Omicidio cinesi a Roma, trovato impiccato uno dei ricercati

(di Luca Laviola e Lorenzo Attianese) ROMA – Non ha resistito al peso di quella bambina cinese di nove mesi uccisa assieme al padre. Era braccato da 12 giorni e ha deciso di impiccarsi. Ma prima avrebbe ingerito del veleno per topi. L’hanno trovato appeso a un gancio in un casolare alla periferia nord di Roma Mohammed Nasiri, 30 anni, uno dei due marocchini presunti assassini del commerciante cinese Zhou Zeng e di sua figlia Joy, il 4 gennaio in una rapina a Torpignattara. Il cadavere è stato scoperto ieri al km 14 di via Boccea, ma la morte risalirebbe a tre-quattro giorni fa.

Tracce del veleno sono state trovate per terra vicino al corpo: ma bisognerà attendere l’autopsia per saperne di più. Secondo la Procura, al momento non sembrano esserci dubbi che si tratti di suicidio. Ma nel quartiere del duplice delitto qualcuno tira in ballo la mafia cinese. “Sono arrivati prima loro”, dicono diversi abitanti. Una voce contrastata con forza dalla portavoce della comunità cinese romana. “Siamo sempre afflitti dal dolore e speriamo che ora catturino l’altro assassino, ma la notizia ci ha dato un certo sollievo”, ha detto a caldo la sorella di Zhou, secondo un amico di famiglia. I parenti sono stretti intorno alla vedova, Lia Zheng, ferita nella rapina e sconvolta dalla perdita dei suoi cari.

Il corpo di Nasiri è stato trovato in una zona utilizzata di solito per un gioco chiamato Softair, una sorta di guerra simulata: sono stati proprio alcuni partecipanti ad avvisare ieri le forze dell’ordine, secondo quanto emerso. Il marocchino, con precedenti per rapina furto e reati contro il patrimonio, è stato identificato attraverso le impronte digitali. Non si sa nulla dell’altro ricercato, anch’egli marocchino e pregiudicato, che sarebbe più giovane di Nasiri, sui 20 anni. La sua identità viene mantenuta ancora segreta.

L’uomo potrebbe già trovarsi all’estero, ma si continua a cercarlo anche a Roma. I due nordafricani erano stati individuati dai carabinieri del Comando provinciale di Roma e del Ros sulla base delle immagini di alcune telecamere di sorveglianza e del Dna estratto da tracce lasciate sullo scooter usato per il massacro, su una maglietta e su altri oggetti dei killer. Oggi in Procura a Roma si è tenuta una riunione tra il procuratore reggente Giancarlo Capaldo, l’aggiunto Pierfilippo Laviani e il capo del Nucleo investigativo dei carabinieri, tenente colonnello Lorenzo Sabatino. Le prime reazioni al ritrovamento del cadavere di uno dei presunti assassini della piccola Joy e di suo padre sono arrivate non solo dalla famiglia delle vittime, ma anche dall’Associazione degli Immigrati Nordafricani in Italia (Ainai). “Mi dispiace che sia morto perché nessuno vuole la morte di nessun altro – ha detto il presidente Kamel E. Belaitouche -. Sono senza parole. E’ un ragazzo giovane, la sua famiglia piangerà. Ma non è così che si fa giustizia”. Una giustizia sommaria che secondo alcuni a Torpignattara sarebbe stata compiuta dalla mafia cinese. E’ l’opinione soprattutto di alcuni abitanti italiani del quartiere, anche se tutto finora fa pensare al suicidio. Poca voglia di parlare invece tra i cinesi della zona, anche nel bar gestito dalla famiglia delle due vittime.

“Siamo sgomenti. Non abbiamo mai desiderato la sua morte, noi non siamo animali – dice la portavoce della comunità cinese a Roma, Lucia King -. Anche noi vogliamo la verità su quello che è successo a questo ragazzo. Siamo stanchi di sentire voci secondo cui sarebbe stata la mafia cinese ad ucciderlo – prosegue King -. Se un cinese lo avesse incontrato lo avrebbe linciato. Figurarsi portarlo in un capanno e fargli ingerire veleno per topi”.