Nigeria: italiano ucciso con 4 colpi. Oggi Monti a Gattinara. Rientro salma

TORINO – La salma di Franco Lamolinara, l’ingegnere italiano ucciso in Nigeria giovedì scorso, è arrivata nella notte a Gattinara (Vercelli), intorno alle 2,15, con una macchina di Stato. E’ stata subito portata in Municipio, nella sala del consiglio comunale dove è stata allestita la camera ardente che sarà aperta alle 10. Per tutta la notte la salma è stata vegliata dagli amici più cari. Nel pomeriggio arriverà a Gattinara anche il premier Mario Monti. I funerali saranno celebrati domani.

FIGLIO DI LAMOLINARA, MAI STATI SOLI – “Non siamo mai stati soli, non oggi e mai dal 12 maggio, da quel maledetto giorno in cui mio padre è stato rapito”: lo ha detto all’ANSA Mattia Lamolinara, figlio di Franco, l’ingegnere ucciso in Nigeria, di ritorno a casa dopo essere stato a Roma per il rientro della salma del padre.

All’aeroporto di Malpensa, Mattia Lamolinara ha voluto ringraziare le istituzioni “che – ha detto – a Roma mi hanno seguito molto da vicino. In particolar modo i funzionari dell’Unità di crisi, che oggi mi hanno accolto a Ciampino. Incontrare questi uomini oggi – ha concluso – è stato per me importante”. Accompagnato in auto da un amico, Mattia ha raggiunto in serata la madre Anna e i parenti che lo attendevano a casa a Gattinara (Vercelli). Intanto la salma di Franco Lamolinara sta viaggiando in auto verso Gattinara, dove arriverà nel corso della notte, per la camera ardente che aprirà domani mattina alle 10 in Municipio.

di Alessandra Baldini

LONDRA – Li hanno spinti in un gabinetto e uccisi mentre le prime pallottole dei commando inglesi crivellavano i muri del compound. Lo ha raccontato al Times una donna di nome Hauwa, moglie 31enne di una delle guardie del complesso morto anche lui nel blitz di Sokoto, forse l’ultima persona, oltre ai sequestratori, che ha visto Franco Lamolinara e Chris McManus vivi. E anche l’autopsia eseguita a Roma ha confermato che quella di Lamolinara è stata una vera e propria esecuzione, con quattro colpi di arma da fuoco che lo hanno raggiunto da distanza ravvicinata, anche se non a bruciapelo. Ma il colpo mortale è stato uno solo, quello che gli è stato sparato alla testa, ha stabilito l’esame fatto oggi dall’equipe del professor Giancarlo Arbarello, direttore dell’Istituto di medicina legale della Sapienza di Roma. La salma è partita nel pomeriggio da Gattinara (Vercelli), dove arriverà nel cuore della notte. Sarà quindi composta in una camera ardente che è stata allestita nell’aula consiliare del Comune e che sarà aperta domani alle 10.

Nel pomeriggio arriverà a Gattinara anche il premier Mario Monti, per rendere omaggio allo sfortunato ingegnere. Sul cadavere di Lamolinara, secondo quanto si è appreso, sono stati riscontrati dei residui di proiettile che ora saranno esaminati per accertare se siano stati esplosi dai sequestratori o dal ‘fuoco amico’. Ma il fatto che i colpi siano stati sparati a distanza ravvicinata sembra rafforzare la circostanza secondo la quale ad uccidere l’ingegnere Lamolinara siano stati i suoi sequestratori.

“Erano nel salone del compound quando le mura sono state scosse dalle esplosioni. Due rapitori sono rimasti uccisi da proiettili penetrati nella stanza”, ha raccontato la donna: “Lo scontro a fuoco si intensificava e due sequestratori hanno spinto gli ostaggi nel bagno. Ho sentito i colpi e sono scappata. Non so come sono sopravvissuta”. La testimonianza di Hauwa arriva in vista del resoconto dettagliato promesso dal ministro degli esteri William Hague al collega italiano Giulio Terzi e mentre a Londra i laburisti fremono per avere da parte del governo una comunicazione ai Comuni. In lacrime la donna ha parlato con i media occidentali arrivati da ieri a Madera, il sobborgo di Sokotu teatro giovedì della battaglia in pieno giorno che ha coinvolto 40 commando dello Sbs (Special Boat Service) britannico insieme ad un centinaio di militari nigeriani.

“Non so perché mi hanno arrestato. Non so nulla degli ostaggi. Nessuna guardia poteva mai entrare in quella parte della casa”: Hauwa ha detto di aver vissuto nel compound per quattro mesi dopo che il marito era stato assunto come custode. Al Times ha raccontato che è stata lei ad aprire la porta da cui sono entrate le forze speciali: “Da dicembre non avevamo mai visto il padrone di casa o gli altri perché dormivano nell’altra ala. Per un caso ero andata nel loro edificio minuti prima che cominciasse l’attacco”. I giornalisti sono potuti entrare nel compound. Medicine sparse dappertutto rivelano una prigionia segnata da malattie, tra cui la malaria. Il bagno dove sono morti McManus e Lamolinara è imbrattato del loro sangue, un lavandino divelto dal muro da un corpo che cadeva, spesse macchie scure di sangue sulla porcellana del water e sul pavimento. I rapitori, forse allertati da una telefonata, forse soltanto dalla scomparsa da due giorni del loro capo Abu Muhammad, erano probabilmente convinti che un raid fosse imminente.

“Stavano per liberarsi dei due ostaggi gettando i loro cadveri nel deserto”, scrive oggi il Daily Telegraph: “Erano pronti a muoversi quel giovedì mattina”. Ecco perché Cameron avrebbe ordinato il blitz in fretta e furia. Muhammad, considerato il cervello del sequestro, era stato catturato con altri leader del gruppo in un raid delle forze di sicurezza nigeriane martedì a Zaira. “Si sta indagando se un telefonata partita da uno dei complici prima della cattura possa aver dato l’allarme”, ha detto “una fonte attendibile” al nigeriano The Nation. L’idea, secondo il Telegraph, è che il gruppo stesse per lasciare il compound e sconfinare nel vicino Niger, ma McManus e Lamolinara, a quel punto, erano diventati “un peso” di cui bisognava liberarsi.