Maro’ vanno in carcere. Italia, inaccettabile

(dell’inviato Maurizio Salvi) I giudici indiani hanno deciso: i marò devono andare in carcere, ma l’Italia resiste e il sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura è categorico: non saranno detenuti in una prigione comune. Dopo giorni di relativa quiete la sorte dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, implicati nella morte, il 15 febbraio, di due pescatori indiani nel Mar Arabico, è tornata ad infiammare le relazioni fra Roma e New Delhi quando su richiesta del sottosegretario agli Esteri italiano Staffan de Mistura si sono rifiutati di entrare in una cella del carcere centrale di Trivandrum. I militari italiani “non possono e non debbono essere detenuti in una prigione per detenuti comuni”, ha spiegato De Mistura in una dichiarazione formulata nell’anticamera del direttore della prigione, mentre la situazione nella nottata indiana era ancora irrisolta. “Non mi muovo da qui – ha insistito – fino a quando non avremo chiarito una situazione inaccettabile” che può essere chiarita “applicando il punto 6 della decisione giudiziaria che prevede la possibilità di collocazione alternativa”, come era avvenuto fino ad oggi in strutture di ospitalità della polizia di Kochi prima e Kollam poi. Al termine di 15 giorni di fermo cominciati il 19 febbraio, i marò sono comparsi davanti al magistrato A.K. Gopakumar che ha disposto il loro trasferimento per due settimane, fino al 19 marzo, nel carcere centrale di Trivandrum, nell’estremo sud dell’India. L’udienza si era aperta con una illustrazione da parte dell’avvocato difensore Suhail Dutt di una petizione formale del governo italiano in cui si chiedeva un trattamento di riguardo per Latorre e Girone, dato che erano a bordo della Enrica Lexie in servizio di Stato, e visto anche il clima ostile nei loro confronti creato dalla stampa indiana.

Curiosamente in disparte, prima in fondo in piedi e poi seduti su una panca, Latorre e Girone in divisa militare e basco hanno seguito il dibattito, scambiandosi di tanto in tanto battute, ma trascorrendo la maggior parte del tempo in silenzio. Il giudice si è ritirato quindi per oltre un’ora in camera di consiglio firmando una ordinanza in cui stabiliva l’invio dei due in carcere, lasciando però la porta aperta ad una scelta alternativa da parte della Direzione delle prigioni del Kerala. A questo punto, mentre i marò sotto il bombardamento dei flash salivano sulla jeep che li avrebbe portati a Trivandrum, il console generale Giampaolo Cutillo avviava una corsa contro il tempo per far accettare l’ipotesi di una sistemazione in una struttura che non fosse strettamente carceraria.

A dare man forte alla richiesta di Cutillo giungeva da New Delhi anche De Mistura che chiedeva ai marò di rifiutarsi di entrare in una cella del carcere comune, interpretando in questo moto la ferma nota della Farnesina che considerava questo stato di cose “inaccettabile”. Il reperimento di una residenza, certamente sorvegliata, ma adeguata allo status dei due militari era considerato dalla delegazione italiana come un elemento per poi potersi preparare meglio, in attesa della perizia tecnico scientifica sulle armi sequestrate a bordo della petroliera, alla decisiva battaglia rappresentata dalla causa in corso nell’Alta Corte di Kochi sulla territorialità dell’incidente e il diritto internazionale. In questo ambito le parti si confronteranno ancora domani, anche se non si attende una decisione immediata del giudice P.S. Gopinatha che, dopo aver ascoltato le ragioni per cui l’Italia rivendica la titolarità dell’eventuale processo, permetterà alla Procura indiana di formulare le proprie controdeduzioni. Tutto lascia ritenere che una soluzione definitiva per la detenzione dei marò (dopo tre mesi si potrà richiedere la libertà dietro cauzione), nonché i risultati delle perizie in corso nell’Istituto scientifico della polizia e la fine della causa sulla giurisdizione internazionale, si avranno in Kerala dopo il voto del 14 marzo che agita il mondo politico locale. E’ anche per questo che, temendo una reazione negativa dell’elettorato composto da molte famiglie di pescatori, ancora oggi il chief minister del Kerala, Oommen Chandy, ha dichiarato in un acceso dibattito al Parlamento che “le indagini proseguono nella giusta direzione” e che “nessuna clemenza verrà manifestata per gli imputati” italiani.

La soluzione provvisoria individuata per i marò all’interno del carcere di Trivandrum “ha salvato la loro dignità di militari” e “ci permette di lavorare ora per identificare nei prossimi giorni un altro luogo all’esterno che sia sicuro”. Lo ha detto oggi all’ANSA il sottosegretario agli Esteri italiano, Staffan de Mistura. “La pressione da noi esercitata – ha aggiunto – è stata enorme ed il risultato ottenuto il migliore possibile date le circostanze”. De Mistura ha ricordato che per raggiungere l’obiettivo ha chiesto a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone di non accettare l’ingresso in una cella comune ed avvertito il direttore del carcere Alexander Jacob che non si sarebbe mosso fino all’accettazione per i due di un trattamento adeguato al loro rango. “Alla fine – ha spiegato – abbiamo ottenuto per loro una casetta separata all’interno del penitenziario, ma senza contatti con i detenuti comuni, il mantenimento della divisa, la possibilità di mangiare cibo italiano ed anche più visite”. E durante l’orario delle visite, ha sottolineato, “i marò avranno anche a disposizione un telefono”. “Ho parlato a lungo con loro durante e alla fine della trattativa – ha ancora detto – e si sono mostrati consapevoli e dignitosi”. Ma lo sforzo per far applicare il punto 6 della decisione di ieri del magistrato di Kollam, che lasciava intravvedere per i due militari una sistemazione diversa da quella del carcere comune, continuerà nei prossimi giorni e secondo alcune fonti sarà più agevole dopo il voto previsto in Kerala il 17 marzo. “Lavoriamo in contatto con il capo della polizia e con il responsabile del carcere – ha proseguito De Mistura – per identificare un luogo all’esterno sicuro, come lo è anche questo”. L’ostacolo maggiore, si è infine appreso, è che qualunque edificio dovesse essere scelto, dovrebbe ricevere la figura giuridica di ‘carcere’ e questo richiede l’espletamento di alcune attività amministrative che possono richiedere tempo.