Raid aereo della Cia, ucciso imam Al Awlaki

Anwar Al Awlaki, un Imam radicale yemenita-americano accusato di essere legato ad Al Qaida e di avere ispirato sanguinosi attentati contro gli Usa, è stato ucciso oggi in un raid aereo in Yemen. Secondo anonime fonti statunitensi, l’attacco è stato condotto dalla Cia con un drone (aereo senza pilota), una circostanza destinata a sollevare polemiche sulla legalità di un’operazione volta ad uccidere un cittadino americano senza una regolare condanna. Il presidente americano Barack Obama si è felicitato per quello che ha definito un ulteriore “successo” nella lotta contro Al Qaida e ha sottolineato che essa conferma che i terroristi “non troveranno rifugio sicuro in alcun posto nel mondo”. Ma non ha confermato esplicitamente che l’attacco sia stato compiuto direttamente dai servizi segreti Usa. Obama ha invece elogiato “gli sforzi delle autorità yemenite, che hanno lavorato insieme con gli Usa negli ultimi anni”.

Anche il ministro degli Esteri britannico, William Hague, ha affermato che la morte di al Awlaki costituisce “un nuovo, significativo colpo assestato ad Al Qaida”. Secondo fonti governative yemenite, nell’attacco, avvenuto nella provincia di Jawf, 140 chilometri a est della capitale Sanaa, sono morti altri tre militanti. Tra di loro, un altro americano di origini yemenite, Samir Khan, direttore della rivista Inspire, organo in inglese dell’Aqap, che spesso pubblica scritti dell’Imam. Al Awlaki, scampato nel maggio scorso ad un analogo attacco aereo, era nato 40 anni fa negli Stati Uniti da genitori yemeniti – il padre è un ex ministro dell’agricoltura – e si era trasferito nello Yemen nel 2004. Fonti di Intelligence americane hanno identificato Al Awlaki come “capo delle operazioni esterne” di Al Qaida nella Penisola arabica (Aqap). In questa veste l’Imam avrebbe ispirato l’attentatore nigeriano che nel Natale del 2009 cercò di far esplodere un aereo in volo da Amsterdam a Detroit con esplosivo nascosto nelle mutande e un altro che cercò nel 2010 di far saltare una aereo cargo.

L’Imam yemenita-americano avrebbe catechizzato di persona anche Nidal Hassan, un maggiore di origini palestinesi autore di una sparatoria a Fort Hood nel novembre del 2009, che uccise 13 persone. Ma anche tre degli autori degli attentati dell’11 settembre, secondo le stesse fonti, avevano assistito l’anno prima agli infuocati sermoni tenuti in California da Al Awlaki, che in un messaggio video del 2010 aveva incitato i musulmani di tutto il mondo ad uccidere gli americani “senza esitazione”. Nel 2006 Al Awlaki era stato arrestato dalle autorità yemenite, ma 18 mesi dopo era stato rilasciato per le pressioni del suo influente clan tribale. Al Qaeda aveva compiuto proprio in Yemen uno dei più sanguinosi attentati precedenti all’11 settembre, con una bomba fatta esplodere nel 2000 nel porto di Aden contro la nave da guerra americana Cole, che aveva provocato la morte di 17 marinai Usa. Gli Usa, gli altri Paesi occidentali e quelli arabi della regione temono che la crisi politica che da otto mesi scuote lo Yemen, con proteste dell’opposizione contro il regime del presidente Ali Abdullah Saleh e scontri tra fazioni militari e tribali, possa favorire le attività di Al Qaida nel Paese, dove le forze governative hanno difficoltà a controllare vaste aree periferiche. Gli oppositori accusano Saleh, al potere da 33 anni, di fare leva proprio su questa paura per giustificare la sua permanenza in carica. Anche oggi a Sanaa migliaia di manifestanti contro e in favore di Saleh sono tornati nelle strade.