Napolitano rieletto al Colle, storico bis

(di Federico Garimberti) – I partiti si arrendono allo stallo politico istituzionale e si inchinano a ‘Re Giorgio’, incoronandolo per la seconda volta capo dello Stato tra gli applausi dell’emiciclo mentre i 5 stelle tacciono e fuori dalla Camera scatenano la piazza. Un bis per il capo dello Stato non é mai successo nella storia Repubblicana. Ad opporsi alla sua rielezione Sinistra e Libertà (con una mossa che sembra preludere il divorzio dal Pd) e il Movimento Cinque Stelle che si ritrovano uniti nel voto per Stefano Rodotà.

Ma alla fine, Napolitano incassa 738 voti, mentre il costituzionalista con 217 preferenze, prende appena una decina di schede in più della somma di Sel e M5S.

La reazione di Beppe Grillo non si fa attendere ed è furiosa: chiama a raccolta a Roma “milioni” di cittadini per protestare contro quello che non esita a definire un “colpo di stato”. Parole che attirano la reprimenda di tutti i partiti e costringono i presidenti delle Camere e persino Vendola a prendere una netta posizione critica che inducono l’ex comico a “frenare”.

La candidatura di Napolitano nasce in nottata, sulle ceneri del Pd, per superare l’impasse in cui il partito di Pier Luigi Bersani si è cacciato dopo aver bruciato i nomi di Marini e Prodi, entrambi impallinati dal fuoco amico dei franchi tiratori. Il segretario capisce che un nuovo candidato democrat andrebbe a sbattere. E anche un ‘papa straniero’ non sopravviverebbe alle forche caudine di un partito balcanizzato. E così sale al Colle, implorando il capo dello Stato ad accettare di candidarsi per un ‘bis’. Ipotesi che anche Matteo Renzi, tornato a Firenze, benedice con un tweet. Poco dopo Bersani, a varcare il portone del Quirinale è Silvio Berlusconi, insieme a Gianni Letta ed Angelino Alfano. Il Cavaliere lo esorta ad accettare, sottolineando che solo il suo nome può tenere unito un Pd sull’orlo della frantumazione, ma con numeri tali in Parlamento da prolungare lo stallo. Napolitano non scioglie subito la riserva, ma pone subito una condizione che, in estrema sintesi, suona così: se accetto, si fa quello che dico io. Anche Mario Monti sale al Colle. Il professore, che fino a poco prima continuava a perorare la candidatura di Anna Maria Cancellieri, ritenendo in cuor suo la permanenza di Napolitano una “sconfitta della politica”, capisce che non può perdere il ‘treno Napolitano’. Al premier seguono i governatori delle Regioni (tra loro il leghista Roberto Maroni che, insieme alla Lega, dà via libera alla rielezione), mentre al Colle arrivavano le calde sollecitazioni dalle forze sociali e dalla società civile. Il presidente della Repubblica si prende qualche ora per riflettere. Oltre alla stanchezza, pesa il fatto di aver sempre sostenuto che il settennato è concepito per rimanere tale. Ma alla fine accetta, spiegando di non potersi “sottrarre a un’assunzione di responsabilità verso la Nazione”, ma al contempo ammonendo: “Confido che corrisponda un’analoga collettiva assunzione di responsabilità”. Parole dirette ai partiti, ai quali il capo dello Stato fa chiaramente capire di voler formare un governo il prima possibile. Circostanza non scontata: sulla carta i numeri ottenuti sembrano rassicuranti. Ma in tanti si chiedono se il Pd terrà alla prova di una fiducia in Aula ad un governo con il Cavaliere. Perché al di là delle formule (di scopo, del presidente, delle larghe intese) l’Esecutivo che Napolitano ha in mente prevede la partecipazione di tutte le forze responsabili per fare le riforme necessarie al Paese. Quelle istituzionali ed economiche, sulla falsariga del lavoro dei ‘saggi’ da lui stesso nominati. Il toto-premier è già cominciato: i nomi più gettonati sono quelli di Giuliano Amato (già considerato da Napolitano un ottimo candidato per il Colle) ed Enrico Letta. Ma nessuno si spinge a prevedere che grado di connotazione politica vorrà dare al ‘suo’ governo. “Avrò modo di dire quali sono i termini con cui ho accolto l’appello ad assumere di nuovo la carica di presidente”, si limita a dire Napolitano, che lunedì giurerà e pronuncerà il discorso di insediamento di fronte al Parlamento in seduta comune.

