Medici di Bergamo disperati

“Siamo oltre il punto di collasso” e poi “Il 70% dei letti di terapia intensiva nel nostro ospedale è riservato a pazienti affetti da Covid-19 in condizioni critiche che hanno ragionevoli possibilità di sopravvivere”

Sono in quarantena dal 10 marzo i medici che si battono come leoni ogni giorno. Il grido arriva da tredici medici dell’ Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo in una lettera-denuncia pubblicata sul New England Journal of Medicine. La situazione sanitaria è veramente allo stremo e più che le parole servono fatti.

I medici in prima linea nel far fronte all’epidemia, valutando anche altri dati provenienti dagli ospedali circostanti, dimostrano che le strategie attuali non possono funzionare e che la situazione sul terreno è “catastrofica”.

Guardando alla pandemia globale,  occorre “uno sforzo transnazionale coordinato”. Se le misure di contenimento attuate per frenare il contagio – tra cui il distanziamento sociale – sono importanti, i numeri dicono che non bastano.

Struttura all’avanguardia dotata di 48 posti di terapia intensiva, parliamo dell’ Ospedale Giovanni XXIII, i medici riportano tutta la drammaticità: la struttura è “altamente contaminata e siamo già oltre il punto di collasso con 300 letti su 900 occupati da pazienti Covid-19. Il 70% dei letti di terapia intensiva nel nostro ospedale è riservato a pazienti affetti da Covid-19 in condizioni critiche che hanno ragionevoli possibilità di sopravvivere”. Sul piano operativo, il personale medico-sanitario si trova a lavorare “al di sotto dei nostri standard di cura e i tempi di attesa per un posto in terapia intensiva durano ore”.

Drammatiche oltre ogni immaginazione, sono le condizioni dei pazienti più anziani che “non vengono rianimanti e muoiono in solitudine, senza neanche il conforto delle cure palliative” mentre le loro famiglie vengono informate telefonicamente. Alla luce di queste criticità, i 13 medici chiedono con urgenza un cambio deciso per far fronte alla pandemia: il passaggio da un’assistenza sanitaria centrata sul singolo paziente – chiaramente inadeguata – ad una centrata sulla comunità. Ovvero soluzioni al Coronavirus destinate all’intera popolazione e non solo agli ospedali.

La situazione di Brescia e delle zone circostanti è lo stesso critica; carenza di respiratori e farmaci, ma anche di “esperti in sanità pubblica ed epidemie”, figure competenti cruciali in questo genere di crisi. “È un problema di cui ci eravamo occupati già, in tempi non sospetti”, sottolineano i medici, che tornano a denunciare il fatto che “le strutture ospedaliere siano esse stesse i principali vettori del Covid-19. Un problema già noto in tempi normali, ma che in piena pandemia si aggrava”. Infine la protezione medici, che “dovrebbe essere prioritaria”. Tra le soluzioni suggerite da questi eroi del Giovanni XXIII per alleggerire il carico degli ospedali: il potenziamento delle cure a domicilio e le cliniche mobili, per quasi azzerare gli spostamenti inutili.