Bersani: ‘Anche io per larghe intese’

”Anche io, a mio modo, ho una proposta di larga intesa. Propongo di svolgerla in un certo modo che permetta un cambiamento e non la fossilizzazione”. Così il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, intervenendo ad Agorà su Raitre, ha commentato le parole del presidente Napolitano. Bersani ha sottolineato che anche la sua proposta prevede un governo di minoranza, come avvenne nel 1976.

“A proposito di larghe intese, e governissimi, io ho vissuto la fase finale del governo Monti. Noi siamo rimasti lì e Berlusconi si è ‘dato’ tre mesi prima. Quando lo incontro glielo dico: ‘Ti conosco, mascherina’… Noi abbiamo già dato”.

“Giovedì o venerdì” si farà l’incontro tra Bersani e Berlusconi e riguarderà “il metodo per eleggere il nuovo presidente della Repubblica”. Lo ha detto lo stesso segretario pd. Bersani, pur garbatamente, ha polemizzato con Berlusconi: “Lui è simpatico, e ha detto che io ho accettato di incontrarlo: io non ho mai avuto preclusioni, è lui che non è venuto alle consultazioni per incontrarmi”.
“Io ho in mente una rosa di nomi, ma sono pragmatico e ho la testa aperta a soluzioni con criteri diversi anche nel metodo”. “Quello che escludo – ha aggiunto Bersani – è un presidente che non incroci il consenso del centrosinistra. Noi abbiamo 490 grandi elettori”.

“Credo che il buonsenso ci porterebbe a tornare al ‘Mattarellum'” cioé il precedente sistema elettorale. Bersani ha sottolineato che “Hollande al primo turno ha preso gli stessi voti del Pd, ed ora governa, ed anche Bush ha vinto su Gore forse per un solo voto eppure ha governato”.

“E’ una richiesta legittima e io la rispetto, ma voglio capire come M5S vuole mettersi mani e piedi nel solco della Costituzione”. Così il segretario pd ha risposto ad una domanda sulla richiesta del movimento di Beppe Grillo che si dia l’incarico al suo movimento per formare il nuovo governo. “Ho letto che Grillo – ha raccontato Bersani – ha detto ‘Napolitano dia l’incarico al Movimento, il quale poi sceglierà il nomé. Io faccio fatica – ha proseguito Bersani – perché la Costituzione va in una direzione diversa”. Alla domanda se teme “derive” da parte del M5S, Bersani ha risposto: “Io sono amichevole, ma mi piace dire fin dove posso arrivare. Nel Movimento 5 Stelle c’é una incompiutezza che va chiarita”. Analogo il giudizio sull’occupazione della Camera annunciata per oggi: “Non ho capito cosa significa: è solo simbolica?”.

Bersani ha rilanciato la sua proposta già avanzata nei giorni scorsi: “Si faccia un governo di cambiamento; si istituisca una convenzione per le riforme affidata a chi non governa; si scelga assieme un presidente della Repubblica che abbia una larga base parlamentare”. Riferendosi poi alle parole di ieri di Napolitano sul governo del 1976, Bersani ha osservato: “Nel 1976 c’era uno che governava, ed altri che lo consentivano. Era una forma di governo di minoranza. Io mi sono rivolto al M5S e al Pdl e ho detto ‘consentite il governo’: loro hanno detto ‘no’, non io”. “La mia idea – ha detto ancora il segretario del Pd – è che questa corresponsabilità comune sia nella direzione del cambiamento, non dell’arroccamento e della paralisi”. Bersani ha sottolineato che, come nel ’76, anche nella proposta da lui ribadita c’é una forma di “riconoscimento reciproco” tra i vari poli in campo: “La mia è una forma di governo di minoranza. Nella mia formula c’é un riconoscimento reciproco. La forma di responsabilità comune io la svolgo in un certo modo, perché un governo in cui ci sono io e Gasparri non é ciò di cui l’Italia ha bisogno”. Bersani ha aggiunto anche sul programma è disposto a discutere: “E poi questo ‘consentire’ da parte degli altri partiti uno lo può sempre revocare; ma c’é l’urgenza di far partire la legislatura con elementi di terapia d’urto” sul campo sociale e su quello della moralizzazione della vita pubblica.

NAPOLITANO RICHIAMA LE LARGHE INTESE- Nel 1976, quando ci fu l’esperienza del compromesso storico, “Ci volle coraggio in quella scelta inedita di larga intesa”. Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano parlando al senato ad un convegno su Chiaromonte.

Il capo dello Stato ha ricordato come ”il senso di una funzione e responsabilità nazionale democratica” guidò Gerardo Chiaromonte nella svolta del 1976. Una svolta che lo impegnò, ha ricordato Napolitano, “in prima linea al fianco di Enrico Berlinguer nella scelta e nella gestione di una collaborazione di governo con la Democrazia Cristiana dopo decenni di netta opposizione. E ci volle coraggio – ha sottolineato il presidente – per quella scelta di inedita larga intesa e solidarietà, imposta da minacce e prove che per l’Italia si chiamavano inflazione e situazione finanziaria fuori controllo”, senza dimenticare il terrorismo. Giorgio Napolitano ha anche rilevato che la fine di quella esperienza fu l’unico atto politico che lo divise dalla visione di Chiaromonte: “L’unico momento in cui non ci trovammo in piena sintonia fu quello della concitata chiusura, da parte del Pci, dell’esperienza della solidarietà nazionale. Decisione che – ha concluso – fu foriera di un arroccamento fuorviante”.

Io e Gerardo Chiaromonte venimmo presto, “ancora assai giovani, riconosciuti e valorizzati nel partito e nell’agone politico. Ma partimmo, non è superfluo rammentarlo oggi, con modestia, con serietà, da un faticoso e non breve apprendistato di base” ha sottolineato Napolitano.