Referendum Bologna, ‘no’ ai fondi per le scuole private dell’infanzia vince con il 59%

FESTA NAZIONALE PARTITO DEMOCRATICO A REGGIO EMILIA(di Federico Del Prete) – Il referendum consultivo sui fondi comunali per le private dell’infanzia di Bologna ha premiato i promotori che chiedevano di destinare quelle risorse, circa un milione di euro ogni anno, alla scuola pubblica. L’opzione A ha vinto con il 59% contro il 41% della B, ovvero quella in difesa dell’attuale convenzione. Il voto, che ha richiamato testimonial e prese di posizione a livello nazionale, arrivando a far temere la rottura nella maggioranza di centrosinistra che guida la città, ha fatto registrare un’affluenza sotto al 30%, fermandosi al 28,71%, ma non c’era nessun quorum.

Ai seggi è andato meno di un bolognese su tre, un dato che è stato interpretato in maniera opposta dai due schieramenti. Nel quartier generale dei referendari si è cantata vittoria già prima dell’inizio dello spoglio. L’affluenza, secondo il comitato promotore ‘Articolo 33′, rappresenta una “buonissima partecipazione”, dal momento che “gli elettori che si sono recati alle urne superano di gran lunga il numero di persone direttamente coinvolte nella decisione”. Inoltre, il comitato ha ricordato “le scomode e irrazionali dislocazioni dei seggi e le carenze organizzative del Comune”, oltre “al grande astensionismo registrato alle elezioni amministrative in tutta Italia e anche nella provincia di Bologna, che fa risaltare ancor più la partecipazione bolognese al referendum”.

Totalmente opposta, invece, la visione di chi si è speso in difesa della convenzione. “E’ stata un’affluenza molto scarsa, é il referendum comunale meno partecipato della storia di Bologna”, ha sottolineato Alessandro Alberani, segretario della Cisl e in prima fila nel comitato a favore delle private: “I fatti hanno dimostrato quello che dicevamo, questo voto ha avuto poco interesse, nonostante il clamore sui mass media e sulla stampa”. Secondo Alberani, di fronte a questo 28% di votanti, il risultato avrebbe avuto rilevanza solo nel caso di una netta affermazione di uno dei due fronti.

La palla adesso torna in mano al sindaco Virginio Merola, che nei giorni scorsi, all’apice della campagna elettorale che lo ha visto scontrarsi duramente con Nichi Vendola (Pd e Sel, alleati in maggioranza, erano divisi dalla consultazione), aveva detto che qualsiasi fosse stato il risultato, non avrebbe fatto cambiare direzione all’amministrazione: “Ora andiamo avanti di nuovo insieme”, ha detto mentre i referendari gli hanno chiesto di tenere conto dell’esito. Ha votato anche Romano Prodi, che si era speso pubblicamente a favore delle risorse alle private ed è tornato in tempo dall’Etiopia: “Le persone che erano interessate sono venute a votare”, si è limitato ad analizzare. Il voto e la campagna elettorale, a tratti infuocata, si sono trasformati giorno dopo giorno in un test sulla tenuta del Pd e della coalizione di centrosinistra.

Tutta l’ala sinistra della maggioranza, Sel in testa, si è schierata a favore della consultazione e con loro tante associazioni della società civile, il M5S, la Fiom, i sindacati di base, i collettivi studenteschi e persino Casapound. In un’asse che a qualcuno ha fatto sospettare di tentazioni da larghe intese (subito smentite), al fianco del Comune c’era invece il centrodestra, insieme all’Udc, alla Curia, alla Cisl e al mondo economico, dalle cooperative di ogni colore a Cna, commercianti e Unindustria.