Tre anni su ottovolante, torna incubo ’94

Quel 9 maggio del 2008, di fronte ai flash dei fotografi che immortalavano la sua squadra di governo dopo la cerimonia del giuramento al Quirinale, Berlusconi certo non immaginava che da li’ a tre anni si sarebbe ritrovato senza maggioranza per colpa di ”malpancisti” e ”traditori” provenienti dalle file del suo partito. Non c’era nessun motivo di temere il ripetersi dei rovesci subiti durante i suoi tre governi precedenti: l’avviso di garanzia ricevuto durante il G8 di Napoli, il tradimento della Lega, il ribaltone del dicembre ’94, la sconfitta elettorale a opera di Prodi. Questa volta la coalizione di centrodestra aveva stravinto le elezioni, il Pdl era il primo partito, insieme alla Lega alla Camera aveva cinquanta deputati in piu’ dell’opposizione. Insomma, c’erano tutte le condizioni per arrivare alla fine della legislatura e attuare il programma di riforme promesso in campagna elettorale. Il primo anno di governo, infatti, tutto scorre liscio: il peggio che puo’ capitare e’ che i deputati dell’Mpa minaccino di non votare la fiducia sul Def reclamando piu’ fondi per il Sud; e per un liberaldemocratico che va via c’e’ un Pionati che arriva. Risolte le preoccupazioni giudiziarie vengono risolte con l’approvazione del lodo Alfano, che sospende i processi delle alte cariche dello Stato, Berlusconi governa senza problemi.

Poi, qualcosa comincia ad andare storto. Le inchieste della magistratura portano alla luce l’esistenza di una ”cricca” che si spartisce gli appalti dei lavori per la ricostruzione post-terremoto e per le opere legate al G8. A vario titolo sono coinvolti il capo della protezione civile Guido Bertolaso e il ministro Claudio Scajola, costretto a dimettersi il 4 maggio del 2010, quando si scopre che la sua casa di Roma, di fronte al Colosseo, e’ stata pagata (”a mia insaputa” dira’), dall’imprenditore Diego Anemone. Il clima diventa rovente a fine maggio, quando il Parlamento da il primo si’ alla legge bavaglio: l’idea di Berlusconi di limitare le intercettazioni e la loro pubblicazione sui giornali (perche’ ”siamo un paese di intercettati”) si scontra con la voglia di informazione che cresce tra i cittadini, e alla fine il governo si deve rassegnare a mettere il disegno di legge su un binario morto.

La popolarita’ del premier comincia a calare. In quei mesi matura lo strappo con Gianfranco Fini. I finiani escono dal Pdl, restano per qualche mese in maggioranza, poi, dopo la campagna del ‘Giornale’ e di ‘Libero’ contro il loro leader per la vicenda della casa di Montecarlo, rompono gli indugi e passano con l’opposizione. Solo la ”campagna acquisti” condotta tra finiani indecisi, dipietristi alla Scilipoti e Pd alla Calearo consente a Berlusconi di superare la prova del 14 dicembre del 2010, giorno della ”spallata” fallita per solo tre voti. Da quel giorno, e fino a oggi, il governo Berlusconi ha vissuto pericolosamente, nel costante timore di tranelli e agguati in parlamento, che infatti non sono mancati, nonostante l’arrivo dei ”Responsabili”, generosi nel concedere i loro voti in Parlamento ma anche esigenti nel chiedere incarichi di governo e riconoscimenti.

La tenuta della maggioranza oscilla: Berlusconi viene ”salvato” sul caso Ruby dall’aula della Camera, ma il parlamentare Alfonso Papa, coinvolto nella P4, viene spedito in carcere con i voti di dissidenti e leghisti. Il prezzo da pagare per la sopravvivenza del governo e’ il moltiplicarsi dei voti di fiducia e la paralisi del Parlamento. Ma quando scoppia la crisi economica, la scorsa estate, diventa evidente che il rapporto tra Berlusconi e il ministro dell’Economia Tremonti e’ ormai compromesso; e nel pdl emerge l’esistenza di una ”fronda” che comincia a criticare il premier. Tra borse impazzite, spread ai massimi storici e adii di ex fedelissimi, non e’ una sorpresa per nessuno la bocciatura del rendiconto del bilancio dello Stato, lo scorso 12 ottobre. L’annuncio di queste ultime dimissioni arriva dopo 3.332 giorni di governo (non consecutivi) che fanno di Berlusconi il presidente del consiglio piu’ longevo dell’Italia repubblicana: ancora qualche mese e sarebbero stati dieci anni pieni a Palazzo Chigi.