Coppi, Cav. doveva essere assolto subito

Mediaset: Coppi, interdizione? Era errore paleseROMA – Nonostante l’impegno a contenere la foga oratoria degli avvocati di Silvio Berlusconi e la loro volontà, manifestata ai giudici, di stringere i tempi delle arringhe, il processo Mediaset in Cassazione – che tiene in fibrillazione il clima politico e ipoteca il futuro parlamentare di Silvio Berlusconi – si concluderà solo oggi pomeriggio, quando verrà letto il verdetto davanti alle telecamere di Rai e Sky che rimbalzeranno il segnale gratuitamente anche alle tv di tutto il mondo che stazionano davanti al ‘Palazzaccio’ ormai da due giorni. Continua dunque l’attesa sulle sorti giudiziarie del ‘Cav’ che rischia la conferma della condanna a quattro anni di reclusione (tre condonati) e a cinque di interdizione dai pubblici uffici per frode fiscale ai danni dello Stato. Per tre ore i suoi legali, il professor Franco Coppi e l’avvocato e deputato Niccolò Ghedini – che lo difende dal 1998 – hanno cercato di smontare le accuse che lo ritraggono come il ‘dominus’ di un sistema truffaldino che gonfiava i costi dei film acquistati da Mediaset con un giro fittizio di intermediazioni che finivano negli ammortamenti delle dichiarazioni dei redditi. Hanno chiesto l’assoluzione del ‘Cav’ e hanno contestato l’esistenza stessa del reato, cercando comunque di smontare il filone della continuità che finora ha contribuito a bloccare la prescrizione.

Secondo Coppi, che ha concluso il tour de force delle arringhe in un’aula piena di afa dove era in vigore un rigido divieto di utilizzo di cellulari e pc, quel che eventualmente ha commesso l’ex premier sarebbe “penalmente irrilevante” e mancherebbe una specifica “norma antielusiva” per sanzionarlo. “Berlusconi, come tutti sanno, – ha proseguito il ‘principe’ dei penalisti – dal 1994 si dedica interamente alla politica e non si occupa più di gestione societaria. Figuriamoci se si interessava delle quote di ammortamento del 2002 e del 2003 quando ormai da 10 anni aveva accantonato queste preoccupazioni, se mai si fosse occupato di cose del genere!”.

Sempre battendo il tasto della discesa in politica del ‘Cav’ che lo avrebbe allontanato dagli affari, Coppi ha ricordato che Franco Tatò, il manager al quale Berlusconi diede le redini delle sue società, ha testimoniato che con il ‘Cav’ “era difficile addirittura avere un contatto fisico: si poteva discutere per telefono solo di qualche strategia di carattere generale!”. E Tatò – ha proseguito Coppi – “non rese una testimonianza compiacente: infatti non è stato accusato di falsa testimonianza!”. Insomma, Berlusconi – ha concluso il legale – “non era il ‘dominus’ di nessuna catena truffaldina e mi rammarico che, invece, questa tesi sia stata condivisa ieri anche dalla Procura della Cassazione”.

Ghedini, che ha rinunciato a svolgere un’arringa ‘monstre’ che minacciava di durare quattro ore, ha confessato che per lui il processo Mediaset “è un incubo notturno” nel quale alla difesa “è stato impedito di sentire anche uno solo dei 171 testi chiamati a deporre”. “Sono sedici anni – ha detto l’avvocato ‘onorevole’ – che difendo Berlusconi. Sicuramente troppi. E sento dire che dobbiamo difenderci nel processo e non dal processo. Ma come facciamo a difenderci con un tribunale che mi dice: concordate con il pm le domande per i testi?”.

Anche ieri è stato Ghedini a tenere i contatti con Palazzo Grazioli. Con un lapsus che fissava la convocazione della camera di consiglio per il primo agosto del prossimo anno, il presidente del collegio della Sezione Feriale Antonio Esposito ha dato appuntamento ai suoi colleghi per oggi a mezzogiorno per iniziare la camera di consiglio di Mediaset. Subito ha corretto la data. Del resto, lo stress che vive la Suprema Corte è palpabile: anche il Procuratore generale Gianfranco Ciani che ha fatto una capatina in udienza lo ha ammesso. Il capo dei ‘pm con l’ermellino’ ci ha tenuto a ricordare come “solo l’aspetto della pena accessoria sia stato censurato nella requisitoria di ieri del Pg Mura”. A fare le spese dello zelo nelle misure di sicurezza – c’è un dispositivo di forze dell’ordine che presidia diversi ‘punti’ della capitale proprio in attesa del verdetto Mediaset – è stato il vignettista ‘Vincino’ venuto in Cassazione per ritrarre i magistrati. Il binocolo per guardarli meglio è stato scambiato per un oggetto da ‘puntamento’, ed è stato ‘perquisito’ ma subito scagionato e restituito al caricaturista de ‘Il Fatto’ e del ‘Foglio’.