Tutto scorre

Fulvio si annoia. E’ uscito di casa troppo presto stamattina; voleva andare al bar a leggere il giornale ma

dovrebbe almeno prenderci il caffe’, e con novanta centesimi ci si compra il pane per tutta la giornata. Fulvio

vive da solo in un appartamento al terzo piano di uno dei tanti palazzoni grigi di Prato, zona Viale Galilei; e’

rimasto solo da qualche anno, da quando sua moglie se ne e’ andata per un “malaccio”.Ogni tanto ripensa alla

sua Ginetta che lo rimproverava quando faceva quattordici ore in fabbrica ma che quando la domenica voleva

stare sul divano per vedere la partita lo scacciava fuori perche’ doveva fare le pulizie. Ora nessuno gli dice

piu’ cosa fare, e quasi ci prova gusto, una rivincita diremmo, nel tenersi i calzini tre giorni e lavare i piatti solo

la mattina.Ha tutto il giorno libero e fa quel che gli pare. L’altra settimana si e’ divertito a fare il conto delle

rocche di filato che ha fatto in tutta la vita: mamma mia. Se ora avesse un centesimo per ogni rocca a nero

che gli hanno fatto fare altro che colazione al bar, andrebbe a tutte le gite per gli anziani, a tutte le cene e a

tutte le tombole che vede attaccate alle pareti del circolo sotto casa. Ma il nero non ritorna, e i contributi

che ha versato per la pensione da artigiano che alla fine gli e’ toccata son pochini. Sperava di lavorare un

altro po’ – non e’ mica tanto vecchio- ma i clienti hanno cominciato prima a non pagare e poi a sparire, e dalle

quattordici ore al giorno allo stanzone e’ calato a tre o quattro. Ha resistito finche’ ha potuto, e ci ha rimesso

anche tanti soldi, ma alla fine si e’ arreso .Tanto valeva smettere, mentre la sua Prato si riempiva di cartelli in

cinese e il mercato del lunedi’ di finti made in Italy.Fulvio ha una pensione di seicentocinquanta euro al mese,

e lui ci campa, ma male, perche’ un imprevisto capita tutti i mesi, la roba e’ sempre piu’ cara e lui sempre piu’

debole e demotivato. Il dottore gli ha detto di uscire e camminare ma a lui non piace, specialmente perche’

non sopporta di vedere i cinesi che non gli danno la precedenza sulle strisce mentre corrono con i loro bmw

neri. Mentre cammina vede tante ditte che prima serviva chiuse, capannoni fantasma con le porte piene di

cartacce, polvere e plastica dappertutto.Ogni tanto gli pare che qualche amico lo saluti, da un portone

aperto. Meno male che il comune ha bonificato l’argine del Bisenzio, hanno fatto una bella pista ciclabile tra il

verde che son riusciti a recuperare.Scende le scalette e si ritrova dieci metri sotto il traffico e il cemento, par

quasi di essere tornato indietro di sessant’anni, quando la domenica andava a pescare i ranocchi con il

pezzettino di fegato legato alla lenza , e sentiva raccontare che a Prato le braccia per lavorare non

bastavano mai, e che venivano da tutta Italia perche’ le ditte aprivano come funghi e pagavano bene, e che

era tutto facile e possibile. Si sente stanco ora. Si siede su una panchina e comincia a seguire il volo dei

merli, per vedere dove hanno il nido. Arriva dalla curva una donna cinese, secca secca, avra’ poco piu’ di

vent’anni ma dalle borse agli occhi e l’andatura ne dimostra tanti di piu’. Parla fitta fitta non si sa con chi.

Fulvio la guarda con rabbia. E’ tutta colpa vostra, pensa, guardate che avete fatto musi gialli. Continua a

guardarla male e biascica una bestemmia. Lei non lo nota neanche e prosegue lungo la pista ciclabile. A una

decina di metri ora Fulvio vede una pallina rosa e bianca che barcolla. Avra’ si e no un anno e mezzo con dei

capelli neri neri e una smorfia di contrappunto su un faccino tondo come la luna. Poi cade seduta all’indietro e

si mette a piangere. La donna torna sui suoi passi, la prende in braccio e la bacia sulle lacrime. Ora la bambina

ride e tira i capelli alla mamma, che continua a parlare fitto fitto sorridendo.Fulvio si prende la testa tra le

mani , vergognandosi un po’.