Pdl in piazza con Berlusconi, senza ministri. Asse Letta-Colle: no ricatti, abbassare i toni

Italy's new Prime Minister Enrico Letta and president NapolitanoOggi pomeriggio il Pdl scende in piazza a Roma a sostegno di Berlusconi. Per evitare strumentalizzazioni i ministri non parteciperanno, afferma Lupi. Bondi paventa il rischio di guerra civile, dichiarazioni che il Quirinale definisce irresponsabili. Letta chiede che il Colle venga tenuto fuori da tensioni politiche e avverte che presterà attenzione ai toni del Pdl.
(di Federico Garimberti) – Ci sono ancora margini per evitare una crisi, ma bisogna mantenere nervi saldi e spegnere sul nascere inutili provocazioni che rischiano di far precipitare la situazione. Giorgio Napolitano ed Enrico Letta sperano ancora di poter salvare governo e maggioranza. Anche usando parole dure. Ecco spiegata la veemente reazione del Quirinale, che bolla come “irresponsabile” l’uscita di Sandro Bondi, coordinatore del Pdl, che agita lo spauracchio di una “guerra civile” se non verrà garantita “l’agibilità politica” di Silvio Berlusconi. Lo stesso motivo spinge palazzo Chigi a far trapelare l’insofferenza di Letta per i tentativi di coinvolgere il capo dello Stato: “Si tenga fuori il Quirinale e la si smetta di tirarlo in ballo in modo improprio e ricattatorio”, avverte il premier, che aggiunge: “Ascolterò con attenzione i contenuti e i toni dei discorsi di domani alla manifestazione” del Pdl. Come a dire: niente ulteriori provocazioni, non alzate ancora i toni o la corda potrebbe spezzarsi. Ma della strategia concordata al telefono da Napolitano e Letta fa parte anche una buona dose di sangue freddo. “In questa fase serve calma e gesso, anche perché per ora al di là delle parole, non ci sono stati strappi”, spiegano dal Quirinale. Per questa ragione presidente della Repubblica e capo del governo evitano di incontrarsi. L’idea di un colloquio al Colle, reso possibile dal rientro di Napolitano dalla montagna, viene accantonata proprio per evitare di dare l’impressione di un clima “emergenziale”. La stessa ragione che spinge il capo del governo a non cambiare agenda: parte per Pisa per il fine settimana e conferma gli impegni di lunedì: incontro con Visco e Saccomanni e visita istituzionale a Bolzano. Intanto, sotto traccia, prosegue incessante l’opera diplomatica del Colle e di Letta. Il premier alza il telefono e chiama Epifani e Alfano. Dal primo riceve assicurazioni sul fatto che il Pd non reagirà in modo scomposto alle provocazioni del Pdl; dal secondo la garanzia che domani alla manifestazione di solidarietà all’ex premier organizzata davanti a palazzo Grazioli non parteciperanno esponenti di governo. Circostanza confermata in serata dal ministro Lupi e che indica come, dopo le parole di Bondi, gli sforzi per abbassare le tensioni diano i primi frutti. Del resto, l’impressione di Napolitano e Letta – anche sulla base dei contatti con il centrodestra attraverso il canale di Gianni Letta – è che Berlusconi sia lontano dall’aver deciso di staccare la spina al governo. A dar manforte a questa lettura vi sarebbero le ondivaghe dichiarazioni che arrivano dal Pdl. Non solo di quanti, da Schifani e Brunetta, assicurano “moderazione” e “senso di responsabilità” da parte del centrodestra, ma anche per le richieste del Pdl. Al Quirinale, spiega ad esempio il capogruppo a Montecitorio Brunetta, vogliamo sottoporre la necessità di impedire che il leader del primo partito italiano sia “privato della libertà politica”. La partita, spiegano fonti della maggioranza, più che sulla grazia – strada che al momento appare preclusa viste le perplessita’ del Colle dove tra l’altro si fa notare come nessuno l’abbia richiesta formalmente – è sulle condizioni a cui sarà costretto Berlusconi durante il periodo in cui sconterà la condanna: il Pdl preme affinché la sua libertà, non solo personale ma anche politica, sia limitata il meno possibile, compatibilmente con il regime a cui sarà sottoposto. Solo così potrebbe restare leader della nascitura Forza Italia. E di questa partita fa parte il tentativo dei berlusconiani di dimostrare che la legge Severino non è applicabile nel caso del Cavaliere.