Foto ‘rubate’, Camera invita fotografi ad autoregolamentazione

La Camera resta “con vista” per i fotografi, ma arriva un freno alle foto di bigliettini e telefonini dei deputati: i fotoreporter dovranno stare attenti alla privacy e darsi un codice di autoregolamentazione che blocchi la pubblicazione di foto che “ledano la riservatezza” dei parlamentari. Dopo la pubblicazione del display del telefonino di Denis Verdini (Pdl), che testimoniava i febbrili contatti per assicurare a Berlusconi i voti dei deputati sulla fiducia, ma anche dei bigliettini del Cavaliere e, da ultimo, di Enrico Letta a Mario Monti, a Montecitorio c’era chi aveva proposto di chiudere agli obiettivi le tribune stampa dell’Aula.

Ma Fini ha detto no. “I deputati sono personaggi pubblici e l’Aula è un luogo pubblico, equiparabile ad una piazza, per cui non si può evitare che venga fotografato, ad esempio, un deputato che dorme sul banco o che si metta le dita nel naso”. Diverso è per il presidente della Camera il discorso per le comunicazioni tra i parlamentari: “Intercettare le comunicazioni in qualsiasi modo non può essere permesso”.

E allora l’ufficio di presidenza, dopo aver consultato i 40 fotografi che di solito seguono i lavori dell’aula, li ha invitati a costituire un’Associazione dei fotografi parlamentari, che adotti un codice di autoregolamentazione concordato con la Camera per la tutela della privacy dei soggetti ripresi, garantendo la riservatezza delle comunicazioni tra parlamentari e membri del governo.

La delibera è passata a maggioranza con l’astensione di Antonio Leone (Pdl) e Giacomo Stucchi (Lega). Chi continuerà a fotografare ‘pizzini’ “non essenziali per l’informazione sullo svolgimento dei lavori parlamentari”, si vedrà ritirare l’accredito di Montecitorio. I fotografi, in compenso, potranno scattare non solo dalla tribuna attualmente ad essi dedicata (da dove si “sorveglia” solo il centrodestra) ma anche da altre angolazioni.

La decisione di Montecitorio fa discute. Viene apprezzata dal Garante per la Privacy “alla luce della dichiarazione del presidente della Camera che riconosce la necessità di salvaguardare la pubblicità dei lavori parlamentari e quindi il diritto all’informazione che è strettamente connesso”, sostiene il presidente Francesco Pizzetti. “Soddisfatta” l’Associazione stampa parlamentare, soprattutto per la decisione della Camera “di non procedere a sanzioni in seguito agli episodi che hanno indotto diversi deputati a sollevare il problema della compatibilità tra diritto di cronaca e diritto alla privacy”.

Sanzioni che “avrebbero rappresentato un’inaccettabile e anacronistica limitazione alla libertà di informazione e al diritto dei cittadini a conoscere quel che accade nelle aule del Parlamento”. Ma non tutti sono contenti. Per il presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino “che l’adozione di un codice di autoregolamentazione vada concordato con la Camera non va affatto bene”. Il presidente della Fnsi Roberto Natale invoca una “vera autoregolamentazione, affidata cioé alla responsabilità dei colleghi”.

Perché, spiega il leader del sindacato dei giornalisti, la privacy “va invocata a proposito” , e non per il biglietto di Monti o, ad esempio, per il deputato che guarda le escort sull’i-Pad. Ancor meno contenti, poi, alcuni fotografi. “La decisione di Montecitorio è una privazione della libertà di stampa. Se giornali e agenzie l’accetteranno, accetteranno un bavaglio vero e proprio.

Bavaglio al teleobiettivo”, sbotta Umberto Pizzi, tra i più noti paparazzi romani. “La Camera – sostiene – è il luogo pubblico per eccellenza. Noi andiamo lì e facciamo il nostro lavoro: nessuno obbliga questi signori a scambiarsi i pizzini, nessuno li obbliga a telefonare in Aula, nessuno li costringe a guardare siti poco consoni sull’iPad. Lì dovrebbero lavorare, non mettersi a giocare”.