‘Zavorra sulle imprese: pressione fiscale al 68%’

ROMA – “Sono un uomo del dialogo”: si presenta così Giorgio Squinzi, con toni sempre pacati nell’intervento di debutto come presidente di Confindustria. Ma é subito pressante nell’incalzare il Governo: dalla “zavorra” del fisco da eliminare, all’urgenza sul fronte della pubblica amministrazione (“la madre di tutte le riforme”) ad una bocciatura severa sulla riforma del mercato del lavoro. Fino a dettare una agenda in 4 punti per il confronto da aprire con l’esecutivo di Mario Monti: riforma e debiti della P.A., tagli della spesa pubblica, riduzione della pressione fiscale, credito alle imprese, che stanno “soffocando”, tanto da essere “a rischio sopravvivenza”. Primo confronto ampio con la base, all’assemblea annuale, per il nuovo leader degli industriali, di fronte ad una platea di oltre 3.000 imprenditori che più volte lo interrompe con lunghi applausi. Come quando ringrazia Emma Marcegaglia (“coraggiosa e appassionata”), che lascia la presidenza dopo 4 anni “molto duri” passandogli il testimone per anni che, dice, “lo saranno anche di piu”. Ancora quando parla di mafia e impegno per la legalità, ricordando Falcone e Borsellino. E quando inizia il suo interveneto con un grazie al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, (“l’Italia ha bisogno di lui”) descrivendo un quadro del Paese allarmante: “In momenti di grande difficoltà economica come l’attuale viene messo a rischio non solo il nostro benessere ma anche la tenuta del nostro tessuto democratico, sociale e istituzionale”.

Toni pacati, ma parole dure e senza sconti. Sul fronte della crisi bisogna “ridare speranza”, arrestare “una emorragia” che è anche della crescita visto che il Pil italiano “é del 6% inferiore al livello pre-crisi”, e che “si misura con le decine di migliaia di imprese che non sono sopravvissute; con oltre 2 milioni e 500.000 persone che non trovano lavoro; con il senso di sgomento che attraversa il Paese”. La riforma del lavoro “appare meno utile alla competitività del Paese e delle imprese di quanto avremmo voluto. Modifica il sistema in più punti ma non sempre in modo convincente”. Il rigore? “Occorre un impegno serio, determinato, continuo per ridurre la spesa pubblica. Non possiamo accontentarci di una spending review che sia solo una bella analisi dei tagli possibili. Servono tagli veri”. I ritardi nei pagamenti della P.A. alle imprese? “Non sono degni di un Paese civile”, “non possiamo più accettare che le imprese falliscano perché devono versare le tasse per forniture fatte allo Stato e che lo Stato non ha pagato”. Duro l’affondo sul fisco: è una “zavorra intollerabile che si aggiunge ad altre zavorre”; è “urgente il bisogno di una riforma”, le imprese non possono reggere una pressione reale complessiva “al 68,5% contro il 52,8% in Svezia, il 46,7% in Germania, il 37,3% nel Regno Unito”. A stretto giro, dallo stesso palco, la risposta del ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, che la platea ascolta nel silenzio: “Sul fisco sicuramente si faranno cose tangibili e positive”.

E aggiunge: “é giusto” che il presidente di Confindustria “richiami il governo a uno sforzo aggiuntivo e vi assicuro che l’impegno c’é tutto: ma il Paese si aspetta molto anche da voi, perché il benessere del paese viene anche dalle imprese”. Da Torino, sulla riforma del lavoro, indirettamente replica invece il ministro Elsa Fornero, che sottolinea “la complessità della riforma” che “va vista nel suo insieme”. Ma il pressing del nuovo leader degli industriali è serrato su tutti i fronti aperti dalla crisi. Sul credito chiede “a Stato e banche” uno sforzo aggiuntivo: “carenza e costi del credito sono il nodo più urgente da sciogliere perché sta soffocando il tessuto produttivo”. E ancora le relazioni industriali: avanti sull’accordo del 28 giugno, no alla cogestione lavoratori-imprese; l’Europa che “reggerà, ma il rischio che si sgretoli è reale”, le infrastrutture, l’energia, la legalità, la riforma interna del sistema associativo da “modernizzare” ma “con equilibrio”. Un cenno anche al “vile attentato di Genova” ed allo “sdegno ed il senso di orrore” per l’esplosione alla scuola di Brindisi. E conclude: “Non stiamo chiedendo la luna e non chiederemo la luna. Stiamo solo chiedendo di poter lavorare in un Paese meno difficile e inospitale, più normale, più simile agli altri Paesi avanzati”.