Stellantis: la crisi tra mercati, politica e nuove sfide industriali

La crisi di Stellantis si fa sempre più profonda, con ricadute pesanti sia sui mercati finanziari che sul panorama politico. All’indomani delle dimissioni di Carlos Tavares, il giudizio della Borsa è stato severo: il titolo della multinazionale ha chiuso con un calo del 6,3% a Piazza Affari, riducendo la capitalizzazione a 35,5 miliardi di euro e registrando una perdita annua del 44%. Parallelamente, si intensifica il pressing bipartisan per un confronto in Parlamento con John Elkann, presidente di Stellantis e ora anche capo-azienda.

Il pressing della politica

Dopo un confronto diretto con la premier Giorgia Meloni e il ministro delle Imprese Adolfo Urso, Elkann sembra voler tracciare un nuovo corso per Stellantis. In discussione ci sono temi di importanza strategica: la revisione del divieto europeo per i motori a combustione fissato al 2035, la realizzazione della gigafactory di Termoli e l’assegnazione all’Italia della nuova piattaforma per la produzione di citycar. Urso ha chiesto garanzie sulla salvaguardia dell’occupazione e un rilancio dell’industria automobilistica nazionale.

La fine di un’era

Il conflitto tra Tavares e il governo italiano è stato uno dei fattori scatenanti della crisi. L’insistenza dell’ex amministratore delegato sull’elettrificazione, nonostante le vendite stagnanti, e il progressivo spostamento delle produzioni all’estero hanno alimentato tensioni sia a Roma che a Bruxelles. Con l’addio di Tavares, Elkann è chiamato a riprendere il controllo e a rilanciare la competitività del gruppo, ma il percorso è tutto in salita.

La posta in gioco per l’Italia

La crisi di Stellantis colpisce duramente l’economia italiana. Le immatricolazioni nel Paese sono calate del 24,6% a novembre, contro una media europea del -10,8%. Inoltre, la delocalizzazione di marchi storici come Alfa Romeo e Fiat Panda rischia di impoverire ulteriormente il tessuto produttivo nazionale. Il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali per circa 20.000 lavoratori italiani è un altro nodo cruciale, mentre si attende il 17 dicembre un confronto decisivo al ministero per il Made in Italy.

Le reazioni politiche

Le critiche non mancano. Matteo Salvini, vicepremier, ha denunciato una gestione poco trasparente del denaro pubblico da parte degli Elkann, mentre Carlo Calenda ha definito l’uscita di Tavares “un grande sollievo”, accusando l’ex CEO di aver smantellato l’industria italiana dell’auto senza un progetto chiaro. La premier Meloni ha garantito il massimo impegno per difendere l’occupazione e rilanciare il settore, sperando che il prossimo incontro con Stellantis porti a soluzioni concrete.

La sfida globale

La crisi di Stellantis è solo un tassello di un problema più ampio che coinvolge l’intera industria automobilistica europea. L’accelerazione verso l’elettrico e la transizione ecologica impongono investimenti massicci in nuove tecnologie, materiali e modelli di mobilità. Come ha sottolineato l’editorialista Daniele Manca, non si tratta solo di sostituire i motori a combustione con quelli elettrici, ma di ripensare completamente il concetto di auto, dalla bellezza alla funzionalità, fino ai servizi digitali e al software. Il futuro di Stellantis dipenderà dalla capacità di Elkann e del gruppo dirigente di ridefinire le strategie industriali, riconquistare la fiducia dei mercati e collaborare con le istituzioni italiane ed europee. In parallelo, le altre vicende internazionali e nazionali delineano un contesto complesso che richiede risposte rapide e incisive.