India, Paura per italiani rapiti. ‘Slitta ultimatum maoisti’

Molte ore dopo la scadenza, ieri sera, dell’ultimatum posto dopo il sequestro di Paolo Bosusco e Claudio Colangelo, i maoisti si mantengono in silenzio e non hanno apparentemente risposto alla mano tesa del ‘chief minister’ dello Stato di Orissa, Naveed Patnaik. Oltre alla disponibilità al dialogo “nell’ambito della leggé manifestata da Patnaik, secondo i media il governo centrale ha ordinato a New Delhi la sospensione delle attività militari anti-guerriglia nell’ambito dell’Operazione GreenHunt, lanciata tempo fa. Ma i maoisti hanno posto sul tavolo un pacchetto di 13 richieste per giungere al rilascio di Bosusco e Colangelo, fra cui la liberazione di tre leader del Partito comunista dell’India (Pci, maoista): Gananath Patra, Subhashree Panda (moglie del leader in Orissa, Sabyasachi Panda) e Junus Pradhan. L’assenza di una risposta ufficiale della guerriglia, comunque, non vuol dire che dietro le quinte non stiano avvenendo contatti volti all’apertura di una trattativa.

(dell’inviato Maurizio Salvi) BHUBANESWAR (INDIA) – Facevano colazione sull’erba, sulle rive di un ruscello incantato nell’area di Daringbadi conosciuta come il ‘Kashmir dell’Orissà, Paolo Bosusco, un tour operator di 54 anni, e Claudio Colangelo, medico e ‘missionario laico’ di 61, quando di colpo sono passati dalla contemplazione al terrore per l’arrivo di un gruppo di maoisti che li ha sequestrati e portati via legati e bendati insieme a due aiutanti indiani, poi rilasciati. L’operazione compiuta da una trentina di guerriglieri, la prima della guerriglia maoista che coinvolge cittadini stranieri, è avvenuta al confine dei distretti di Kandhamal e Ganjam ed accompagnata da una rivendicazione audio in cui il temibile leader clandestino Sabyasachi Panda ha comunicato una lista di 13 condizioni e fissato un ultimatum a stasera, avvertendo che “se il governo non lo raccoglierà, sarà responsabile di quanto accadrà agli ostaggi”. Il governo a Roma e l’ambasciata d’Italia a New Delhi si sono immediatamente attivate. Il console generale a Kolkata, Joel Melchiori, è venuto a Bhubaneswar, come quello di Mumbai Giampaolo Cutillo era andato in Kerala per sostenere il rilascio dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. E a Torino, dove si trovava oggi per l’inaugurazione di una mostra, il premier Mario Monti ha riferito di essere “in contatto con il ministro degli Esteri Giulio Terzi che segue la situazione, attraverso le strutture del ministero, in contatto con l’India in tempo reale, minuto per minuto, e mi tiene informato”.

Da parte sua l’ambasciatore d’Italia a New Delhi, Giacomo Sanfelice, ha mostrato speranza sulla possibilità che l’ultimatum venga rinviato. La prima preoccupazione del ‘chief minister’ dell’Orissa, Naveen Patnaik, di fronte all’ultimatum è stata di mandare un segnale ai rapitori. Prima una ‘condanna’ poco più che rituale del sequestro, e poi un visibile gesto di apertura al dialogo, con la richiesta di rilascio degli italiani sani e salvi. Messaggio ripetuto in serata, quando la scadenza si avvicinava senza che dal campo maoista venissero segnali confortanti. “Sta alla guerriglia fare un gesto ora – ribadiva una fonte del ministero dell’Interno locale – per organizzare una forma di dialogo sulle richieste da essa formulate”. Fonti giornalistiche che non trovano conferme ufficiali hanno indicato in serata che il governo centrale a New Delhi ha ordinato la sospensione delle missioni militari nell’ambito dell’Operazione antiguerriglia ‘GreenHunt’, accedendo così ad una delle principali rivendicazioni del piano in 13 punti dei maoisti per il rilascio degli italiani. Ma di conferma di sospensione dell’ultimatum, neppure l’ombra. Per Siba Mohanthy, giornalista locale ed esperto di guerriglia maoista, “non ci sono ragioni particolari per preoccuparsi, anche se non arriva una risposta aperta dalla clandestinità. Non siamo di fronte a guerriglieri assetati di sangue, ma decisi ad ottenere risultati dalle loro azioni”. In effetti la testimonianza del cuoco indiano rilasciato conforta. “Ci hanno bendati e ci hanno fatto camminare per circa cinque chilometri. Ma posso dire che i maoisti non hanno mai usato violenza e ci hanno trattato bene”, racconta, confermando tra l’altro la data del rapimento: il 14 marzo, mercoledì scorso, mentre il governo dell’Orissa, non si sa perché, fa risalire solo a ieri il sequestro. Anche per quanto riguarda il tavolo negoziale, Mohanty è relativamente ottimista: “Le parti si devono parlare, e forse lo stanno già facendo attraverso alcuni noti intermediari. Devono decidere dettagli tecnici, quante persone da una parte, quante dall’altra, e i temi che per primi vanno in discussione. Insomma, ci vuole tempo e pazienza”.

“Qualunque sia la ragione ideale per cui gli uomini di Sabyasachi Panda hanno deciso di compiere questo gesto – dice all’ANSA il portiere dell’Hotel Love & Life di Puri che è a lato dell’agenzia Orissa Adventurous Tours gestita da Bosusco – hanno scelto le persone sbagliate. Due uomini inoffensivi, amanti della natura e degli indigeni”. Nella rivendicazione la guerriglia ha rimproverato a Bosusco e Colangelo di aver “fotografato donne mentre facevano il bagno in un fiume” e criticato in generale i ‘safari umani’ e chi li organizza, stigmatizzando il fatto che gli indigeni sono mostrati ai turisti “come scimmie nello zoo”. Ma questo non c’entra al trekking che i due stavano facendo a piedi e non certo con l’obiettivo di fotografare o prendersi gioco degli indigeni. Devo ammettere, conclude Mohanty ricordando che la zona del Kandhamal fu al centro di scontri fra comunità e di un massacro anti-cristiano, che “il sequestro dei vostri italiani non lo capisco molto, ed è perlomeno sorprendente”.