Arrestato il vicepresidente del consiglio comunale di Roma

(di Marco Maffettone) – Malaffare di famiglia. Un fiume di denaro frodato al fisco che Samuele Piccolo, recordman di preferenze e vicepresidente del consiglio comunale di Roma, ha fatto convogliare nella sua campagna elettorale grazie al fattivo “aiuto” del fratello Massimiliano e del padre Raffaele. Un’attività che ha portato il gip del tribunale di Roma a firmare sette ordinanze di custodia cautelare per associazione per delinquere e finanziamento illecito ai partiti. Un’inchiesta che colpisce una figura di spicco del mondo politico capitolino, punta di diamante del Pdl che però oggi lo ha sospeso, e che ha scatenato accese polemiche con richiesta di dimissioni di Piccolo ma anche dello stesso Alemanno da parte delle opposizioni, Idv e Pd in testa. Ma Gianni Alemanno, che con Piccolo, malgrado le sue 12mila preferenze, ha sempre avuto evidenti frizioni si smarca cautamente: “ho fiducia nella magistratura, è una vicenda molto brutta”. I pm nell’ordinanza descrivono una sorta di holding criminale tutta in famiglia dedita sì all’arricchimento ma anche alla scalata politica di Samuele, enfant prodige della scena romana.

“‘E’ evidente – scrivono i magistrati – una commistione tra l’attività della consorteria criminale e l’ottenimento di positivi risultati elettorali”. Piccolo si trova ai domiciliari assieme al padre ed altre quattro persone mentre per il fratello Massimiliano, ritenuto dagli inquirenti l’uomo chiave dell’organizzazione, si sono aperte le porte del carcere di Rebibbia. Tutti sono difesi da Luca Petrucci, avvocato di Luigi Lusi, l’ex tesoriere Dl al centro dell’affaire fondi Margherita drenati -secondo l’accusa- per suo tornaconto. Secondo i pm Paolo Ielo, Barbara Sargenti e Mario Palazzo, i Piccolo attraverso 60 società avrebbero creato finti crediti Iva e dirottato i fondi drenati al fisco all’attività politica del vicepresidente del consiglio comunale. Sono tre gli episodi di finanziamento illecito di cui deve rispondere il vicepresidente del consiglio. Piccolo avrebbe finanziato illecitamente cene promozionali e fondi garantiti per l’avvio di un call center, usato per la campagna elettorale, costato 122 mila euro di fondi evasi al fisco.

Gli uomini della polizia tributaria della Gdf hanno proceduto, inoltre, al sequestro di 2 milioni di euro nei confronti di Massimiliano Piccolo: per i pm della Procura di Roma il denaro sarebbe il frutto dei reati fiscali. Nell’inchiesta sono coinvolti anche personaggi riconducibili alle società del “gruppo Piccolo”: ai domiciliari sono finiti Franco Cannone, Silvia Fortuna, Rosario Meglio e Riccardo Sorbara. In totale sono indagate 13 persone, tra cui anche la madre di Piccolo, Elena Ciaravolo. I pm avevano chiesto l’arresto anche di Ezio D’Angelo, assessore all’VIII municipio della Capitale ma la richiesta è stata respinta dal gip. Nell’operazione scattata quest’oggi non mancano gli aspetti curiosi come la scoperta di un buco in un muro in una delle sedi delle società grazie al quale i componenti dell’organizzazione potevano prendere documenti da un armadio in passato sigillato dagli ispettori dell’Agenzia delle entrate.