‘ndrangheta, maxi sequestro al re dei videopoker

REGGIO CALABRIA – La Guardia di finanza ha sequestrato beni per 330 milioni di euro a Gioacchino Campolo, di 73 anni, conosciuto come il “re del videopoker”, accusato di essere un affiliato alla ‘ndrangheta e gia’ condannato nel 2011 a 18 anni di reclusione. Campolo, attraverso un rete di videopoker truccati per aumentare i suoi guadagni, si è reso responsabile di una gigantesca frode fiscale. Innumerevoli gli immobili di sua proprietà a Reggio Calabria, Roma, Milano e Parigi.

L’accusa che viene contestata a Gioacchino Campolo e’ di aver accumulato enormi somme di denaro da mettere a disposizione di esponenti di vertice della ‘ndrangheta. Un’altra parte degli ingenti guadagni accumulati venivano investiti da Campolo per l’acquisto di centinaia di immobili in Italia ed all’estero. Il provvedimento di confisca dei beni è stato emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, presieduta da Kate Tassone. Campolo è accusato di essere stato legato, in particolare, alle cosche della ‘ndrangheta De Stefano, Zindato e Audino.

“Gioacchino Campolo – ha detto il Procuratore della Repubblica aggiunto di Reggio Calabria, Michele Prestipino – rappresenta una figura paradigmatica della cosiddetta ‘zona grigia’ della ‘ndrangheta. Campolo – ha aggiunto Prestipino – aveva messo a disposizione delle più temibili cosche cittadine la ricchezza illecitamente accumulata grazie ad una imponente evasione fiscale ed all’utilizzo di videopoker truccati. Un immenso patrimonio che gestiva e che era a disposizione della ‘ndrangheta”.

“La decisione della sezione misure di prevenzione del Tribunale – ha detto il comandante provinciale di Reggio Calabria della Guardia di Finanza, col. Cosimo Di Gesu – sancisce la bontà del nostro lavoro investigativo. Aggredire i patrimoni criminali significa far perdere alla ‘ndrangheta il prestigio all’interno dell’ambiente criminale privandola del fondamentale strumento di condizionamento nei confronti delle realtà socio-economiche che sono tradizionalmente occupate e soffocate dalla presenza e dal controllo della criminalità organizzata”. Gioacchino Campolo, secondo quanto è emerso dalle indagini, esercitava una condizione di dominio assoluto imponendo ad ogni esercizio pubblico di Reggio Calabria, grazie alla sua contiguità con esponenti della ‘ndrangheta, l’utilizzo dei suoi videopoker alterati.