Monti: ‘Né con Pdl, né Vendola’

(di Francesco Bongarrà) – Se Vendola lo bolla come “l’avversario”, Mario Monti rilancia. Il premier si professa a sua volta “elettoralmente avversario della sinistra, e a maggior ragione della sinistra di Vendola”; dicendosi però preoccupato anche per “la forte influenza della Cgil sullo schieramento di Bersani”. E il professore, che ora chiude anche al Pdl, lancia un monito: né il polo con la destra e la Lega né quello del Pd “con l’estrema sinistra” danno garanzie di andare avanti fino in fondo “con le riforme per scrostare l’Italia dagli interessi corporativi delle categorie”. Insomma, Monti va dritto per la sua strada, in una situazione di rottura tanto a destra quanto a sinistra. Se Vendola e Bersani gli restituiscono di buon grado le critiche (“si rassegni a perdere, non diventerà il badante di Bersani”), Berlusconi gli da significativamente del “professorino”, e chiude la porta ad ogni possibilità di collaborazione con “questo ‘centrino’ che annovera Casini, Monti e Fini”. Un concetto, questo, in linea con il ‘niet’ già duramente espresso da Alfano all’apertura di un dialogo da parte del premier con un Pdl “depurato” da Berlusconi, che quest’ultimo considera come il “tappo” alle riforme e la cui “presenza autorevolissima alla testa” del partito, sottolinea “non favorisce l’emergere delle voci riformiste”, che vanno invece “federate al massimo dall’una e dall’altra parte”. Parole che manifestano una ruggine che Monti non nega quando considera il proprio “orgoglio professionale e umano ferito” da Berlusconi. Fedelissimo a Monti, pur se mettendo i puntini sulle ‘i’ resta Pier Ferdinando Casini. Il leader dei centristi smentisce le voci di un distacco che si starebbe creando tra lui ed il premier (“tra noi c’é grande sintonia”, rivendica presentando i candidati dell’Udc alle regionali nel Lazio), di cui apprezza la “grinta” con cui affronta campagna elettorale. E, pur annunciando la prospettiva di gruppi parlamentari unici per i montiani, mette le mani avanti: “Monti è il migliore, ha salvato l’Italia, senza di lui saremmo finiti nel baratro”. Ma “senza l’Udc non ci sarebbe stato il suo governo e la svolta di questi mesi”, rivendica il centrista, sottolineando che, nella sintonia, lui e Monti “seminano terre diverse”: quella della “buona politica” e quella della “società civile” i cui rappresentanti in Parlamento, ricorda Casini, nella scorsa legislatura sono finiti con il lasciare in buona parte il Pd per trasferirsi nel Pdl. In ogni caso, Casini si dice indisponibile a “pateracchi” dopo il voto: se non ci sarà una maggioranza, rileva, c’é sempre la strada delle urne.