Obama: Irene non e’ finita

NEW YORK – E’ salito a 18 il numero delle vittime accertate dell’ uragano Irene che si è abbattuto sulla costa orientale degli Stati Uniti. Ai 14 morti già registrati se ne aggiungono altri quattro in Pennsylvania, tra cui due campeggiatori colpiti da alberi caduti.
Sebbene affievolito e retrocesso a tempesta tropicale, l’uragano Irene ha toccato con forza le province atlantiche del Canada e il sudest del Quebec, portando forti piogge e vento, con black out che hanno interessato circa 200.000 abitazioni. Il ministro del Quebec della Sicurezza pubblica, Robert Dutil, ha messo in guardia dalla violenza della perturbazione, con piogge che rischiano di raggiungere i 10-15 milllimentri l’ora e venti fino a 120-130 chilometri orari. Ha poi raccomandato alla popolazione di fare in modo di restare in casa fino al cessato allarme, da un minimo di 24 ad un massimo di 72 ore. Secondo i meteorologi, il momento più pericoloso è atteso per oggi. Possibili anche inondazioni sulle rive dell’ Atlantico e in Nuova Scozia.

AEROPORTI NEW YORK RIAPRONO – L’Autorità dell’aviazione civile americana (Faa) ha comunicato gli orari della preannunciata riapertura dei tre aeroporti di New York dopo il passaggio dell’uragano Irene: il John F. Kennedy (Jfk) e il Newark international riapriranno alle 6 locali del mattino mentre il LaGuardia tornerà operativo un’ora dopo. Un ritorno alla normalità però non è previsto prima di martedì, avvertono le compagnie aeree.

AIUTI SOTT’ACCUSA; OBAMA, ESEMPIO BUON GOVERNO

di Marcello Campo

Barack Obama annuncia che l’emergenza “non è finita”. Anche se è diventata una tempesta tropicale “Irene resta ancora pericolosa”. Quindi loda la Protezione Civile, messa sott’ accusa dalla destra, definendo il suo operato “uno splendido esempio di buon governo”. Infine torna a esortare all’unità nazionale: “Se tutti lavoriamo uniti, l’America può battere la crisi economica come i disastri naturali”.
Parla dal giardino delle Rose della Casa Bianca, sotto un bel sole d’agosto. Dopo che anche New York è stata risparmiata dal disastro, malgrado i danni enormi provocati lungo la East Coast, Obama può tirare un sospiro di sollievo. Ha superato l’esame del primo uragano della sua presidenza, anche se a destra c’é chi attacca l’eccessivo interventismo delle agenzie di Washington.
Ad ogni modo, Irene non è stato per lui quel disastro d’immagine che Katrina fu per George W. Bush nel 2005, quando gli Stati del Sud furono lasciati soli ad affrontare l’uragano. Certo c’é anche da dire che Irene ha avuto tutt’altro impatto, rispetto alla potenza devastatrice di Katrina, tanto che, giunto a New York, è stato declassato a tempesta tropicale. Ma i danni sono stati inferiori al 2005 anche grazie alla macchina organizzativa degli aiuti, che il presidente ha guidato appena atterrato a Washington. Il coordinamento gestito dalla Federal Emergency Management Agency, la Protezione Civile americana, tra agenzie federali, governatori e autorità locali, ha retto bene.

Quattro milioni sono rimasti senza luce, centinaia di migliaia sono stati costretti a lasciare la propria casa e i danni ammontano a miliardi di dollari. Ci sono state 13 vittime, ma bisogna considerare l’enorme vastità della minaccia, lungo tutta la Costa Est, dove abitano 65 milioni di americani. Solo Ron Paul, uno dei candidati repubblicani alla Casa Bianca, s’é lanciato all’attacco della Fema, definendolo “il vero disastro”, perché “un ente inutile e costoso”. Tutti gli altri protagonisti di questo terribile week end, dai governatori repubblicani della North Carolina e del New Jersey, a quelli democratici degli altri stati colpiti dall’uragano, hanno coperto Obama, lodando la sua gestione dei soccorsi. “Abbiamo imparato la lezione di Katrina”, sintetizza il capo della Fema, Craig Fugate. In particolare, Fugate esalta la legge approvata dal Congresso dopo la tragedia di New Orleans, il post-Katrina Emergency Reform Act, che ha riformato radicalmente il comparto della Protezione civile americana.

Se Obama passa la prova a pieni voti, lo stesso non si può dire del sistema delle tv, colpevoli di un’ eccessiva spettacolarizzazione. Per ore hanno considerato le tragedie del North Carolina, della Virginia, del Delaware e persino del New Jersey, come dei semplici test, delle prove generali, di quello che doveva essere lo show vero, il ‘big event’, l’allagamento di Manhattan, l’armageddon della Grande Mela, il set perfetto per una riedizione, reale, dei peggiori film del genere catastrofista. Dopo aver mandato in onda, in modo ossessivo, simulazioni in cui mezza città era sott’acqua, stamattina, alle 7, gli inviati delle grandi reti all news erano tutti schierati a Lower Manhattan per raccontare in diretta la fine del mondo. Ma evidentemente Irene non amava la luce dei riflettori. Ha preferito fare i danni peggiori nelle località costiere meno glamour di Battery Park.

Prima di arrivare a New York ha devastato i sobborghi più popolari della zona, da Long Island a Queen. Quindi, come se fosse soddisfatta, s’é trasformata in tempesta tropicale, s’é defilata verso ovest, andando a fare danni su al Nord, tra il Massachusetts e il Maine. Nelle lussuose avenue di Manhattan ha mandato solo forti raffiche di vento, capaci di buttare giù solo qualche bidone della spazzatura. Così è andata la delusione un po’ cinica dei cronisti. Cooper Anderson, uno degli inviati di punta della Cnn, stanco di aspettare, dopo che aveva smesso di piovere, a un certo punto s’é tolto la giacca a vento. E un po’ infastidito é stato costretto ad ammettere che non ci sarà alcuna apocalissi a Manhattan. Circondato da gente in bicicletta, o a spasso con il cane, ha detto mesto: “In questo momento il livello dell’acqua, qui a Battery Park, nel Lower Manhattan, sta calando visibilmente. Non piove ormai da tempo e francamente la situazione è meno grave del previsto”.