Monumenti d’Italia: il cenacolo vinciano

Nel 1494 Leonardo Da Vinci, deluso dall’abbandono forzato del progetto del monumento equestre a Francesco Sforza, ricevette un altro importante incarico da Ludovico il Moro che aveva eletto la chiesa domenicana di Santa Maria delle Grazie a luogo di celebrazione della casata Sforza.

Nela ristrutturazione del complesso venne anche commissionata l’abbellimento del refettorio cui Leonardo partecipò con la realizzazione dell’ultima cena.

Come è noto Leonardo non amava la tecnica dell’affresco, la cui rapidità di esecuzione, dovuta alla necessità di stendere i colori prima che l’intonaco asciughi imprigionandoli, era incompatibile con il suo modus operandi, fatto di continui ripensamenti, aggiunte e piccole modifiche. Scelse di dipingere quindi su muro come dipingeva su tavola: i recenti restauri hanno permesso di appurare che l’artista, dopo aver steso un intonaco piuttosto ruvido, soprattutto nella parte centrale, e steso le linee principali della composizione con una specie di sinopia, lavorò al dipinto usando una tecnica tipica della pittura su tavola.

Questa tecnica permise la particolare ricchezza della pittura, con una serie di piccole pennellate quasi infinite e una raffinata stesura tono su tono, che consentì una migliore unità cromatica, una resa delle trasparenze e degli effetti di luce, e una cura estrema dei dettagli, visibili solo da distanza ravvicinata; ma fu anche all’origine dei problemi conservativi, soprattutto in ragione dell’umidità dell’ambiente, confinante con le cucine.

Appena terminato il dipinto, Leonardo si accorse che la tecnica che aveva utilizzato mostrava subito i suoi gravi difetti: nella parte a sinistra in basso si intravedeva già una piccola crepa. Si trattava solo dell’inizio di un processo di disgregazione che sarebbe continuato inesorabile nel tempo; già una ventina di anni dopo la sua realizzazione, il Cenacolo presentava danni molto gravi .Le cause che provocarono quel degrado inarrestabile erano legate all’incompatibilità della tecnica utilizzata con l’umidità della parete retrostante, esposta a nord (che è il punto cardinale più facilmente attaccabile dalla condensa) e confinante con le cucine del convento, con frequenti sbalzi di temperatura; lo stesso refettorio era poi interessato dagli effluvi e dai vapori dei cibi distribuiti.L’opera nel tempo ha subito vari tentativi di restauro che cercarono di porre rimedio ai danni non ultimi quelli causati dalla seconda guerra mondiale quando il convento venne bombardato nell’agosto del 1943: venne distrutta la volta del refettorio, ma il Cenacolo rimase salvo tra cumuli di macerie, protetto solo da un breve tetto e da una difesa di sacchi di sabbia, rimanendo esposto per vari giorni ai rischi causati dagli agenti atmosferici. Nel 1977, dopo molti studi e ricerche, prese il via un grande e delicato progetto di restauro. Un’operazione destinata a durare più di un ventennio, e a mobilitare scienziati, critici d’arte e restauratori di tutto il mondo. L’opera è stata dichiarata nel 1980 patrimonio dell’umanità dall’Unesco, e insieme con essa vengono protetti anche la chiesa e il limitrofo convento domenicano.

Il restauro è stato concluso nel 1999.