Grecia, appello di Papademos in tv ‘Disastro se manovra non passa’

(di Patrizio Nissirio) ROMA – E’ un weekend decisivo e ad altissima tensione per la Grecia, con tutti gli occhi puntati non solo sulle piazze, sempre più roventi, ma anche sul Parlamento. Domani sera è atteso il cruciale voto che deve approvare o bocciare l’intesa con la troika Ue-Bce-Fmi su un nuovo pacchetto di tagli durissimi in cambio dello sblocco di una tranche vitale da 130 miliardi di euro.

Un’iniezione per salvare Atene dal fallimento. Per questo il premier Loukas Papademos ha rivolto un messaggio a tratti drammatico alla nazione, in tv. “Sappiamo che le nuove misure colpiranno i greci nel breve termine. Lo sappiamo. Ma i costi sociali non si possono paragonare con il disastro” che genererebbe una loro bocciatura. “Siamo giunti al Punto Zero (espressione greca che sta per ‘punto di non ritorno’). Queste misure ci evitano il fallimento incontrollato, che porterebbe il paese alla catastrofe, al caos economico, all’esplosione sociale”.

Le misure previste nell’accordo con la troika, ha affermato il premier, “garantiscono il futuro del nostro Paese nell’euro. Fino al 2009 in Grecia c’era un modello economico sbagliato. Si tratta di cose che dovevano essere fatte diverso tempo fa”. Papademos ha illustrato nel dettaglio cosa vorrebbe dire la catastrofe, in mancanza del varo delle nuove misure: “Non potremmo più importare generi di prima necessità, o pagare per il funzionamento di ospedali e scuole, pensioni e medicine”. Chiedendo il voto dei parlamentari dei due maggiori partiti, Nuova Democrazia e Pasok, il primo ministro ha esortato i greci a reagire: “Il patriottismo non è abbandonare la battaglia, ma difendere la nostra posizione in Europa e nell’euro, prendendo tutti insieme decisioni importanti”. Domani pomeriggio, poche ore prima del cruciale voto, migliaia di manifestanti di tutte le sigle sindacali marceranno sul Parlamento, per una protesta-assedio che si annuncia imponente, e si temono scontri, anche pesanti.

Oggi, nel secondo giorno di uno sciopero generale che ha paralizzato ogni attività, Atene è stata di nuovo teatro di manifestazioni di protesta. In piazza contro le nuove misure di austerità sono scesi i sindacati Gsee e Adedy, concentrati sempre a Syntagma. Ma nella piazza della Costituzione che ospita il Parlamento c’erano meno di tremila persone, a causa del blocco dei trasporti e quello del traffico imposto dalla polizia nel centro cittadino. La confederazione sindacale comunista Pame aveva dato appuntamento a Omonia, un’altra piazza di Atene. In 4.000 hanno sfilato a Salonicco, seconda città del Paese. Circa 5.000 agenti in tenuta antisommossa hanno presidiato Atene, e a differenza di venerdì non ci sono stati incidenti, se non un ‘contatto’ con un piccolo numero di dimostranti a Syntagma, respinti con gli scudi di plastica, un breve scontro che ha causato un ferito lieve. In mattinata, militanti del Partito comunista greco (Kke) avevano issato due grandi striscioni sull’Acropoli di Atene, con la scritta, in greco ed in inglese “Abbasso la dittatura dei monopoli dell’Unione Europea”.

Sul fronte politico, sul voto di domani sono intervenuti i leader dei due maggiori partiti greci, il conservatore Nea Dimokratia (Nd) e il socialista Pasok, lanciando un forte appello e un serrate i ranghi ai propri parlamentari perché votino compatti per il pacchetto di misure approvate dal governo. Sul nuovo pacchetto-austerità il governo di Loukas Papademos dovrebbe avere domani i voti necessari. I dettagli non sono stati ancora ufficialmente pubblicati, ma si prevedono tagli del 22% al salario minimo, fuoriuscita di 15.000 addetti del pubblico impiego, liberalizzazioni e tagli ad alcuni tipi di pensione, negoziato per la riduzione del debito con i creditori privati) Questo nonostante l’uscita dalla maggioranza del partito di estrema destra Laos e il possibile voto contrario di alcuni ‘ribelli’ del Pasok. Papademos ha parlato di “catastrofe” se l’accordo sarà bocciato. Una catastrofe che ha anche dei numeri precisi: il 20 marzo la Grecia deve ripagare 14,5 miliardi di euro ai creditori privati che, al momento, non ha.