AMMIRAZIONE OBAMA,’LEADER STRAORDINARIO’ – “Un leader straordinario”: Barack Obama rinnova la sua profonda stima per Giorgio Napolitano, esprimendo “ammirazione per la sua decisione di servire ancora una volta il popolo italiano come presidente”. E si congratula anche con la scelta fatta dal Parlamento italiano, considerata quella giusta. “Con lui abbiamo la garanzia che Stati Uniti e Italia andranno avanti insieme nell’affrontare le sfide dei nostri tempi”, aggiunge l’inquilino della Casa Bianca. La notizia della storica rielezione viene accolta con soddisfazione in tutta l’America, a Washington come a Wall Street. Non è un segreto che ‘Re Giorgio’ – come lo aveva ribattezzato tempo fa il New York Times tessendone le lodi – viene tenuto in altissima considerazione, sia dalla politica, sia dagli investitori, terrorizzati dalla prospettiva che l’Italia possa scivolare nel baratro della crisi, trascinando dietro di sé l’Europa e l’intera economia mondiale.
Oltreoceano, quindi, non si trascura l’enorme importanza di avere di nuovo come interlocutore Napolitano: uno che agli aocchi degli americani viene visto come garanzia di continuità nei rapporti tra Italia e Stati Uniti, come sottolineato dallo steso Obama nella nota diffusa per rendere omaggio alla rielezione senza precedenti del capo dello Stato italiano. Viene considerato una personalità di altissimo profilo e di grande esperienza, in grado di evitare “il caos” totale della politica italiana. Tante, dunque, le speranze in lui riposte. A partire dalla necessità di rompere lo stallo che sta paralizzando il Paese: evitando che si vada subito a nuove elezioni – il cui esito sarebbe ancora incerto – e promuovendo finalmente la formazione di un governo che sia in grado di fare almeno le quattro-cinque riforme che risollevino un’Italia in recessione e in confusione. A Washington si guarda con attenzione, ma anche con apprensione alla possibilità che nasca una “grande coalizione” – come scrivono Wall Street Journal e New York Times. Un’alleanza tra i due più importanti partiti di centrodestra e centrosinistra – secondo gli osservatori Usa – potrebbe far uscire l’Italia dalle sabbie mobili. Ma che allo stesso tempo potrebbe alimentare ancor di più l’instabilità, se dovessero persistere le divisioni tra le forze interessate. Senza contare poi l’incognita Grillo, che negli States viene osservato con curiosità mista a preoccupazione. E’ proprio qui che in America si spera possa incidere Napolitano: rianimare con la sua “leadership straordinaria” quello spirito di unità nazionale necessario, fondamentale nei momenti più difficili di un Paese. Per gli Stati Uniti l’Italia é un alleato troppo importante. E ‘Re Giorgio’ rappresenta una garanzia che resti anche un alleato affidabile.

NAPOLITANO AL LAVORO, AGGREDISCE SETTIMANA DI FUOCO di Fabrizio Finzi – Non avra’ bisogno di alcun rodaggio il nuovo presidente della Repubblica: Giorgio Napolitano infatti e’ la persona piu’ adatta a prendere subito in mano il pallino del gioco. In pochissimi giorni infatti sitrovera’ a dover affrontare – con la massima urgenza visto che sie’ votato quasi due mesi fa – la grana del nuovo Governo. Si annuncia una settimana di fuoco per re Giorgio che grazie al fatto di essere ancora nella pienezza dei suoi poteri potra’ velocizzare notevolmente tutte le procedure necessarie perentrare nella funzionalita’ dei suoi uffici.
L’obiettivo e’ quello di chiudere il capitolo governo entro festivita’ del 25 aprile, anche perche’ a ruota segue quella del primo maggio. Cerchiamo di fare un po’ d’ordine sulla tempistica e le procedure: nell’ottica dell’urgenza potrebbe chiedere di pronunciare il proprio discorso alle Camere gia’ lunedi’ 22 aprile. Considerando che Napolitano non dovra’ perdere tempo per ricostruire la squadra dei suoi piu’ stretti collaboratori, diventa probabile che’ gia’ lunedi’ 22 aprile, o piu’probabilmente martedi’ 23, possa essere pronto ad aprire le consultazioni. Cioe’ a due mesi dal voto del 24 febbraio. Inevitabili appaiono infatti nuovi consultazioni per sondarele forze politiche e i loro orientamenti dopo aver sgombrato ilcampo dal macigno del voto per il Colle. Andare oltre questadata significherebbe inoltre rendere impossibili le elezioni agiugno, come alcuni vorrebbero.
Le cerimonie previste per l’insediamento di un presidente della Repubblica non sono poche. Lo schema infatti e’ rimasto sostanzialmente immutato dal 1948. Con tutta probabilita’ in questa occasione speciale, cioe’ il primo bis presidenziale nella storia della repubblica, Napolitano tagliera’ tutto iltagliabile. Nei casi normali del passato il cerimoniale era questo: proclamato l’esito positivo della votazione, secondo laprassi il presidente della Camera si recava dall’eletto perconsegnargli il verbale dell’avvenuta elezione. Per ilgiuramento, di solito l’aula della Camera veniva addobbata con 21 grandi bandiere e con drappi rossi ornati d’oro. Il nuovopresidente arrivava a Montecitorio accompagnato dal segretariogenerale della Camera. Dal momento in cui lasciava la suaabitazione la campana piu’ grande di Montecitorio cominciava asuonare per smettere solo quando il nuovo presidente entravanell’atrio della Camera. Nel momento preciso in cui verra’pronunciata la formula del giuramento dal Gianicolo vengonosparati 21 colpi di cannone a salve. Dopo il giuramento di fedelta’ alla Costituzione ilpresidente pronuncia il messaggio alla nazione. Quindi sisposta all’Altare della Patria a deporre una corona di fiorial milite ignoto. Poi, finalmente, al Quirinale per il passaggiodelle consegne e l’insediamento ufficiale. Il passaggio da Montecitorio al Quirinale avviene a bordo diuna Lancia Flaminia convertibile 335 scortata dal Corpo deiCorazzieri e in compagnia del Presidente del Consiglio incarica.