua espulsione, l’ambasciatore ha replicato: “Non lascerò il Paese fino a quando le autorità competenti non mi dichiareranno persona non grata”. Ma la strategia di difesa della decisione di trattenere Latorre e Girone in Italia ha ad un certo punto subito un colpo quando l’avvocato Harish Salve, il ‘principe del foro’ scelto per assistere in Corte Suprema i marò, ha platealmente annunciato la sua rinuncia all’incarico, sia per “essere stato tenuto all’oscuro delle decisioni prese”, sia per “non condividere assolutamente” le stesse. Salve, considerato uno dei dieci uomini più autorevoli dell’India in campo giudiziario, ha chiarito che “io sono in primo luogo un funzionario nella Corte ed è la prima volta nella mia carriera che mi capita una cosa del genere”. Senza scrupoli, e certi che la ragione nella vicenda sia dalla parte indiana, i media hanno bollato la decisione di Roma come “schiaffo”, “insulto” e “affronto”, mentre ben tre quotidiani hanno usato oggi introduzione ad articoli e commenti il titolo del film di F. Gary Gray ‘The Italian Job’ del 2003 su un colpo miliardario di una banda di rapinatori statunitensi che rubano lingotti d’oro in un palazzo di Venezia. E per finire è emerso anche un “giallo delle e-mail”. La tv ‘all news’ Times Now ha rivelato infatti di essere entrata in possesso – non si sa come – di messaggi elettronici inviati dai diplomatici dell’ambasciata d’Italia agli avvocati dello studio legale Titus e allo stesso Salve con informazioni legate alla richiesta di permesso per i marò e alla dichiarazione giurata dell’ambasciatore Mancini consegnata alla Corte Suprema.