Referendum: Pd-Idv in campo. Premier, sono inutili

ROMA – Il finiano Benedetto Della Vedova provoca sostenendo che sul nucleare il governo “ha fatto campagna per il sì cancellando le norme”. Ma certo l’esecutivo non si metterà di traverso ai referendum, consapevole della popolarità del no al nucleare e attento ad evitare che la consultazione si trasformi in un nuovo test politico. “Non avrà alcune conseguenze sul governo, gli italiani diranno di non volere il nucleare e noi ne prenderemo atto”, minimizza il premier Silvio Berlusconi che polemizza a distanza con Pier Luigi Bersani sull’utilità dei quesiti. Dopo la sconfitta alle amministrative, depotenziare gli effetti politici del referendum è l’obiettivo della maggioranza che lascerà libertà di voto ai cittadini. Nell’opposizione, invece, convivono la tentazione di celebrare il terzo atto delle elezioni per indebolire ulteriormente il governo e la consapevolezza che dare colore politico ai referendum ridurrà la partecipazione al voto, rendendo ancora più difficile raggiungere il quorum.

Il premier, stretto tra rimpasto e rilancio del Pdl, non vuole altre grane: “Noi non abbiamo dato alcuna indicazione e ci adegueremo alla volontà dei cittadini. Davvero l’esito del referendum non ha nulla, nulla a che vedere con la vita del governo”. Quindi anche se Berlusconi definisce “demagogici e fuorvianti” i quesiti sull’acqua ed un voto “sul nulla” quello sul nucleare, evitando valutazioni sul quesito contro il legittimo impedimento, il 13 giugno l’esito dei referendum sarà ininfluente sull’iter della legislatura. Un “liberi tutti” che porta parlamentari come Alessandra Mussolini ed il governatore veneto Zaia ad annunciare che voteranno per la cancellazione del nucleare. Nuclearista convinto resta invece l’ex ministro Claudio Scajola che comunque non andrà a votare referendum “pasticciati”.

Sull’utilità dell’appuntamento, Bersani, che ha mobilitato il Pd per il rush finale della campagna, ribatte al premier: “Il voto è utilissimo, non sarà un colpo al governo perché non abbiamo politicizzato neanche le amministrative ma si parla di temi concreti sui quali tutti possono salire sul palco e fare le loro proposte”. Il segretario Pd, così come il leader Idv Antonio Di Pietro, lanciano ami agli elettori del centrodestra perché, come spiega l’ex pm, “dobbiamo raggiungere il quorum sapendo che non basta il 50%, ma serve il 60%”. Ed è proprio per portare quante più persone, anche di centrodestra, al voto, che Sinistra e Libertà non appoggia la manifestazione di chiusura, venerdì 10 a Roma, promossa da Pd e Idv mentre bisognerebbe lasciare spazio a comitati referendari e società civile. Più orientato a caricare di valore politico il referendum è invece Massimo D’Alema: “Credo che continuerà a manifestarsi questa spinta al cambiamento, alla partecipazione, che ha caratterizzato in modo così significativo le elezioni amministrative”. E un invito ad andare a votare arriva da Futuro e Libertà, e in generale dal Terzo Polo, sulla scia della scelta del presidente della Camera Gianfranco Fini: “Votare soprattutto in una stagione come questa è un atto di patriottismo costituzionale”.

MEMORIA GOVERNO A CONSULTA, REFERENDUM INAMMISSIBILE – La Corte Costituzionale il prossimo 7 giugno dovrebbe ritenere inammissibile la richiesta di referendum, come è stata formulata nella recente ordinanza della Corte di Cassazione, perché a quest’ultima spetta solo una verifica formale dei requisiti e non anche ulteriori valutazioni “sostanziali”. E’ quanto afferma, in sostanza, l’Avvocatura dello Stato, in una memoria presentata alla Consulta in vista della sua decisione sul referendum. Con il varo del dl ‘Omnibus’, si sottolinea in particolare, il Governo non ha fatto una modifica meramente “formale”, ma una “innegabile e sostanziale diversità di scelta” rispetto alle norme sul nucleare sulle quali era stato chiesto il referendum. Per questo, gli elettori, il 12 e 13 giugno, si troveranno a votare un quesito “del tutto difforme rispetto a quello in base al quale sono state raccolte le sottoscrizioni necessarie allo svolgimento del referendum”. Vi è dunque “ben di più rispetto a quelle modifiche formali o di dettagglio” su cui la Cassazione si sarebbe potuta esprimere. Con la decisione della Cassazione, inoltre, secondo l’Avvocatura, è cambiata la natura stessa del referendum: “che non è più abrogativa ma propositiva, se non consultiva”. “Poiché, non deriva dai commi 1 e 8 dell’art.5 la possibilità di realizzare centrali nucleari, né di dar corso ad una politica energetica fondata sul nucleare – è scritto nella memoria – ne consegue che ciò che si chiede all’elettorato è di esprimersi sull’opportunità che in futuro, sulla base di nuove scelte, l’Italia adotti una strategia energetica. Ciò però non è previsto dal nostro ordinamento costituzionale con la conseguenza che il quesito risultante dall’ordinanza del 1 giugno dell’Ufficio Centrale per il Referendum non può che ritenersi inammissibile”.