Un anno di cinema americano: il bilancio del 2016

Tra meno di un mese il 2016 sarà concluso e come ogni anno bisogna tirare le somme di quella che è stata una stagione di cinema ricca di sorprese ma anche di profonde delusioni.

La tendenza attuale del cinema hollywoodiano vira verso la riproposizione di vecchie glorie del passato (es. Ben-Hur, I magnifici sette) o di sequel nuovi di zecca che sfruttano vecchi attori ma nuove tecnologie (Star Wars, Tarzan etc.). È inevitabile che spesso questi tentativi di attirare nelle sale sia il pubblico degli affezionati, troppo pieno di aspettative, sia chi ha conosciuto gli originali soltanto indirettamente – si rivelino dei costosi flop. Questo è stato il caso del nuovo Ben-Hur di Timur Bekmambetov, remake del kolossal di William Wyler del 1959, un block-buster che non poteva di certo pretendere di pareggiare il modello, visto anche il pietoso confronto tra il carismatico Charlton Heston e l’inconsistente Jack Huston.

Il Natale del 2016 sarà all’insegna dell’azione, con un nuovo Star Wars, Rogue One (in Italia dal 15 dicembre), che già starà facendo fremere di impazienza tutti gli appassionati. Si tratta di un film indipendente dal sequel Star Wars – Il risveglio della forza, uscito un anno fa. Rogue One si colloca tra la nuova e la vecchia trilogia, ovvero dopo il terzo episodio, La vendetta dei Sith e prima del quarto, Una nuova speranza, che in realtà era il primo film in assoluto dell’intera serie, uscito nel lontano 1977 e intitolato Guerre Stellari, quando nessuno – né tanto meno, probabilmente, lo stesso George Lucas – avrebbe mai immaginato che si sarebbe trattato di uno dei più grandi fenomeni della storia del cinema.

Non solo prequel, sequel e trilogie, però. In effetti non sono mancati nemmeno i film d’autore, soprattutto nella prima metà dell’anno. Uno di questi è stato Revenant – Redivivo, che ha finalmente portato Leonardo DiCaprio a vincere l’Oscar come Migior Attore Protagonista e che, allo stesso tempo, ha confermato il talento di Iñarritu, vincitore nel 2015 con Birdman (Miglior Film e Miglior Regia). Revenant è un film sbalorditivo per le atmosfere e le ambientazioni. Girato in condizioni disumane, il film affronta il classico tema western della vendetta, ma al di là del suggestivo paesaggio ghiacciato della Terra del Fuoco, Revenant esalta soprattutto la grandezza di DiCaprio, un attore capace di prove ai limiti dell’inverosimile, come per esempio dormire nudo nella carcassa di un cavallo nel bel mezzo di una tempesta di neve.

Stesso paesaggio ma ritmo molto diverso in The Hateful Eight, l’ottavo film dello stravagante Quentin Tarantino. A differenza del film di Iñarritu, in cui dominano gli spazi aperti, il film di Tarantino rispetta le unità aristoteliche di luogo, con i suoi otto personaggi che sono imprigionati nell’Emporio di Minnie sotto una tormenta di neve. Il cacciatore di taglie John Ruth vuole trascinare la latitante Daisy Domergue al patibolo: lo chiamano “il Boia” proprio perché le sue vittime ama vederle morire. Ma sulla strada per Red Rock i due si imbattono del Maggiore Warren e nel nuovo sceriffo di Red Rock, Chris Mannix. Raccolti entrambi nella diligenza, giungono nell’Emporio di Minnie, dove incontrano altri quattro uomini poco raccomandabili: il messicano Bob, sostituto dell’assente Minnie, Oswaldo Mobray, Joe Gage e Sanford “Sandy” Smithers, ex-generale confederato.

Non tutti però stanno dicendo la verità e non sono chi sostengono di essere.

Tarantino continua se stesso dal punto di vista del genere, il western, inaugurato in Django Unchained, ma sfrutta una raffica di dialoghi – conditi dalla sua solita ironia, marchio di fabbrica –, che sostituiscono interamente l’azione, tecnica già nota ai suoi fan per Le Iene. In un cast stellare, spicca l’attore-feticcio del regista, Samuel L. Jackson, autore dell’ennesima interpretazione strabordante.

Altro attesissimo ritorno è stato quello di due personaggi dei fumetti che hanno sfruttato il grande schermo per incrementare ancora di più il loro straordinario successo: Batman v Sperman: Dawn of Justice, diretto da Zack Snyder, regista già de L’uomo d’acciaio – che narrava le origini di Superman. Per la prima volta, quindi, l’Uomo-pipistrello e l’ultimo kriptoniano si incontrano al cinema, dopo che già Frank Miller li aveva fatti scontrare nel suo intramontabile Il ritorno del Cavaliere Oscuro, fonte di ispirazione anche per la trilogia di Batman diretta da Christopher Nolan.

In Batman v Superman la diversità tra i due supereroi assume delle connotazioni politiche, come già aveva fatto nel fumetto di Frank Miller: Superman è l’eroe presidenziale, un dio al servizio della Casa Bianca amato e illuminato. Batman è l’esatto opposto: è cupo, invisibile ma soprattutto è un vigilante che agisce senza essere assoldato da nessuno ma solo per un implacabile e profondo senso di giustizia.

Il limite maggiore del film, al di là del conflitto ideologico tra i due protagonisti, risiede nella prolissità della sceneggiatura e nell’inconsistenza di alcuni personaggi, destinati ad apparire altrove ma qui poco rilevanti (come Wonder Woman, inutile, ma protagonista di un film che uscirà nel 2017) o ritratti quasi parodistici di cose già viste (come Lex Luthor, ricalcato sul Joker di Heath Ledger nel Cavaliere Oscuro di Nolan).

 

L’ultima parte dell’anno ha visto – e vedrà – il ritorno di due grandi registi americani, Oliver Stone e Martin Scorsese. Il primo, con il suo Snowden, ritorna a raccontare una storia tipicamente statunitense, mettendo al centro il controverso Edward Snowden, ex collaboratore della CIA e dell’NSA che decise di rivelare alla stampa come i servizi segreti americani spiavano il mondo. Stone, che non nasconde la sua profonda stima per Snowden, è sempre stato un regista che non si è mai fatto alcuno scrupolo a raccontare il sogno americano in un modo disincantato: JFK, Nixon, ma anche Nato il 4 luglio sono soltanto alcuni esempi di film che criticano la grande società americana e gli imbrogli che si celano dietro al mito del self-made man americano. Può anche non piacere ma non può lasciare indifferenti.

Dulcis in fundo, Martin Scorsese, quel bravo ragazzo di New York, prossimamente nelle sale con Silence, un film a cui aveva pensato per lungo tempo e che vedrà protagonisti Liam Neeson e Andrew Garfield. L’attesa è grande soprattutto perché il regista tornerà ad affrontare uno dei temi topici dei suoi film, il conflitto tra spirito e materia. Questa volta si tratta di un film ambientato in un contesto storico, nel Giappone del XVII secolo. Dopo l’esagerazione di The Wolf of Wall Street, quindi, Scorsese cambia del tutto genere e tematica e si rimette alla prova, candidandosi così come uno dei grandi protagonisti degli Oscar 2017.

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