Pakistan vieta Twitter poi ci ripensa

(di Maurizio Salvi) – No ai cinguettii informatici di Twitter. Il Pakistan ha nuovamente usato la mano pesante con i social network, come già due anni fa, e lo ha fatto questa volta oscurando l’attività di Twitter. Ripensandoci, però, 12 ore dopo, quando ha riattivato l’accesso al servizio di microblogging, senza fornire ulteriori spiegazioni. Sul blocco però le autorità pachistane erano state chiare, l’accusa a Twitter era di aver lasciato circolare, senza adottare contromisure, “contenuti blasfemi” irriverenti nei confronti di Maometto, tali da turbare l’opinione pubblica e minacciare la serenità del paese. L’iniziativa è stata decisa dal ministero delle Tecnologie per l’Informazione (Mit) che ha dato ordinato all’Authority pachistana per le telecomunicazioni (Pta) di bloccare immediatamente il microblogging, mettendo così a disagio i sei milioni di utenti pachistani, fra cui anche il ministro dell’Interno, Rehman Malik, vero e proprio fanatico dei ‘tweet’. Il ministero ha spiegato che la decisione è stata presa perché Twitter, “nonostante i numerosi avvertimenti inviati al riguardo, non ha mai fornito risposte”.

Ma secondo l’edizione online del quotidiano The Express Tribune i responsabili del servizio di messaggistica, che in febbraio ha raggiunto i 500 milioni di utenti attivi, “hanno replicato di non essere in grado di bloccare ogni individuo che fa qualcosa di questa natura sul website”. Da qui la decisione governativa di interrompere il servizio che è avvenuta a livello dei collegamenti di caricamento dal server senza, sembra, avvertire i gestori, che hanno protestato. A quanto è emerso la goccia che ha fatto traboccare il vaso é stato il diniego da parte del social network lanciato nel giugno 2006 da Evan Williams di impedire la diffusione di caricature riguardanti il profeta Maometto, una questione che già in passato aveva spinto la magistratura pachistana a decidere radicali misure di censura.

Due anni fa, infatti, nella seconda metà di maggio 2010, Twitter fu oscurato per una decina di giorni, insieme a Facebook e Youtube, dopo una sentenza dell’Alta Corte di Lahore, sempre per le offese rappresentate da una gara di caricature riguardanti la figura di Maometto. Nello stesso tempo organizzazioni di difesa dei diritti umani hanno segnalato che Facebook e Twitter sono utilizzati senza limiti da organizzazioni estremiste islamiche per reclutare adepti e divulgare una propaganda spesso di taglio terroristico. Uno dei personaggi più elogiati, ad esempio, è stato Anwar al Awlaki, il leader musulmano americano-yemenita, noto come il “Bin Laden di Internet” ed ucciso nello Yemen nel settembre 2011 dagli stessi americani con un drone. Prima che il servizio venisse riattivato, i fan dei ‘tweet’ erano già corsi ai ripari utilizzando per l’invio dei micro-messaggi telefoni cellulari, browser sicuri come Opera Mini, o programmi proxy avanzati tipo Vtunnel.