Onu: Israele respinge la proposta Sarkozy

GERUSALEMME – Israele ha immediatamente respinto la proposta avanzata ieri dal presidente francese Nicolas Sarkozy di garantire alla Palestina lo status di Paese osservatore alle Nazioni Unite. Lo ha riferito la radio militare secondo cui l’iniziativa di Sarkozy ha sorpreso il premier Benyamin Netanyahu che ha reagito, secondo l’emittente, con “forte irritazione”. Un portavoce governativo israeliano ha aggiunto che “non ci sono scorciatoie per uno Stato palestinese, il quale potrà scaturire solo mediante trattative di pace con Israele”. L’opposizione di Israele al progetto di conferire allo stato palestinese (mediante il ricorso alla Assemblea generale) il titolo nominale di “Stato non membro” – al pari di Vaticano e Svizzera – era stata chiarita già la settimana scorsa da un dirigente del ministero degli esteri israeliano in un colloquio con gli ambasciatori in Israele di Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia e Spagna.

ISRAELE IN ALLERTA, LIMITAZIONI IN SPIANATA MOSCHEE – Uno stato elevato di allerta è mantenuto oggi dalle forze armate israeliane in Cisgiordania e dalla polizia in Israele in concomitanza con il dibattito sulla richiesta di adesione della Palestina alle Nazioni Unite. Malgrado l’Anp abbia inoltrato ai palestinesi appelli affinché non si abbandonino a violenze, i responsabili israeliani alla sicurezza temono disordini al termine delle preghiere nella Spianata delle moschee di Gerusalemme e, nel tardo pomeriggio, quando il presidente dell’Anp Abu Mazen prenderà la parola all’Onu.

ONU: PARLA AHMADINEJAD, DELEGATI ESCONO
di Matteo Bosco Bortolaso

L’ennesimo show anti-americano e anti-israeliano recitato dal palco delle Nazioni Unite, che si é chiuso, come capita ormai ogni anno, con l’abbandono dei delegati occidentali dell’aula: un copione già visto quello che il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha riproposto oggi a Palazzo di Vetro, attaccando Stati Uniti e le altre potenze “arroganti” (Italia compresa) che minacciano e sanzionano chi “osa” mettere in dubbio l’Olocausto. Sembrava aver teso la mano a Barack Obama, Ahmadinejad. Ma era solo un’illusione. Sfumata non appena il controverso leader iraniano ha preso la parola, attribuendo agli Stati Uniti, tra l’altro, la responsabilità della schiavitù degli africani, della recessione globale e indirettamente anche delle sofferenza del popolo palestinese. I delegati di Washington, di Roma e delle altre capitali europee, di fronte alla sfilza di domande retoriche che puntavano contro gli Stati Uniti e come al solito contro l’Olocausto, hanno deciso di lasciare l’aula. Mentre fuori dal Palazzo di Vetro, gli oppositori del regime iraniano chiedevano a gran voce l’espulsione di Teheran dalle Nazioni Unite.

“Aveva la possibilità di parlare delle aspirazioni del suo popolo (…) ma ha preferito la retorica calunniosa e le teorie del complotto”, ha commentato Mark Kornblau a nome della delegazione di Washington al Palazzo di Vetro. Mentre la Casa Bianca ha semplicemente respinto al mittente le accuse. A dire il vero, diplomatici e giornalisti americani pensavano che Ahmadinejad – spinto magari dalle sollevazioni della Primavera araba – fosse pronto a cambiare i toni. Radio e quotidiani avevano parlato di “charm offensive”: una campagna iniziata con la liberazione degli escursionisti americani imprigionati in Iran e continuata con un’intervista al New York Times che proponeva un compromesso sul programma nucleare di Teheran. Ben altri toni, invece, sono stati usati dal podio dell’Assemblea: il leader della Repubblica islamica ha detto che gli americani “si considerano superiori agli altri” e usano la loro “rete imperialista per minacciare con sanzioni e azioni militari chiunque metta in discussione l’Olocausto e i ‘misteriosi’ eventi dell’11 settembre”. Proprio la Shoah, secondo il leader iraniano, ha indirettamente generato le sofferenze dei palestinesi.

“Dato che alcuni Paesi europei usano ancora l’Olocausto (…) come scusa per ripagare i sionisti, non dovrebbero gli schiavisti e le potenze coloniali sentirsi in obbligo di ripagare le Nazioni colpite (dal sionismo)?”, ha chiesto. Peraltro Ahmadinejad non ha detto esplicitamente di appoggiare la richiesta per il riconoscimento della Palestina come Stato all’Onu. Ahmadinejad se l’é presa anche con l’Italia, insinuando che Roma è sotto “occupazione militare” di Washington: “Qual è la giustificazione delle centinaia di basi americane militari e d’intelligence in diverse parti del mondo, (tra cui) le 83 presenti in Italia?”. Invettive, quelle del presidente iraniano, risuonate in un aula che qualche ora prima aveva ospitato la controversa riunione ‘Durban 3′ contro razzismo e discriminazioni, boicottata anch’essa, tra gli altri, da italiani, israeliani e statunitensi perché in passato è diventata una piattaforma per accuse anti-israeliani. Al di là di Ahmadinejad, inseguito dalle contestazioni un po’ ovunque a New York, i riflettori dell’Onu sono stati puntati oggi anche su Recep Tayyip Erdogan, il premier turco che ha recentemente tagliato i ponti con Israele, tentando di assumere una posizione sempre più prominente nella regione.

BERSANI, ALL’ONU FRATTINI, PREMIER IMPRESENTABILE – “Noi siamo la settima potenza industriale, siamo uno tra i primi dieci Paesi del mondo. Ma possiamo essere ridotti che all’Onu si parla di Palestina e Frattini interverrà lunedì, in coda a tutti, perché noi mandiamo il ministro degli Esteri e non mandiamo il presidente del Consiglio. E non lo mandiamo perché è impresentabile”. Lo ha detto il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, oggi a Cortona a margine dell’incontro della Scuola di formazione del Pd, parlando del governo. “Si sta parlando di Libia – ha detto Bersani – di Palestina, di Israele: possiamo essere ridotti così?”.