Governo ha perso appoggio poteri forti

(di Federico Garimberti) – Mario Monti cerca di rompere l’assedio cui è sottoposto il governo, replicando colpo su colpo alle critiche degli ultimi giorni. E così in rapida sequenza si toglie parecchi sassolini dalle scarpe: a cominciare dal Corriere della Sera – di cui è stato per anni collaboratore – che qualche giorno fa in un editoriale degli economisti Alesina-Giavazzi non ha risparmiato critiche all’Esecutivo. Ma anche verso i partiti, ed in particolare il Pdl con cui si rischia un pericoloso braccio di ferro sulla giustizia. E persino in Europa, visto che Monti, pur con la premessa di essere “grato” al rigore teutonico, non rinuncia a schierarsi con Mariano Rajoy sul delicato tema delle banche ed in favore di una revisione del Fiscal Compact che premi i Paesi virtuosi: posizioni che lo pongono in rotta di collisione con Berlino.

Il presidente del Consiglio sceglie la platea del congresso nazionale dell’associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio a Palermo per levarsi diversi pesi dallo stomaco. Il governo, dice in collegamento video da palazzo Chigi, “sicuramente ha perso l’appoggio, che gli osservatori gli attribuivano, dei poteri forti”. E per far capire a chi si riferisca aggiunge: “Non incontriamo infatti favori di un grande quotidiano che è espressione autorevole dei poteri forti, e presso Confindustria”.

Evidentemente piccato dalla ramanzina dei due editorialisti, uno dei quali (Giavazzi) è diventato consulente del governo per gli aiuti alle imprese, il professore si prende la sua rivincita. Alla quale via Solferino replica con un laconico tweet del direttore Ferruccio De Bortoli: “Poteri forti, poteri storti, poteri morti”. Monti se la prende anche con Confindustria: il mondo delle imprese, dice, pur essendo il “principale beneficiario” della riforma del lavoro ne ha “sottovalutato” gli effetti

. Ma è chiaro che il premier sente la pressione dell’opinione pubblica, dei giornali (anche stranieri visto che il Financial Times, con suo enorme rammarico, lo accusa di occuparsi troppo d’Europa e poco dell’Italia) e dei partiti: “Non voglio negare che avremmo potuto fare di più e meglio” ma “molte riforme, ora scontate, sono state messe a punto con grande rapidità e incisività”, è la sua replica. Per poi ammonire: i momenti difficili non sono alle spalle. Poi, forse proprio per allentare l’accerchiamento in casa, rilancia sul piano europeo: “Dobbiamo essere grati a chi, ed è il caso della Germania, ha tracciato la strada” del rigore che non deve essere messo in discussione, premette diplomaticamente. Ma, appunto, è solo la premessa: perché quello che dice dopo va nella direzione opposta a quella indicata da Angela Merkel. Prima sottolinea l’urgenza di misure europee per “spezzare il circolo vizioso fra vunerabilità del settore bancario e crisi del debito sovrano”. Poi sposa la linea dello spagnolo Mariano Rajoy che chiede una ricapitalizzazione diretta delle banche iberiche da parte di Esm e Efsf e non attraverso lo Stato spagnolo per non sottoporre il Paese alla tutela di Fmi e Ue come invece vorrebbe Berlino.

Chiede inoltre che il Fiscal Compact, il ‘totem’ al rigorismo tedesco, sia completato con regole che “incentivino” i Paesi virtuosi come l’Italia a ridurre lo stock del debito in eccesso. Infine rilancia sugli eurobond sostenendo che il tema non solo deve “restare sul tavolo” ma deve avere una “prospettiva temporale non di lunghissimo periodo”. Ma i problemi di Monti non sono sole ‘esterni’. Anche in casa il governo è alle prese con diversi nodi. La partita sul ddl anti-corruzione si è fatta delicata e l’Esecutivo rischia il ‘muro contro muro’ con il Pdl che chiede modifiche al testo di Paola Severino. Con il risultato che il governo potrebbe mettere la fiducia sulla parte dell’articolato che riguarda le misure penali.

Persino sul fronte interno al governo le cose non vanno benissimo: anche stavolta il Cdm non ha preso nessuna decisione sul dl sviluppo a causa di problemi di copertura che hanno spinto ad un confronto (“molto animato”, secondo fonti ministeriali) fra Corrado Passera e Vittorio Grilli, con il titolare del Tesoro che, anche a causa del terremoto, nega le risorse e il ministro dello Sviluppo che – raccontano – arriva a mettere in dubbio la sua permanenza nell’Esecutivo. Voci non confermate che però la dicono lunga sui problemi che il premier si trova di fronte.